KOSOVO: UNO STATO CRIMINALE NEL CUORE DELL'EUROPA (di G. Gabellini)

Il Consiglio d'Europa ha da poco reso noto un rapporto in cui si accusa esplicitamente Hashim Thaci, attuale primo ministro kosovaro ed ex capo dei guerriglieri dell'UCK, di essere un potente boss mafioso a capo di un'organizzazione dedita al traffico di droga e di organi.

Il Giornale e Repubblica, rappresentanti delle opposte polarità PB – PAB, riprendono la notizia con una strana ed inusuale cautela che ha decisamente dell'anglosassone. Entrambi si limitano a spiegare che l'informazione non suonava affatto nuova agli aggressori, in quanto sia l'FBI che i servizi segreti italiani avevano già raccolto numerose informazioni su Thaci e i suoi sgherri, ma si astengono rigorosamente dall'esprimere giudizi di merito. La maggioranza dell'epoca giunse al punto di rovesciare il riottoso Romano Prodi per sostituirlo col fido reggicoda atlantista Massimo D'Alema, appoggiato anche dall'esponente più oltranzista del pacifismo, quell'Oliviero Diliberto capace, in quel frangente, solo di esprimere sterili e vacui pigolii atti a proclamare la sua completa estraneità dal male. L'opposizione si scoprì, cosa assai stupefacente, in piena sintonia con le posizioni espresse dal cinico baffetto, e decise di sposare in toto la bufala del genocidio perpetrato dal "dittatore" Slobodan Milosevic. Molti si affrettarono a riempire gli sfarzosi salotti romani della RAI a fare la faccia compunta e ad esprimere la propria "vicinanza" al martoriato popolo albanese. Norberto Bobbio si affrettò a sottolineare che, anche in quell'occasione, non potevamo "Non dirci filoamericani" e che l'attacco alla Jugoslavia "Ricordava le guerre contro gli infedeli", Walter Veltroni, che ha visto troppi film in cui "arrivano i nostri" ("our guys") a salvare il salvabile, parlò di "Più grande genocidio dai tempi della Shoah", mentre Eugenio Scalfari ed Indro Montanelli, due facce della stessa medaglia, si affrettarono a sottoscrivere un documento in favore dell'aggressione. Una smania distruttiva molto trasversale, bipartisan. Ben pochi coraggiosi si presero la briga di contraddire la dogmatica e schematica ricostruzione dei fatti, in cui i cattivi jugoslavi passavano il loro tempo a squartare il povero popolo albanese. Regis Debray fu uno di questi, e nel metterci la faccia dimostrò che sulle rive della Senna si affaccia ancora qualche degno erede dei vari Camus, Sartre, Althusser, e non solo "nouveaux philosophes" (André Glucksmann, Bernard Henry – Levy) con il cervello intriso di cieco e ottuso atlantismo. Debray raccontò, dalle colonne del quotidiano "Liberation", la propria esperienza maturata durante il viaggio in Serbia e Kosovo, in cui affermò risolutamente di non aver visto niente di ciò che era comunemente raccontato dai giornali. Parlò di una realtà complessa (e incomprensibile per gli altezzosi ma ignoranti tuttologi che si arrogano il diritto di dire la loro sempre e comunque), in cui erano stati i bombardamenti "umanitari" targati NATO ad acuire la tensione e portare alla vera pulizia etnica, ma degli albanesi nei confronti dei serbi, e non viceversa. Debray incassò una buona dose di insulti e stroncature dai "colleghi", meri stuoini del vecchio Zio Sam. In Italia si verificò una situazione analoga, in cui solo una sparuta minoranza di giornalisti e intellettuali (un sorprendente Santoro, Canfora, Tarchi e pochi altri) espresse la propria ferma contrarietà, nel bel mezzo del conformismo guerrafondaio ostentato tanto dagli ex compagni affascinati dalla boria di D'Alema quanto dalla cosiddetta "opposizione", che non seppe trovar di meglio da fare che appoggiare quello che era un vero e proprio atto di guerra degli USA nei confronti dell'Europa. Va sottolineato il fatto che in quella specifica guerra "umanitaria" i bombardamenti furono più chirurgici del solito, se è vero che i civili vennero bersagliati con un accanimento simile a quello degli alleati su Dresda e Amburgo durante la Seconda Guerra Mondiale, e che furono colpite pressoché tutte le infrastrutture di Belgrado, l'edificio in cui si trovava l'ambasciata cinese (molto "velato", come messaggio) e svariati complessi strategici (come la Telecom Serbia, sventrata e poi mangiata dall'Italia), impacchettati a dovere per la svendita. Le milizie dell'UCK ebbero buon gioco a fornire carne da cannone a buon prezzo in quanto, come è noto, gli "eroici" aggressori "umanitari" non perdono occasione per dimostrarsi valorosi al punto da propendere per la distruzione totale di una capitale europea piuttosto che fare il minimo ricorso alla fanteria, in ottemperanza all'ammirevole motto "guerra senza morti", sempre tra i "our guys", chiaramente. L'UCK cacciò immediatamente la popolazione serba dal Kosovo, dopo averne "trattenuta" una parte per esigenze di natura "clinica", secondo le modalità spiegate dal rapporto redatto dal Consiglio d'Europa, mentre gli USA installavano la gigantesca base militare di Camp Bondsteel in loco. In breve tempo il Kosovo divenne un crocevia del traffico internazionale di droga, scalo obbligato per l'eroina proveniente dagli altipiani dell'Afghanistan e destinata ad approdare sul mercato europeo. Queste lusinghiere credenziali valsero la piena legittimazione all'UCK e la consacrazione elettorale al suo leader Hashim Thaci, artefice della nascita di un narcostato nel cuore dell'Europa, sostenuto dagli USA con il benestare dei governi che presero parte all'aggressione, coadiuvati dalle rispettive opposizioni. Speriamo che le trite notizie fatte emergere dal Consiglio d'Europa ci risparmino perlomeno le lacrime di coccodrillo dei responsabili dello scempio, che sapevano benissimo con chi avevano a che fare e dove si sarebbe andati a parare. La sinistra è andata alla guerra, e la destra si è accodata. Tutti insieme appassionatamente, nell'atlantica ammucchiata, caotica e amorfa, che ha ribadito, ai tanti gonzi che ancora ci credono, che destra e sinistra sono categorie morte e stramorte, buone solo per legittimare il miserabile teatrino della politica cui assistiamo da decenni.

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da Il Giornale:

Quando organizzava la guerriglia indipendentista fra i monti dell'Albania lo chiamavano "il serpente", per la freddezza e i modi spietati. Oggi che è primo ministro del Kosovo un rapporto del Consiglio d'Europa lo accusa di essere il capo di una potente mafia coinvolta nel traffico di droga, armi e di organi strappati ai prigionieri serbi. Hashim Thaci respinge con sdegno le accuse, ma questa volta lo inchioderebbero testimonianze, rapporti di intelligence e notizie raccolte dall'Fbi. Comprese le relazioni del Sismi, il nostro servizio segreto, che nel 1999, indicava il futuro premier «come uno dei boss criminali più pericolosi dell’Esercito di liberazione del Kosovo».

Per due anni il senatore svizzero Dick Marty ha indagato sul lato più oscuro e terribile della guerra. «Thaci e altri membri del gruppo di Drenica sono indicati, nei rapporti dei servizi segreti (occidentali nda) come i capi di una struttura mafiosa (…) che ha esercitato il violento controllo del traffico di eroina e alt
ri stupefacenti» si legge nel rapporto che verrà presentato oggi a 47 ambasciatori presso il Consiglio d'Europa.

Il ruolo di Thaci, nell'ultimo decennio, viene denunciato dai rapporti delle agenzie antidroga di cinque Paesi diversi. Il gruppo di Drenica era un nocciolo duro dell'Esercito di liberazione del Kosovo, che grazie ai bombardamenti della Nato ha sconfitto i serbi costringendoli a ritirarsi da Pristina. Secondo il rapporto del Consiglio d'Europa, Thaci e i suoi sono responsabili di «omicidi, detenzioni, pestaggi e interrogatori» di prigionieri anche dopo la fine delle ostilità nel 1999. Gli investigatori europei sostengono che almeno 500 persone sono scomparse in Kosovo dopo l'arrivo delle truppe della Nato. Un centinaio erano albanesi accusati di collaborazionismo o rivali di Thaci. Gli altri in gran parte serbi o rom considerati alleati di Belgrado. Solo una quarantina sarebbero sopravvissuti.

Il premier kosovaro, seppure con una flessione nei consensi, ha di nuovo vinto le elezioni di domenica scorsa. L'aspetto più inquietante è che il rapporto accusa la sua struttura mafiosa di essere coinvolta nel traffico di organi. In particolare reni, che sarebbero stati estratti in Albania a prigionieri serbi.

I poveretti erano detenuti in sei località segrete nell'Albania settentrionale, dove l'Esercito di liberazione del Kosovo di Thaci aveva le sue basi. Un ufficiale medico dei guerriglieri, Shaip Muja, avrebbe avuto un «ruolo centrale nel traffico di organi». Muja, fin dalla lotta per l'indipendenza, era un fedelissimo di Thaci. Oggi lavora nell'ufficio del primo ministro come consigliere per la sanità. I prigionieri serbi più adatti venivano sottoposti ad analisi del sangue per la compatibilità e poi spostati a Fushë-Krujë, una città a nord di Tirana, dove era stata approntata una specie di clinica. Secondo dei testimoni citati dal rapporto i disgraziati capivano a cosa andavano incontro e scongiuravano i carcerieri «di non venir tagliati in pezzi». Poco prima dell'espianto venivano uccisi con un colpo di pistola alla testa. Poi «i reni erano segretamente trasportati dall'Albania ad Istanbul». Secondo il rapporto, Muja, il dottor morte uomo di Thaci, era «in affari con Yusuf Sonmenz ai tempi della guerra in Kosovo». Sonmez è un chirurgo turco ricercato dall'Interpol per il suo coinvolgimento nel traffico di organi scoperto due anni fa a Pristina. Proprio ieri si è aperto il processo sulla clinica Medicus di Pristina, dove venivano attirati russi, moldavi, kazachi e turchi disperati e pronti a vendere un rene. Altrettanti pazienti canadesi, tedeschi, polacchi e israeliani pagavano 90mila euro per il trapianto illegale. «Il governo del Kosovo e il primo ministro utilizzeranno tutti i mezzi necessari, legali e politici, per smontare questa diffamazione», si legge in un comunicato di Pristina. In visita ufficiale a Mosca, il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic, riferendosi a Thaci, ha dichiarato: «A proposito del suo coinvolgimento nello spaccio di eroina, nella tratta di esseri umani, nel traffico di organi e del suo ruolo come capo di uno dei clan criminali più organizzati esistenti nei Balcani, non so proprio quale tipo di avvenire possa avere».