I COMUNISTI SONO SEMPRE STATI PER IL FARE di GLG

C’è da restare allibiti nel leggere molti dei commenti al blog. A parte che chi non è d’accordo con il nostro “sviluppismo”, basta solo che la smetta di leggerci, cosa che mi renderebbe assai contento, perché non mi interessa avere 6-700 lettori; ne bastano assai meno, ma che non siano quelli che noi aborriamo di più e combattiamo – e combatteremo sempre – come la più grave pestilenza che abbia colpito la società italiana. Non si tratta certamente di operai, e nemmeno di artigiani e lavoratori autonomi; quelli che ci contestano sono piccolo-borghesi (o frequentatori dei “bei salotti”) desiderosi di essere mantenuti da chi produce; o ragazzotti che di comunista non hanno proprio un bel nulla, solo tanta ignoranza e presunzione.

Perché infatti bisogna essere ben ignoranti per non sapere che i comunisti – quelli veri e che hanno condotto, ma tanti e tanti anni fa, vere lotte anticapitalistiche, o almeno hanno creduto di farlo e ci hanno rimesso molto nella lotta – erano orgogliosi del loro lavoro, del loro impegno, delle loro indubbie capacità e ingegnosità pratiche. E sono stati sempre convinti che andare al potere in un dato paese significasse imprimergli ancora maggiore sviluppo, conquistando sempre più decenti livelli di vita; che non si ottengono per opera dello Spirito Santo, ma lavorando e producendo. Perché non si vede e si medita La sesta parte del mondo (1926), documentario del grande Dziga Vertov, un inno a quella che intendeva essere la costruzione del socialismo in un paese ancora arretrato come l’Urss? Si capirà cosa erano i comunisti e ciò che volevano; ed erano orgogliosi della fatica necessaria a conquistarlo.

Sostenere che noi, eredi di quella volontà di fare, imbelliamo il capitalismo parlando di sviluppo, è precisamente intonare il migliore degli inni a tale società; significa dare ragione ai dominanti sul fatto che, malgrado le crisi, le guerre, ecc., il capitalismo è comunque la meno peggiore fra tutte le società che ci possano essere. Tante sofferenze, tante ingiustizie, ecc. ma in definitiva – visto che solo dei manichei possono sostenere che la società capitalistica sia quella in cui l’umanità dà prova delle peggiori nefandezze di cui è capace (e che appartengono all’intera sua storia) – il conseguimento di una situazione di generale benessere crescente come trend secolare, di allungamento della vita e di miglioramenti nella lotta contro le malattie, ecc.; situazione quale non si era mai conosciuta in tutti i millenni precedenti. I comunisti, quelli veri e che hanno dato molto nelle loro lotte, erano convinti di saper conservare questi avanzamenti, combattendo però le peggiori ingiustizie, soperchierie, prepotenze, aggressioni, ecc.; e per di più avanzando ancora più impetuosamente e, possibilmente, senza interruzioni gravi e sconvolgenti come quelle capitalistiche.

Chi oggi vuole arretrare, credendo che così si diventi più buoni, più “francescani”, ecc. non ha nulla a che vedere con il comunismo né tanto meno con tutti i veri marxisti: a partire dal fondatore, che vedeva nella nuova società comunista un tale sviluppo da dare “a ciascuno secondo i suoi bisogni” senza più i micragnosi calcoli capitalistici legati alla scarsità (relativamente ai bisogni stessi). Questo è l’abc che ogni operaio comunista, di quelli che ho conosciuto negli anni ’50 e ’60, sapeva a memoria. Oggi non lo si sa perché i sedicenti comunisti sono radicaloidi annoiati, sazi di tutto, che hanno lo spleen dell’abbondanza e anelano al saio e al cilicio. In ciò però seguiti da certi “destri” che hanno lo stesso spirito antimodernista, fatto passare per amore delle tradizioni “antique” (e dunque nobili di per se stesse).

Naturalmente, tutta questa gente è ipocrita, perché vive (e si cura e comunica, ecc.) usando le conquiste della modernità, del progresso e dello sviluppo. Ebbene, tutta questa gente a noi fa addirittura schifo; che qualcuno se lo ficchi infine nella zucca. Questi falsoni, li consideriamo i peggiori nemici, soprattutto perché sono appunto melensi e ipocriti. Vogliono convincere qualcuno? Abbandonino il progresso, le nuove tecnologie, non sfruttino la chirurgia moderna, i medicamenti delle “bieche” multinazionali, la Tac e la risonanza magnetica, la chemioterapia, ecc. Quando hanno il cancro, lo lascino progredire e vadano al massimo da qualche “stregone”, da qualche “guaritore”. Soprattutto non ci rompano più i coglioni, perché noi li disprezziamo e siamo di tutt’altra pasta.

Siamo come i vecchi comunisti; solo che prendiamo atto del fallimento di un secolo e mezzo di tentativi di creare la “nuova società” sostitutiva del capitalismo. E allora, siamo convinti della necessità di ripensare molte cose, dopo aver commesso tante ingenuità. Siamo convinti che non si possa adesso andare all’attacco frontale, ma si debbano effettuare degli “aggiramenti”, percorrere delle vie tortuose. Però manteniamo la bussola ferma su un punto: o si pensa ad una società che migliori ulteriormente le condizioni di vita – anche quelle che i radical chic considerano “materiali” (ma che i lavoratori non disdegnano affatto, e con piena ragione; e noi siamo con loro!) – oppure è meglio “darsi all’ippica”; e non fare i danni, materiali e mentali, che stanno procurando gli anticonsumisti, i decrescisti, tutta questa genia cui non concediamo nemmeno la buona fede, a meno di non pensare allora che siano deboli di mente. E adesso basta con questa gente; la aborriamo!! E’ chiaro una volta per tutte? Non vogliamo più nessuna interlocuzione con loro.

E non siamo affatto filocapitalisti per questo! Se pensassimo che l’unica società a dare sviluppo – come trend, lo ripeto per i sordi – è il capitalismo, saremmo convintamene filocapitalisti e non ci perderemmo nei tentativi di rielaborare la teoria marxista per recuperarne le istanze critiche a centocinquant’anni dalla sua formulazione, che fu scientifica e non etica, non tesa a recuperare la vita dei “Santi”, la loro “povertà e umiltà”. E non staremmo a propugnare il policentrismo o multipolarismo, recuperando la ben nota – ai comunisti, quelli veri – tesi di Lenin e Mao: “la rivoluzione è più forte (solo) quando la reazione diventa più debole”. E adesso….andate al diavolo finti critici anticapitalistici, sia di sinistra che di destra! Perché ormai è ora di rompere senza mezzi termini con gente come voi! Siete falsi e bugiardi, siete quelli di cui Mao disse: “innalzano la bandiera rossa per meglio affossarla”. Diciamo che adesso ci sono anche quelli che innalzano la “bandiera nera”, ma con gli stessi fini perversi e con la stessa ipocrisia e perfidia!

Però non so se chi innalza la “bandiera nera” lo faccia con lo stesso fine di affossarla come fanno quelli della “bandiera rossa”. Si pongano altri questa domanda, perché io appartengo alla storia del comunismo; siano loro a pensare se, per caso, i loro antecedenti degli anni trenta, ad esempio, erano decrescisti, antimodernisti, per la vita frugale e il “semplice necessario” (che ha valenza solo storico-culturale e varia d’epoca in epoca) da ottenersi coltivando il “campo vicino casa”. Quello che so è che i comunisti non volevano nulla del genere; gli operai e contadini che si sono mossi nel mondo hanno cercato ben altre cose e non solo di elevare l’animo al Cielo, di liberarsi dalla “alienazione”, di amarsi l’un l’altro in povertà e sacrificio.

Quello che dispiace è che una marea di sciocchi e fasulli intellettuali libreschi hanno fatto passare per comunismo solo queste meschine aspirazioni al peggio. Così si è prestato il fianco alle critiche degli anticomunisti odierni, che vanno a nozze con simili rigurgiti di medioevo. Si è potuto identificare un indubbio fallimento – ma comunque guidato da un grandioso progetto, in cui si sono commessi errori capitali, come accade normalmente nella storia – per un lucido (e folle) disegno di impoverimento e di degrado di quote consistenti di popolazione mondiale. Non è così; non si confondano, per favore, i Bertinotti, i Diliberto, i Ferrero, ecc. – e i loro simili di altri paesi – per comunisti. Non appartengono a quella storia – già finita da tempo, ma che va riflettuta e ripensata – ma a quella della meschina voluttuosità di piccole nicchie elettorali per avere qualche carichetta di apparente prestigio. Tuttavia, per impedire che gli anticomunisti possano ancora incidere sull’opinione pubblica – ormai immemore anche del più recente passato – bisogna smascherare questi falsi comunisti, gridare alto e forte che sono o puri opportunisti e arrivisti o passatisti in cerca di redenzione nella “miseria crescente”. Mandiamoli nei conventi, che sono il loro luogo naturale. Basta che si tolgano dalle “scatole”.