I GIOCHI NON FINISCONO MAI di Giellegi

Si tratta di un tema che ho già trattato forse un anno fa; comunque sempre verde. Ieri (sto scrivendo il 17 marzo) Bernanke si è presentato alla TV Cbs recitando la “berlusconiana” parte dell’ottimista: ormai si intravvede la luce, con l’inizio del 2010 si avvierà la ripresa economica, la crisi si può già considerare sconfitta, se ne vivranno gli ultimi scampoli. Subito le Borse si sono messe in rialzo, anche se per la verità proprio quella statunitense, dopo un avvio positivo, ha chiuso ieri in leggero passivo. Mentre scrivo, però, Wall Street chiude in rialzo, ma è fatto del tutto irrilevante, non fa altro che dimostrare quanto devo dire.

Ovviamente i giornalisti, soprattutto gli “esperti” di “cose economico-finanziarie”, si sono dati a elucubrare sul fatto che effettivamente, quando s’inietta fiducia, ci sono ottime speranze di risalita. Poiché, fra pochissimo tempo, troveremo sui giornali altri titoli del tipo “bruciati tot milioni di euro o di dollari di capitalizzazione”, ci si dovrebbe spiegare come mai l’ottimismo è di così breve durata. Ma i giornalisti e gli esperti non spiegheranno nulla, attenderanno qualche altra mirabolante dichiarazione delle “autorità” per coadiuvare gli imbroglioni e “criminali di Borsa” nei loro giochi con cui tosano le pecore, cioè gli sprovveduti, o talvolta solo impotenti, possessori di titoli vari.

Il gioco è di una ripetitività perfino noiosa. Partiamo da un momento iniziale qualsiasi, in cui il livello delle Borse è X. Si inizia con una intervista tipo l’ultima di Bernanke: ma potrebbe anche trattarsi di giudizi di qualche società di rating o di dichiarazioni di una qualsiasi stolida autorità europea o mondiale o di altra istituzione che passa per credibile, godendo di questa immeritata stima perché gliel’hanno creata le lobbies dominanti, i media asserviti e spudorati mentitori, ecc. Oppure, sono i Governi che annunciano mirabolanti misure di ripresa, finanziamenti “giganteschi” a sostegno dell’economia. A questo punto, i grandi possessori di capitali si mettono a comprare titoli, che iniziano a crescere di prezzo. I giornalisti ed esperti – solo dei venduti che si fanno pagare profumatamente da una o più di queste lobbies – cominciano a tambureggiare che effettivamente la congiuntura sta forse invertendo il suo corso, che le misure governative o delle altre “autorità” sembrano aver imboccato la strada giusta, e via dicendo. A dir la verità, si trova sempre qualcuno in controcorrente, che semina dubbi, che lancia allarmi. Solitamente è quello pagato dalle lobbies che nella contingenza data non hanno sufficiente liquidità, che sono prese in contropiede, che cercano quindi di ritardare la risalita dei titoli in borsa, della quale non sono ancora in condizioni di approfittare.

Le “pecore da tosare” – i cosiddetti piccoli risparmiatori – ritengono, dopo aver perduto la metà o magari più del loro “capitale” nei crolli precedenti, che sia arrivato il momento di recuperare almeno un po’ di soldini. Essi si precipitano quindi a comprare; i prezzi vanno su, ma che bello, dai che questa è la volta buona, non reintascheremo tutto ma almeno una buona parte! Arrivati ad un certo livello dei prezzi dei titoli, i grandi capitali, iniziatori del movimento ascensionale, decidono di non spingere oltre il gioco – del resto tutti si guardano in cagnesco e stanno attenti al primo segnale che qualcuno cominci a “rompere le righe” e a voler fottere gli altri – e si mettono a vendere rapidamente i titoli, ormai comunque con un margine di guadagno, ora più largo ora più stretto, ma pur sempre lauto.

I prezzi crollano di nuovo – “i milioni di capitalizzazione bruciati” – i giornalisti (i servi e complici) si mettono a scrivere “dotte analisi”, secondo cui, dopo “ponderata valutazione” di “tutti i dati”, si deve concludere che non si è ancora giunti alla svolta della crisi, che le misure prese non sono ancora sufficienti e ben mirate; e altre quisquilie del genere (tanto chi è che li accusa di essere quei banditi che sono?). I prezzi raggiungono minimi ulteriormente “più minimi” e si è così pronti per una “nuova infornata”. Ed ecco allora che tutti – ivi comprese le “autorità”, finte risolutrici della crisi mentre in realtà sono anch’esse complici della “tosatura delle pecore” – ricominciano a cianciare di luce ormai intravista alla fine del tunnel, delle appropriate decisioni appena prese, dell’ottimismo come spinta alla ripresa, ecc.: e la giostra riprende a girare, fregando sempre i “soliti noti”.

Certamente, è incredibile. Ormai da un secolo e mezzo (o più) scoppiano le crisi del capitalismo; grosso modo, iniziano da tempo immemorabile con fenomeni che investono la sfera finanziaria. I metodi per “tosare le pecore” sono più o meno gli stessi, anche se adesso c’è l’elettronica, le decisioni “in tempo reale”. Tutto è cambiato secondo questi imbroglioni di esperti ben pagati dai grandi capitali, che fan man bassa e devastano le economie; ed invece tutto resta più o meno lo stesso, i metodi di ladrocinio sono quelli di sempre. Ogni volta, inoltre, qualcuno conclude che l’importante è capire finalmente come anche negli affari si debbano seguire delle “regole etiche”. Ogni volta, si scrive che la finanza ha proprio esagerato. Ogni volta, ci si deve sorbire la lezioncina sul fatto che non si è seguita la “buona regola” di separare – proprio in istituti specializzati diversi – le operazioni di credito ordinario da quelle di credito per investimenti a medio-lungo raggio. Ogni volta, tutto si ripete e tutti ci cadono.

La spiegazione? Difficile fornirla in modo esauriente, lo ammetto. Comunque, s’inizi ad affrontare il problema non seguendo più questi “imbrogliacarte”, che parlano di crisi e di risanamento dal solo punto di vista economico e finanziario, che incolpano la politica esclusivamente per qualche disattenzione e qualche incompetenza. Bisogna tornare alla grande visione politica, bisogna riprendere quella che un tempo era detta “analisi di classe”, ma con un atteggiamento meno infantile e semplicistico degli opportunisti, anch’essi corrotti dai privilegi concessi dal grande capitale ai complici dalle sue “benemerite istituzioni”. I manutengoli dei potenti diffondono, da truffatori quali sono, l’immagine di conflitti semplicistici (tipo capitale/lavoro), quelli già “sballati” nell’ottocento, ma che allora erano ideologicamente sostenibili e conducevano a qualche risultato (parlo dei capitalismi avanzati, non delle “masse d’oriente”, pressoché totalmente contadine, per le quali sussistevano problemi del tutto differenti); gli opportunisti, sempre più squallidi e scadenti, vogliono soltanto inzuppare ben bene il pane del loro svendersi nei “sapidi sughetti” ammanniti dalle grandi concentrazioni di potere e di ricchezza.

Interessante, per concludere, è rilevare i tempi con cui si susseguono i “rialzi” e successivi “ribassi” di Borsa, cioè le operazioni necessarie alla “tosatura”. L’attuale rapidità – definita “oggettivisticamente” volatilità dei mercati – è indice, pur non immediato e diretto per carità, del disordine crescente, del multipolarismo avanzante, cioè dell’inesistenza, ormai manifesta, di un centro regolatore globale dotato di qualche efficacia (quello che, in termini “marxisti”, non marxiani, era detto “ultraimperialistico” quale sbocco della presunta fine della concorrenza e passaggio alla centralizzazione monopolistica, una centralizzazione solo economica e non come in Marx relativa ai rapporti sociali; ha fatto più danni questa tesi grettamente economicistica della “peste nera”).

Si lasci perdere anche l’inutile cianciare sulla cooperazione internazionale, sul “siamo nella stessa barca” e ci salveremo tutti insieme. Fa sempre parte delle manovre che vorrebbero infondere fiducia; non nutritela, questi chiacchieroni cercano soltanto di sopravvivere al loro fallimento ingannando ulteriormente i popoli. E’ invece dalla comprensione dell’attuale fase che si deve ripartire, non certamente per recuperare i “capitali” investiti in Borsa, ma per un minimo di razionalità nell’interpretare gli eventi dei prossimi mesi e anni, per nulla facili da capire al momento; non si creda a mirabolanti riprese, ma nemmeno ci si lanci a testa bassa in previsioni catastrofiche. Si capiscano, intanto, certe tendenze generali; i “picchi” e gli “sprofondamenti” vengano per adesso lasciati ai “grandi esperti”, che ne indovinano una su cento.  

PS Ecco un piccolo esempio di come vanno le cose in men che non si dica, con i soliti punti di vista degli "esperti". Traggo da "Sole24ore; Finanza e mercati" questa sera del 19 marzo

Aggiornamento ore 21.10

Chiusura in territorio negativo per Wall Street. Il Dow Jones cede l’1,15% a 7.400,8 punti, il Nasdaq arretra dello 0,52% a 1.483,48 punti, mentre lo S&P 500 lascia sul terreno l’1,30% a 784,04 punti. Insomma, sembra essere durato poco l’effetto notizia sulla decisione di ieri della Federal Reserve: quest’ultima ha deciso di acquistare bond del tesoro Usa e altri titoli garantiti da mutui per oltre 1000 miliardi di dollari. «Dobbiamo solo aspettare e vedere se tutte queste misure avranno gli effetti desiderati,» ha detto a Bloomberg Wasif Latif, del fondo Usa Investment Management. «La reazione iniziale dei mercati al piano Fed è stata positiva ma poi ci può essere un ripensamento analizzando più approfonditamente il piano». Soprattutto perché permangono incertezze e timori sui meccanismi di salvataggio delle banche, tanto che proprio i titoli degli istituti finanziari hanno appesantito il Dow Jones. Il titolo di Bank of America ha ceduto il 9,52%, Citigroup il 15,58%, JPMorgan l’8,89 per cento……