IL FETICCIO DEL MERCATO di G.P.

 

Riprendo dai giornali una interessante notizia riguardante il gasdotto TAG che trasporta gas proveniente dalla Russia, attraverso l’Austria fino all’Italia e alla Slovenia.

Quest’ultimo, come si può leggere sul sito dell’ENI, ha una estensione di 1.018 chilometri e una capacità di 81 milioni di metri cubi/giorno.

Proprio tale gasdotto è, dal 2006, al centro delle attenzioni della Commissione Antitrust di Bruxelles. In quell’anno, infatti, l’UE ha aperto una indagine sui maggiori gruppi energetici che ha coinvolto anche la nostra ENI, proprietaria all’89% del citato gasdotto.

Se la Commissione Antitrust, presieduta dall’olandese Neelie Kroes (già nell’occhio del ciclone per il suo passato di manager di molte multinazionali che mal si concilia con l’attuale ruolo di garante per la concorrenza) dovesse ritenere il “Cane a sei zampe” colpevole di comportamento anticoncorrenziale, alla compagnia italiana sarebbe imposta la vendita del Tag, con gravi danni di approvvigionamento energetico per l’intero paese. Dalle pipelines del Tag passa, infatti, circa il 30% del gas importato in Italia. [Gli altri gasdotti con i quali l’Eni approvvigiona l’Italia sono: “Il Transitgas importa gas olandese e gas norvegese. Ha uno sviluppo complessivo di 291 chilometri e una capacità di transito di 61 milioni di metri cubi/giorno. Il Greenstream è il gasdotto sottomarino dedicato al trasporto del gas libico al terminale di ricevimento di Gela (Western Libyan Gas Project). Ha una capacità di 24,4 milioni di metri cubi/giorno ed è il più lungo gasdotto sottomarino (520 km) costruito nel Mar Mediterraneo. Il Transmed trasporta in Italia il gas naturale proveniente dal campo Hassi R’ Mel in Algeria; con una estensione di 2.500 chilometri attraversa la Tunisia, il Mediterraneo, la Sicilia e lo stretto di Messina per risalire l’intera penisola sino alla Val Padana”. Fonte ENI].

Ancora una volta i vertici corrotti e servili dell’UE mettono sotto pressione un paese membro per “s-ragioni” di mercato del tutto pretestuose e bizzarre (in un settore strategico da sempre determinante per la maggiore indipendenza delle nazioni e per la conduzione di una più valida politica estera atta a rafforzare i legami con i paesi produttori).

La debole Europa, piegata alla sacralità del mercato, depotenzia la spinta espansiva sui mercati delle imprese nazionali più brillanti ed efficienti per salvaguardare presunte regole di lealtà concorrenziale che sembrano piovute dal cielo.

In questi mesi, abbiamo invece visto che la manus invisibilis del mercato ha una natura tutt’altro che smithiana e gli americani fanno da battistrada, lungo le strade della crisi economica, con i salvataggi di banche e imprese a suon di elargizioni statali. 

In Europa, questa lezione di cambiamento delle regole del gioco a partita già iniziata (che dimostra un esercizio di potenza da parte del paese predominante) è ancora lungi dall’esser appresa. Non solo, qui da noi si preferisce facilitare i piani imperiali sottraendo forza alle imprese più innovative e capaci di aggredire i mercati altrui.