IL RABBINO BERTINOTTI di G.P.

 

Le polemiche innescatesi dopo la decisione presa dai vertici della manifestazione libraria torinese di proclamare paese ospite della XXI fiera del libro Israele, hanno ragione di esistere e di insistere, in quanto rispondono ad una provocazione bella e buona. Non si vuole certo impedire agli autori israeliani di intrattenere gli avventori che vorranno ascoltarli, né tanto meno si cerca precludere agli stessi di esprimere liberamente la loro creatività letteraria, sfruttando un evento di grande risonanza mediatica come questo. Ma qui l’arte non c’entra nulla e la contesa è, chiaramente, di tutt’altra natura.

Che meriti ha Israele, in questo preciso momento storico, per essere vezzeggiata e circuita dalla città di Torino? Perché si vuole gratificare a tutti i costi lo Stato israeliano, attraverso i suoi scrittori, con questo riconoscimento?

Era risaputo da tempo che l’invito del tutto “speciale” riservato ad Israele avrebbe inasprito gli animi di quanti guardano con orrore a ciò che i sionisti stanno facendo al popolo palestinese. La vicenda di Gaza, per esempio, ha riportato sotto i riflettori la tragica condizione in cui sono costretti a vivere migliaia di palestinesi. La breccia aperta nell’infame muraglia, eretta per ghettizzare un popolo intero, ha mostrato al mondo come si vive in quel campo di concentramento a cielo aperto, dove  i figli della Palestina vengono stipati come bestie. Perché Torino non ha premiato questa stoicità, l’alacrità dei gaziani che resistono di fronte al dispiegamento di armi israeliane e ai tentativi di chiudere i rifornimenti di cibo e di combustibile, al fine di sovvertire il verdetto di democratiche consultazioni? La colpa dei palestinesi è quella di essersi scelti dei rappresentati non graditi ai sionisti ed ai loro alleati americani.

Ad indignarsi per questa faccenda non sono stati solo i palestinesi residenti in Italia ma tutti quelli che vedono nella politica criminale del governo d’Israele la volontà esplicita di annientare e di togliere dignità d’esistenza al popolo di Palestina. Tuttavia, mentre non ci meravigliamo affatto del servilismo di “rimando” delle autorità italiane che hanno repentinamente stigmatizzato la protesta, desta, invece, maggiore sorpresa il fatto che alla canea dei lacchè si sia associato uno come Fausto Bertinotti, sostenitore di Marcos e di Cuba. Certo, noi non abbiamo mai avuto molti dubbi su questo socialsindacalista, un po’ troppo egotico, sostenitore della "champagne revoluciòn" cortese e aristocratica. Quest’ultima presa di posizione non fa che confermare i nostri convincimenti sul parolaio rosso, buon furbino che venderebbe l’anima al diavolo pur di ascendere all’olimpo degli statisti,  sempre attento  a soppesare i pro e i contro delle decisioni politiche per ragioni di convenienza elettorale. E già tanto che dall’alto della sua inventiva, il “cameriere maximo” non sia arrivato a proporre lo slogan “due fiere per due popoli” o “due stands per due Stati” o, ancora, una road map antonelliana per dirimere l’ennesima controversia tra i due contendenti.

Bertinotti, noto cavalcatore dei movimenti di protesta (specie se lontani dalla nostra realtà) a mettersi contro Israele non ci pensa proprio, vuole lasciare con onore la carica che ricopre affinché il Politically Correct dominante si ricordi di lui in quanto politico pieno di senso dello Stato e di responsabilità istituzionale.

Ma la storia non si fa fottere dalla contingenza e dalle astuzie dei piccoli uomini, come quelle del subcomandante Faustus, che se mai sarà ricordato, avverrà solo per le sue doti d’imboscamento con le quali evitava accuratamente di far apparire la sua firma su accordi sindacali non molto vantaggiosi per la classe lavoratrice. Se non ricordo male, per una di queste vicende Bertinotti bloccò l’uscita, in abbinamento con il quotidiano Liberazione, di un libro della Massari Editore che svelava qualche retroscena poco gradito sulle sue acrobazie sindacali.

Con grande sfoggio di ingarbugliata demagogia il Presidente della Camera ha così tuonato contro i rappresentanti del Pdci piemontese che annunciavano di voler boicottare la fiera del libro di Torino: “Bisogna distinguere tra lo Stato d’Israele e il suo governo. Israele non è solo un paese, ma il luogo dell’anima di tutti gli ebrei del mondo”. Pur concedendo momentaneamente credito alla seconda parte di quest’affermazione, poiché un’anima non si nega a nessuno di questi tempi, è indiscutibile che tra lo Stato d’Israele e i suoi vari governi, non ci sia mai stata così tanta differenza. Forse Bertinotti intendeva dire che il popolo d’Israele non può essere totalmente colpevole per le scelte del suo governo, ma questo è il solito argomento sottile che serve ad edulcorare le peggiori nefandezze commesse dalla classe politica di un paese. Oppure Bertinotti è proprio convinto che popolo e Stato siano un’unica sostanza indivisibile, e allora questo non farebbe che confermare la sua metamorfosi istituzionalista. Insomma, volendo sintetizzare, si tratta del solito ragionamento bertinottiano ambiguo e irricevibile,  che serve più che altro ad autocompiacersi intellettualmente mettendo maggiormente in evidenza la rozzezza altrui. Nell’arzigogolare i pensieri Bertinotti è davvero il migliore, tutte le sue proposte derivano da bilanciamenti alchemici immaginifici, tanto che  meriterebbe lui il primo premio nella sezione "letteratura fantastica". Contorcere il cervello per apparire diversi, differenti dalla massa, luminosi d’idee. La chiosa, a questo punto, è d’obbligo e parafrasando il buon Guzzanti (figlio), nell’imitazione del subcomandante Faustus, si può dire che anche questa volta il Presidente della Camera  ha detto una cazzata. Una delle tante.