I problemi inerenti ai negoziati sul libero scambio UE-USA

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[Traduzione di Alfredo Musto da: Read more: Problems Surround the EU-U.S. Free Trade Negotiations | Stratfor ]

Sommario

I problemi che circondano gli imminenti negoziati sul libero scambio UE-USA richiamano un durevole dilemma dell’Europa: gli interessi nazionali dei vari membri del blocco renderanno difficile la formazione di una posizione unitaria. La crisi economica dell’Europa e il declino della sua popolazione hanno costretto i leader europei a cercare di promuovere la crescita economica interna mediante l’esportazione in mercati extra-europei. Dati i legami storici e culturali dell’Unione Europea con gli Stati Uniti, puntare al mercato degli Stati Uniti con un accordo di libero scambio è una mossa logica.

Da parte loro, gli Stati Uniti sperano di beneficiare di un simile accordo, che probabilmente ridurrebbe il deficit commerciale di Washington con l’Europa e incrementerebbe le esportazioni americane. E il fatto che tutti i membri dell’UE siano  favorevoli ad avviare i negoziati con gli Stati Uniti dimostra che anche loro comprendono i vantaggi potenziali di un accordo di libero scambio. Tuttavia, il blocco è diviso sui termini dell’accordo, perché non tutti i membri ne trarrebbero ugualmente profitto.

Analisi

Il 14 giugno, i membri dell’Unione Europea hanno dato ufficialmente alla Commissione Europea il mandato di negoziare per conto loro un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. I negoziati ufficiali iniziano a luglio ed entrambe le parti vogliono concludere i negoziati entro la fine del 2014.

Gli Stati Uniti e l’UE hanno già una relazione economica piuttosto robusta. Sono le due più grandi economie del mondo; costituiscono il 40% della produzione economica mondiale; hanno le più grandi relazioni economiche bilaterali del mondo, il che rappresenta circa il 33% del commercio mondiale, e gli Stati Uniti sono la più grande fonte e destinazione degli investimenti diretti esteri dell’Unione Europea.

Alla luce della crisi europea in atto e del re-engagement di Washington con l’Asia, Bruxelles e Washington vedono un accordo di libero scambio come un modo per rafforzare l’alleanza transatlantica, mentre l’Unione Europea rafforza le sue economie attraverso l’aumento degli scambi. L’UE stima che un accordo che tagli le tariffe e le barriere non tariffarie aumenterebbe le esportazioni destinate negli USA del 30%, aggiungendo altri 120 miliardi di euro (160 miliardi di dollari) al prodotto interno lordo annuale del blocco.

Gli Stati Uniti contano di guadagnare circa 100 miliardi di euro all’anno. Dal momento che le tariffe tra i due sono già basse, l’Unione Europea stima che l’80% dei benefici da un accordo di libero scambio sarebbe il risultato dell’abbattimento delle barriere commerciali non tariffarie unificando la regolamentazione e liberalizzando i servizi, il commercio e gli appalti pubblici. Attraverso la regolamentazione unificata transatlantica, le due parti sperano anche di fissare standard normativi globali.

Tuttavia, è spesso più difficile eliminare le barriere non tariffarie che quelle tariffarie. Nei prossimi negoziati ogni paese presenterà questioni specifiche relative alla normativa nazionale. Questo è già diventato chiaro, con la Francia che chiede che i prodotti audiovisivi, come il cinema e la TV, siano esclusi dai negoziati. I prodotti agricoli saranno un altro ambito controverso.

Dilemma in Europa

Tuttavia, ci sono notevoli ostacoli all’ambizioso progetto di avere un accordo completo entro la fine del 2014. In effetti, gli europei affrontano un dilemma. Poiché la domanda interna ristagna, l’Europa ha interesse a ottenere un più facile accesso ai mercati esterni, attraverso accordi di libero scambio. Ma quegli stessi accordi porterebbero una maggiore concorrenza per alcuni settori economici europei e per paesi che già lottano per competere nel mercato comune europeo.

A complicare ancora un potenziale accordo sono i divergenti interessi nazionali dei membri UE. Le strutture istituzionali comunitarie impongono che gli accordi commerciali possono essere implementati soltanto attraverso un consenso di fatto tra tutti i suoi membri. Dall’applicazione del Trattato di Lisbona alla fine del 2009, gli accordi commerciali tecnicamente necessitano di essere approvati solo a maggioranza qualificata dei membri dell’UE (per non parlare della ratifica da parte del Parlamento europeo). Tuttavia, in pratica, un consenso tra i Paesi sarebbe probabilmente necessario, come esemplificato dalla minaccia dell’Italia nel 2010 di bloccare l’accordo di libero scambio con la Corea del Sud. I singoli paesi che vogliono bloccare l’accordo troverebbero così il modo di farlo; ad esempio, potrebbero  sostenere che l’accordo riguarda la diversità culturale o che alcune aree sono di competenza dei singoli membri.

Questo significa che ogni membro può porre il veto ai negoziati. Alcuni paesi, come l’Irlanda, il Regno Unito, i Paesi Bassi e la Germania, hanno economie guidate dall’export e già commerciano ampiamente con gli Stati Uniti. Questi paesi sono pertanto tradizionalmente più aperti agli accordi di libero scambio e alla concorrenza globale, e sono particolarmente interessati a più forti legami con gli Stati Uniti. Altri paesi – la Francia, per esempio – si affidano maggiormente al consumo interno che alle esportazioni per guidare la crescita e quindi sono meno entusiasti dell’accordo di libero scambio.

Precedenti negoziati tra l’Unione Europea e altri paesi mostrano proprio quanto gli interessi divergenti possano prolungare i negoziati. Nel novembre del 2012, i paesi dell’UE hanno permesso alla Commissione Europea di avviare negoziati per un accordo di libero scambio con il Giappone. Francia e Italia a quanto pare hanno deciso di avviare i negoziati solo dopo che la Commissione UE ha garantito che avrebbe negoziato una speciale protezione per l’industria automobilistica europea. La Francia ha recentemente chiesto a Bruxelles di riesaminare l’accordo del 2011 con la Corea del Sud a causa di un aumento delle esportazioni di auto della stessa in Europa.

Certo, alcuni elementi negli Stati Uniti potrebbero anche opporsi all’accordo. Washington ha dichiarato che cercherà di proteggere le proprie industrie finanziarie e assicurative, e le società statunitensi possono essere riluttanti ad allentare le norme sugli appalti pubblici per dare agli europei un accesso più ampio alle compagnie statunitensi.

Armonizzare il commercio

Nello specifico, gli europei hanno perseguito un accordo di libero scambio transatlantico in passato. Nel 2009, l’UE e il Canada hanno avviato dei negoziati, sperando che sarebbero stati conclusi entro il 2011. Quei negoziati continuano. Il ritardo pare derivi da opinioni divergenti sui prodotti agricoli e sui servizi finanziari. I negoziati con il Canada saranno importanti da osservare: cosa accade ci potrebbe dare elementi in prospettiva del prossimi negoziati UE-USA, dal momento che gli Stati Uniti e il Canada hanno armonizzato il loro commercio bilaterale.

L’Unione europea è stata creata vent’anni fa per essere il blocco economico principale del mondo. Ma l’attuale crisi ha frammentato il blocco politicamente, minacciando la sua stessa sopravvivenza. I negoziati per un accordo commerciale con gli Stati Uniti possono offrire all’Unione Europea prospettive di crescita economica, ma probabilmente metterà ulteriormente a dura prova l’unità politica prima che un accordo possa essere raggiunto.

[Le ripubblicazioni tratte e tradotte dal sito www.stratfor.com come del resto da altri siti, hanno l’intenzione di fornire ai nostri lettori materiali che noi giudichiamo interessanti e che pensiamo lo possano essere anche per i nostri lettori.C&S non supporta necessariamente le idee espresse in tali articoli]