IMPRESE STRATEGICHE E STRATEGIE POLITICHE: IL CASO FINMECCANICA

 a cura di G.P.

 

Quest’oggi vi proponiamo due articoli, tratti da Pagine di Difesa, sull’acquisizione, da parte di Finmeccanica, dell’americana DRS Technologies, azienda d’oltre atlantico leader nei prodotti elettronici della difesa militare. Questo "colpo" inatteso è stato annunciato con grande solennità dai giornali nazionali ed anche gli articoli che qui riportiamo parlano di una grande novità che rompe, finalmente, l’assoluta preminenza "anglosassone"  nel mercato americano della difesa, a vantaggio di un’impresa italiana. Certo non viene negato che l’impatto economico di tale acquisizione sull’azienda italiana sarà tutt’altro che trascurabile. L’operazione ha praticamente prosciugato le casse di Monte Grappa ma ha, al contempo, aperto un mercato che vale quasi 700 mld di dollari (la metà del totale mondiale). E’ ovvio che l’unico cliente di Finmeccanica sarà il Pentagono poiché l’amministrazione americana non può rischiare che informazioni strategico-militari di tale portata, legate all’innovazione tecnologica nel settore degli armamenti, vengano sbandierate ai quattro angoli del mondo. Di fatti, il prossimo passo da compiere, tra DRS e Dipartimento della Difesa Usa, sarà quello di uno Special Security Agreement, ovvero un accordo che stabilisca la tutela delle informazioni “classificate”.

In corsa per comprare la DRS c’era anche il consorzio europeo Eads il quale, fino all’ultimo momento, ha sperato che l’amministrazione USA bloccasse l’affare. Ma per Eads sarebbe stato molto più arduo entrare nelle grazie degli statunitensi per questioni che non hanno nulla a che vedere con gli aspetti puramente economici (ed Eads avrebbe potuto condurre con più agevolezza l’acquisto), come si può leggere, in filigrana, nell’articolo di Andrea Tani, appena sotto questa introduzione. Diamo qualche numero per far comprendere il valore dell’operazione: 5,2 mld di dollari, comprensivi 1,2 mld di debiti che Finmeccanica dovrà accollarsi non senza difficoltà. Stiamo parlando dell’esborso di una somma più che cospicua che se economicamente fa apparire il business poco conveniente, dal punto di vista delle proiezioni future (in termini di nuove commesse ed alleanze tra imprese statunitensi ed italiane) fornisce delle prospettive molto più rosee. Non è un caso che i mercati finanziari, dove l’elemento della valutazione politico-strategica non va oltre un dato limite (essendo intrecciato alla più “stretta” logica degli affari e a quella del mercato) abbiano reagito facendo perdere al titolo Finmeccanica, subito dopo l’annuncio dell’Opa amichevole su DRS, il 4,4%.

Ma dicevamo di Eads e del suo tentativo di riuscire ad accaparrarsi DRS. Il consorzio franco-tedesco aveva certamente i numeri per una operazione di questa portata eppure l’amministrazione americana si è orientata verso i più “malleabili” italiani. Con questo non vogliamo affatto sminuire la qualità di Finmeccanica, vera impresa di punta come ormai poche ce ne sono in Italia. Ma l’opzione peninsulare, dal punto di vista americano, era sicuramente quella migliore. In primo luogo perché Finmeccanica dimostra di essere all’avanguardia e di saper stare sul mercato con grande competitività. In secondo luogo (ed è questo quello che ha certamente convinto gli americani) la complessiva debolezza politica italiana e la fedeltà del Bel Paese nei confronti dei dominanti statunitensi, fanno di noi un alleato meno ambizioso dei francesi o dei tedeschi. Sentite come traduce Andrea Tani (autore degli articoli che postiamo più sotto) questa carenza di autonomia: “Una delle ragioni del relativo successo – finora – delle integrazioni italo-inglesi è costituito dal clima empatico che caratterizza i rapporti del management integrato dei vari settori. Gli – una volta – altezzosi britanni sono in genere piuttosto soddisfatti della leadership italiana, che tende a essere cooptante più che egemonica, per carattere distintivo, cultura ecumenica tipica delle consorterie del Bel Paese e soprattutto necessità. I neo leader di Monte Grappa e affini hanno un estremo bisogno della padronanza del mondo e del cosmopolitismo dei loro (supposti) dipendenti albionici, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con i gangli cruciali del pianeta dove si fanno i giochi veri.

 

L’inevitabile provincialismo nel management italiano su certi temi si accompagna a una assennata apertura ai contributi che possono venire da culture industriali diverse, e questo facilita lo stabilirsi di rapporti di autentica collaborazione. Cosa che non si può dire per altri contesti, come quello dei cugini d’Oltralpe, certamente più agguerriti – almeno sul piano dei quadri e delle strategie – ma immensamente più duri, imperialisti e arroganti nell’esercizio del comando (per inciso, questa potrebbe anche essere una ragione subliminale, fra le tante concrete, per la quale è fallita la scalata di Air France su Alitalia).

Mi sembra che ci sia poco altro da aggiungere se non che, come ha detto giustamente Gianfranco La Grassa nel suo articolo di ieri, le grandi imprese sono immagini ridotte degli Stati, se poi si tratta di imprese strategiche è la stessa sfera politico-statale che subentra nelle decisioni più importanti, demolendo l’assolutezza dei principi di massima profittabilità economica che fanno parte dello schermo ideologico capitalistico.

*****************************

 

 

14 maggio 2008

                                   

L’acquisizione della Drs Technologies da parte di Finmeccanica

 

di Andrea Tani

Fonte PAGINE DI DIFESA

 

L’acquisizione della Drs Technologies da parte di Finmeccanica è una di quelle novità che solo pochi anni fa sarebbe sembrata inverosimile, una pagina da libro dei sogni. Se tutto andrà bene – ovvero se le autorità statunitensi daranno il loro Ok alla prima Opa amichevole (e ben accolta) su una loro società che realizza high tech militare cruciale da parte di un acquirente ‘non anglosassone’ – Finmeccanica entrerà dalla porta principale nel più grande mercato militare del mondo: circa 700 miliardi di dollari all’anno, la metà del totale mondiale. Diventerà il secondo fornitore estero del Pentagono, dopo la Bae, o più precisamente il secondo fornitore estero con radici stanziali negli States, dato che Eads, che ha vinto la multibilionaria gara dei tanker, supera forse il totale acquisito di Finmeccanica finora in terra d’America, ma non ha una presenza in loco comparabile a quella di Finmeccanica dopo l’operazione Drs.

 

Continua così la travolgente cavalcata di Fimeccanica verso la internazionalizzazione. Quello che stupisce – al di là delle dimensioni e della dinamica del fenomeno – è come le successive operazioni alle quali abbiamo assistito in questi anni siano andate nel complesso bene, sia nella fase esecutiva che nello spesso difficile follow-on. L’integrazione di Westland in Agusta sta procedendo con molta speditezza, data la lunga frequentazione delle due società prima della fusione. Il gruppo è ormai una delle prime realtà elicotteristiche mondiali e si afferma con sempre maggiore autorevolezza su tutti i mercati.

 

La fusione fra le componenti italiana e britannica delle varie Selex ha luci e anche ombre non marginali, ma il processo è recente e il contesto molto competitivo. Le sollecitazioni che esso impone mal si conciliano con l’atmosfera rilassata che dovrebbe avvolgere tutte le lune di miele. Occorre dare tempo al tempo, come in tutti i matrimoni d’interesse, tenendo presente che questo genere di operazioni si portano sempre appresso il macigno della eterogeneità culturale e di interessi di partner industriali che appartengono a diversi contesti nazionali. L’eterogeneità conta e come. Si pensi solo alle frizioni, per usare un eufemismo, che strattonano Eads e le sue anime francesi e tedesche, pur dopo svariati decenni dalla sua costituzione.

 

Una delle ragioni del relativo successo – finora – delle integrazioni italo-inglesi è costituito dal clima empatico che caratterizza i rapporti del management integrato dei vari settori. Gli – una volta – altezzosi britanni sono in genere piuttosto soddisfatti della leadership italiana, che tende a essere cooptante più che egemonica, per carattere distintivo, cultura ecumenica tipica delle consorterie del Bel Paese e soprattutto necessità. I neo leader di Monte Grappa e affini hanno un estremo bisogno della padronanza del mondo e del cosmopolitismo dei loro (supposti) dipendenti albionici, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con i gangli cruciali del pianeta dove si fanno i giochi veri.

 

L’inevitabile provincialismo nel management italiano su certi temi si accompagna a una assennata apertura ai contributi che possono venire da culture industriali diverse, e questo facilita lo stabilirsi di rapporti di autentica collaborazione. Cosa che non si può dire per altri contesti, come quello dei cugini d’Oltralpe, certamente più agguerriti – almeno sul piano dei quadri e delle strategie – ma immensamente più duri, imperialisti e arroganti nell’esercizio del comando (per inciso, questa potrebbe anche essere una ragione subliminale, fra le tante concrete, per la quale è fallita la scalata di Air France su Alitalia).

 

Comunque sia, con l’operazione Drs è stato veramente traversato il Mare Incognito e si è approdati in un Nuovo Mondo dove le buone maniere e il ‘volemose bene’ potrebbero non essere sufficienti. Se vi sono delle inadeguatezze, dovranno essere rapidamente colmate, pena l’accentuarsi di quella reazione dubbiosa dei mercati che al momento sta facendo perdere alle azioni di Finmeccanica il tre per cento del suo valore, probabilmente per gli aspetti piuttosto onerosi dell’operazione, che hanno prosciugato le risorse di Monte Grappa in modo audace o imprudente, a seconda delle valutazioni. Drs ha le technologies che risultano dalla sua ragione sociale, ma anche debiti e non pochi. In compenso non ha moltissimi ordini. Rappresenta un’opportunità carica di incognite, non una certezza di sorti certe e progressive.

 

D’altra parte, gli emigranti siciliani che approdavano a suo tempo ad Ellis Island non erano portatori di capitali in cerca di investimenti, ma di braccia in cerca di lavoro, e con quelle si sono fatti valere e hanno fatto fortuna. Magari non subito. Le nostre società si devono contentare di quello che è rimasto dalle predazioni interne dei colossi Usa ed esterne degli ‘anglosassoni’. Le aziende dispongono soprattutto di braccia tecnologiche e produttive di prim’ordine e dell’inventiva per farle fruttare. La stessa storia dei successi dei materiali d’armamento italiani venduti nel dopoguerra negli Usa, in virtù della sola loro validità operativa e tecnica, lo sta a dimostrare.

 

Dal cannone Oto Melara da 76/62 compatto, venduto e prodotto su licenza in 400 esemplari per la US Navy fino a diventare uno standard mondiale – il pezzo d’artiglieria navale di maggiore successo di tutti i tempi – ai radar per la scoperta aerea, ai sistemi di scoperta subacquea eterodossi (il cosiddetto Sarchiapone che qualcuno ricorderà, che fruttò alla Marina Militare italiana la cessione di due caccia, due navi anfibie e due sommergibili, se non ricordo male) ai recenti aeromobili acquisiti dai marines e dall’Usaf (US 101 e C 27J) alla pistola Beretta ai molti altri articoli minori che non compaiono sui giornali. Il più recente, certamente non minore, che potrebbe diventare realtà è il proiettile d’artiglieria navale guidato Vulcano che la US Navy sta valutando dopo l’abbandono di un analoga iniziativa nazionale. Se riuscisse a sfondare (per un proiettile quale altro augurio?) ripeterebbe l’epopea del Compatto e forse qualcosa di più.

 

Insomma, le premesse per un deciso salto di qualità ci sono. Occorre cogliere ad ogni costo le formidabili opportunità che si presentano, approfittando della rinnovata ‘entente’ con l’alleato transatlantico, scaturita dalle recenti elezioni, e utilizzando al meglio il supporto potenziale di una lobby italo-americana che non è certamente marginale nel contesto della società ospitante. Ma soprattutto adeguando le proprie strutture di management dei piani medio-alti (quelli altissimi pare non abbiano bisogno di suggerimenti) alle eccellenze di un paese come gli Stati Uniti d’America, che ha inventato la tecnologia e ha responsabilità di sicurezza planetarie e quindi non si può permettere approssimazioni sul tema. La posta in gioco non è solo l’accesso al mercato della difesa più ricco del mondo, ma l’enorme promotion internazionale che un tale accesso comporta.

 

La realizzazione di questo American Dream non è scontato né agevole. L’industria della difesa italiana è molto qualificata sul piano dell’ingegneria, grazie anche al pluridecennale apporto diretto e indiretto delle forze armate italiane, che negli anni hanno allevato e supportato pazientemente le iniziative primordiali che si accendevano un po’ caoticamente dappertutto nel quadro del risveglio postbellico, a scapito a volte della credibilità operativa del proprio strumento militare (la lungimiranza sembra sia stata premiata). Il sistema è sano, efficiente, trasparente e quasi del tutto esente dalle piaghe che hanno rovinato altre realtà industriali nazionali, per non parlare di quelle non industriali, magari pubbliche. Può fornire un esempio per molti e guidare una rinascita industriale del Paese. Ma deve imparare a reggersi completamente e saldamente sulle proprie gambe acquisendo la capacità di gestire al meglio macrofenomeni internazionali, cosa che il pregresso nazionale non aiuta a fare.

 

 

13 maggio 2008

 

Finmeccanica acquista Drs Technologies

per 3,4 miliardi di euro

 

fonte Pagine di Difesa

 

 

Finmeccanica, gruppo leader a livello mondiale nel settore degli apparati elettronici, dei sistemi e dei servizi per la difesa e la sicurezza, e Drs Technologies, Inc., azienda statunitense leader nel settore dei servizi e dei prodotti elettronici integrati per la difesa, hanno annunciato oggi di aver approvato un accordo in base al quale Finmeccanica acquisirà il 100% di Drs per un importo di 81 Usd per azione in contanti. Questa operazione consente a Finmeccanica di consolidare il proprio ruolo di protagonista a livello mondiale nell’ambito delle forniture di sistemi integrati per la difesa e sicurezza, inserendosi con un ruolo di primo piano anche nel mercato Usa e consente a Drs nuove e importanti opportunità di business negli Usa e all’estero.

 

L’operazione, il cui valore è di circa 5,2 miliardi di Usd (3,4 miliardi di euro) compresa l’assunzione di 1,2 miliardi di Usd di indebitamento netto dopo la conversione anticipata delle obbligazioni convertibili di Drs, comporta un premio pari al 32% sulla quotazione media del titolo di Drs sul mercato Nyse negli ultimi trenta giorni. I Consigli di amministrazione di Finmeccanica e Drs hanno approvato i termini dell’accordo. L’acquisizione di Drs sarà effettuata mediante una fusione inversa, attraverso la costituzione da parte di Finmeccanica di una società di diritto statunitense che sarà fusa in Drs, con conseguente delisting di quest’ultima.

 

Analogamente alle altre società del gruppo Finmeccanica, Drs verrà integrata nel gruppo mantenendo la sua attuale struttura manageriale e la sua sede principale. Come di consueto in questo tipo di operazioni, Drs proporrà al Defense security service (Dss) del dipartimento della Difesa Usa, che la società operi in base a uno Special security agreement (Ssa, accordo speciale di sicurezza) che garantisca all’amministrazione statunitense la tutela delle informazioni classificate.

 

“Questo accordo – afferma Pier Francesco Guarguaglini, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica – testimonia la capacità del gruppo di far valere la propria tecnologia di eccellenza in tutto il mondo. Esso costituisce inoltre un’ulteriore opportunità di crescita, in particolare in un Paese come gli Stati Uniti che rappresenta il più significativo mercato della difesa e della sicurezza. L’operazione rappresenta la prosecuzione naturale della nostra strategia di investimento ed espansione nei mercati Uk e Usa e ci permette di sostenere le forze armate Usa con i nostri prodotti ad alto contenuto tecnologico, come già avvenuto con lo US101 e il C-27J. L’intesa si presenta come integrazione ideale tra due aziende le cui attività sono complementari, sia sotto il profilo delle tecnologie che delle piattaforme e favorisce la presenza di un player altamente competitivo sui mercati della difesa e della sicurezza negli Stati Uniti e nel resto del mondo”.

 

“La straordinaria crescita di Drs nel corso degli ultimi cinque anni e il premio ottenuto dall’operazione costituiscono un ottimo risultato per i nostri azionisti” – ha affermato Mark Newman, presidente e amministratore delegato di Drs. “L’investimento in Drs, combinato con i forti investimenti in ricerca e sviluppo, aumenteranno la competitività e quindi la possibilità di aggiudicarsi nuovi contratti e di crescere negli Usa e nel resto del mondo”.

 

Le competenze di Finmeccanica e i settori in cui opera (elicotteri, aeronautica, elettronica per la difesa e sicurezza, spazio, sistemi di difesa, energia e trasporti) si integrano ottimamente con i segmenti di attività di Drs (comando, controllo, comunicazioni, computer e intelligence, sorveglianza). La presenza di Finmeccanica negli Usa e delle proprie controllate in Pennsylvania, a New York, in Texas, California, New Jersey, Kansas, Virginia, Carolina del Nord e del Sud è molto ricca e comprende le attività svolte per il governo Usa su programmi quali l’elicottero presidenziale US101 e l’aereo da trasporto tattico C-27J.