GLI SPETTRI DEL COMUNISMO di G.P.

 

La sinistra che fu di scarna lotta e di troppo governo sta tentando, faticosamente, di rimettere insieme i cocci di una stagione disastrosa. La buriana che soffia sui gruppi dirigenti, additati da tempo come i principali responsabili della debacle elettorale, si placherà solo quando le teste eccellenti cominceranno a rotolare nei congressi annunciati per i mesi estivi.

I caporioni di Rc, per esempio, quelli che hanno determinato lo sfascio e la dissoluzione del partito, non vogliono farsi da parte e pretendono di  gestire tanto la crisi in corso che la ricostruzione della linea politica, attraverso minime correzioni di tiro su ciò che continuano a considerare adeguato allo scopo.

Contro questi infingardi si levano le schiere vendicatrici dell’ex Ministro Ferrero, il quale, colto da improvvisa smemoratezza (nel governo Prodi egli ci è restato fino all’ultimo momento, mettendo sempre la responsabilità istituzionale davanti all’idealità politica e alla decenza morale) si fa paladino indefesso delle istanze rinnovatrici della “bbbbase”.

Uno dei due pianeti si è però rafforzato dopo il 13 aprile e sta attirando nel suo campo gravitazionale il variegato pulviscolo di trozkisti che al primo venticello scissionista ricordano a tutti di non aver mai avuto avversari nella specialità. Del resto come non opporsi alla sempiterna “cedevolezza degli organi burocratici di partito infiltrati dagli elementi borghesi che minano la coscienza rivoluzionaria della classe”? Il rito apotropaico è già in corso, i traditori della classe e i provocatori borghesi stiano in campana! Ma andiamo oltre le battute e vediamo cosa stanno proponendo i vari settori del partito e qual’ è la natura dei cambiamenti che vorrebbero realizzare.

Il gruppo Bertinotti-Giordano, assistito dalla faccia mediatica di Nicky Vendola, l’uomo che più di Faust meriterebbe l’appellativo di parolaio rosso, si è lanciato in un’analisi  sociologica delle stratificazioni sociali dimostrando buona volontà e disposizione al dialogo al fine di evitare scivolamenti (parole loro) verso risentimenti personali o di partito. E vorrei pure vedere! Come diventa facile pontificare quando gli schiaffi in faccia ed i calci nel culo li hanno presi sempre gli altri. Secondo la trinità dirigente (Bertinotti-Vendola-Giordano, in ordine non sparso) la Waterloo della sinistra è stata causata da una serie di fattori che combinandosi tra loro hanno stravolto il panorama politico italiano. Questi fattori sono: delusione per le politiche economiche del governo Prodi, americanizzazione della politica, presa del “cielodurismo” razzista della Lega che è riuscita ad obiettivare il malcontento di alcuni settori del proletariato (su temi come la crisi economica, la sicurezza, l’immigrazione).

Bene, come si può capire manca ancora la vera assunzione di responsabilità perché Rifondazione non ha fatto assolutamente nulla per contrastare queste tendenze ed ha, anzi, agito a supporto di un governo che aveva come interlocutori privilegiati imprese, banche ed alto management.

Cosa propongono ora per invertire la rotta? Al proposito, le parole di Vendola sono sintomatiche di una totale assenza di spirito critico (oltre che di decoro) soprattutto se si deve, a tutti i costi, farsi benedire da Marx per i propri sproloqui: Per chi ha ancora dentro la propria testa una lezione di marxismo non dogmatico è l’analisi spietata del mondo di oggi, la costruzione di un cantiere che non è il museo della gloria del passato ma che è il luogo plurale e aperto in cui una nuova soggettività possa interloquire con le domande e i problemi del ventunesimo secolo. Bisogna ricostruire il proprio campo, i propri strumenti dell’agire politico, cioè il cantiere dell’Arcobaleno, quello che non è mai partito, che è stato solo annunciato su una scheda elettorale”.

Le testimonianze paupertatis sono tutte sotto il sole: morto l’Arcobaleno viva l’Arcobaleno, ma con più attenzione alle sfumature “iridate” che sono poi quelle tendenze culturalistiche che hanno sostituito nel cuore di Bertinotti l’ideologia comunista. Sostanzialmente non cambia nulla rispetto all’impostazione originaria anche se il tono diviene più “inclusivo”. Bella furbata demagogica "compagno" Vendola!

Questa prospettiva è stata ovviamente contestata dagli ortodossi della linea dura, tra i quali vi sono: 1)quelli che si limitano ad impugnare  l’editto del “trapasso” (dal comunismo alla “sinistra guazzabuglio”) accusando l’ex Presidente della Camera, non dell’atto in sè, ma di avere gestito la nascita del nuovo soggetto politico secondo un suo personale tornaconto; 2) quelli davvero incazzati che hanno una bella voglia di lasciare il proprio tacco sul sedere di Bertinotti perché costui si è permesso di renderli orfani dell’identità comunista, staccandoli dallo scoglio come si fa con le patelle.

Nonostante le differenze politiche esistenti tra queste due correnti è stato trovato un punto di convergenza nel comune odio contro chi, in questi anni, ha diretto il partito come una cosa di sua proprietà. Così tra minacce e tentativi di colpi di mano il Congresso di Luglio si annuncia infuocato ma per nulla aperto alla opportunità di dotarsi di un diverso impianto teorico dal quale far derivare un programma più serio rispetto alle tante sparate post-elettorali.

Vediamo cosa propongono i lanciatori dell’ “opa” sul partito. Ferrero e i massimalisti trotzkisti si sono ritrovati sulla necessità di azzerare i gruppi dirigenti, cionondimeno  mentre il primo vorrebbe mettere all’ordine del giorno un più mesto patto federativo della sinistra che salvaguardi le diverse identità, i secondi, dal canto loro, avendo individuato nel governismo scriteriato la causa della sconfitta, chiedono un ritorno allo spirito oppositivo degli "albori rifondativi", con una valutazione, volta per volta, delle eventuali alleanze da stringere con gli altri settori della sinistra (ambientalisti, movimentisti, femministe, gay ecc. ecc.). Questa ricetta programmatica viene “speziata” da vecchie parole d’ordine come quelle sulla ricostituzione della forza di classe contro l’incipiente eversione delle classi dominanti e lo spostamento a destra del paese. Come dire, un po’ di dietrologia golpista non si nega a nessuno, soprattutto se serve alla causa.

Il nocciolo della questione è che Ferrero sta lavorando alla stessa idea di Bertinotti (il discioglimento della pratica politica antisistemica nel multiculturalismo del politically correct post-moderno) ma con una decisiva variante nominalistica: dopo il bertinottismo vorrebbe offrire a tutti una sana dose di ferrerismo.

I trotzkysti confermano, invece, la vocazione settaria e illusoria che non li ha mai fatti smuovere di un solo millimetro dal piano storico-ideologico del secolo scorso, tanto da essersi trasformarti in un esercito di statue di gesso a presidio di un tempio abbandonato dagli stessi operai.

Distorcendo una frase di Marx potremmo concludere dicendo che tutte queste correnti impegnate a rifondare o riscoprire il vero comunismo, rifiutano di capire una verità inequivocabile: l’emancipazione del comunismo corrisponde ormai all’emancipazione delle forze antisistemiche dal comunismo stesso e finché questo non avverrà difficilmente si potrà ricostruire qualcosa di dignitoso.