IL PETROLIO NON FINIRA' a cura di G.P.

Hegel diceva che ciò che è noto, non è conosciuto, nel senso che “il modo più comune di ingannare sé e gli altri è di presupporre qualcosa come noto e di accettarlo come tale”.

Tra questi argomenti, oggi tanto di moda e sui quali la maggior parte della gente crede di aver acquisito una verità indefettibile, c’è quello dell’esaurimento delle risorse fossili come il petrolio (ammesso che quest’ultimo abbia solo un’origine biologica, vedere l’articolo sul Sole24ore "Il petrolio? Non è «bio»" di R. Vacca). Chi ha interesse a diffondere una notizia del genere? Chi col petrolio continua a fare profitti giganteschi, si tratti degli speculatori finanziari che si costruiscono fortune immense approfittando dei reiterati allarmi sul raggiungimento del picco estrattivo e sugli strozzamenti tra domanda e offerta, che degli stessi produttori, i quali tentano costantemente di dimostrare di essere in possesso di una risorsa scarsa, il cui prezzo aumenta man mano che crescono le richieste dei second comers (come Cina e India).

Qual è la maniera più facile per diffondere questi allarmismi? Finanziare associazioni ambientaliste (o commissioni di esperti) che creino il clima ideologico più fertile all’attecchimento di queste false notizie, almeno finché le stesse, per saturazione mediatica, non giungono ad essere metabolizzate, dalla pubblica opinione, come un dato di fatto incontrovertibile (appunto ciò che è noto, come sosteneva Hegel). Tra questi venditori di fumo ideologico dobbiamo necessariamente citare il fantomatico Club di Roma, il quale, già nel ’72, spandeva semi di catastrofismo, a destra e a manca, pretendendo di dimostrare (con dati che si sono rivelati del tutto sballati) che da lì al 2020 si sarebbero raggiunti i limiti dello sviluppo a causa:

1)dell’esaurimento dei giacimenti petroliferi

2) dell’incidenza di altri fattori come la scarsità dei beni di prima necessità, la mancanza di beni sostitutivi, il rincaro generalizzato dei prezzi.

Questi decrescisti ante litteram hanno fatto breccia nei cuori puri del ceto sessantottino, prima extraparlamentare e oggi solo di sinistra, che una volta perorava la presa del potere con i fiori e la cultura e che ora si è lanciato, con altrettanto trasporto morale (ben indennizzato economicamente), nella resistenza passiva al sistema attraverso la riduzione dei consumi. Basta leggere le sciocchezze di uno di questi guru metropolitani (F. Bifo, Nove anni dopo Seattle, www.comedonchisciotte.org) per capire con che razza di imbonitori abbiamo a che fare. Fortunatamente per noi, questi ciarlatani stanno per ritirarsi “nei monasteri felici” dove, parole di Bifo,  si deve “evitare ogni scontro, ogni conflitto che sarebbe oggi inevitabilmente perdente. Dobbiamo creare una sfera autonoma e sicura per quella piccola minoranza della popolazione del mondo che vuole salvare l’eredità della civilità umanista e le potenzialità dell’Intelletto generale, che sono in serio pericolo di una militarizzazione definitiva” e ancora “Il nostro compito è la creazione di monasteri in cui si sperimenti il benessere frugale. Critica della naturalizzazione del paradigma della crescita, elaborazione culturale di un nuovo paradigma basato sull’abbandono dell’ossessione della crescita, finalizzato alla frugalità, alla produzione ad alta intensità di sapere, alla solidarietà, e alla pigrizia, e al rifiuto della competizione”. Ecco spiegati i recenti attacchi del sunnominato alla figura di Lenin (vi rimando, in proposito, al mio pezzo intitolato “Bifo: dal potere operaio alla corte del re”), il rivoluzionario dell’analisi concreta e della costruzione delle alleanze di classe, ai fini del sovvertimento del sistema capitalistico, il quale nulla concedeva al moralismo piccolo borghese che con le aspirazioni utopistiche credeva di poter cambiare il mondo. Questi signori sono, con ogni evidenza, la quinta colonna ideologica di un sistema che viene criticato con argomenti superficiali al solo scopo di puntellare i suoi sostegni basali.

Detto ciò vi invito a leggere questo interessante articolo che rivela un altro punto di vista sull’esaurimento dei pozzi petroliferi, i quali attraverso innovativi sistemi di trivellazione possono ancora fornire greggio in quantità pressoché illimitate. L’autore dell’articolo sostiene inoltre che, con tali sistemi, il petrolio è reperibile ovunque, come è stato dimostrato dalle trivellazioni russe in Vietnam, territorio “là dove i maggiori esperti internazionali (leggi statunitensi) avevano assolutamente negato la possibilità della presenza di risorse petrolifere di qualche tipo”.

Buona lettura

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