KOSSOVO: UNA VERGOGNA EUROPEA di G.P.

 

L’Europa ha deciso di inviare 1800 tra poliziotti e magistrati in Kossovo per dirimere una situazione che si è fatta davvero esplosiva, tanto da poter compromettere la futura stabilità  di tutto il vecchio continente.

Il governo dell’UE ha, infine, scelto apertamente di porsi al fianco di Pristina evitando accuratamente di pronunciare la parola “indipendenza” per non esasperare la “suscettibilità” di Belgrado e di un vicino scomodo come la Russia, ormai non più così debole da subire un’altra sconfitta in “casa” senza reagire. Proprio la Russia chiede il rispetto della risoluzione ONU 1244 del giugno del 1999, quella che contempla l’istituzione di un’amministrazione provvisoria per il Kosovo, subordinando qualsiasi modifica all’attuale status della regione ad un pronunciamento preventivo del Consiglio di Sicurezza. In sostanza, la risoluzione impedisce qualsiasi dichiarazione d’indipendenza unilaterale senza che vi sia l’accordo del “gruppetto” dei 5 membri permanenti.

La doppiezza europea (che si appella alle risoluzioni ONU solo quando vede un proprio tornaconto e quando queste non danneggiano il suo potente alleato) è emersa con la proposta di far entrare Belgrado nell’Ue in cambio dell’indipendenza del Kossovo, da aggregare a propria volta nell’Alleanza Atlantica, soffocando sul nascere ogni eventuale revanscismo di Belgrado.

Un modo “diplomatico” per aggirare le decisioni già prese dal Consiglio di Sicurezza che non piacciono agli americani. Il governo serbo, per bocca del suo premier Vojislav Kostunica, ha risposto per le rime a questo affronto denunciando l’obiettivo di Usa e Ue di offrire un “premio di consolazione” in cambio dell’ "autodissoluzione" del suo paese. Ma la Serbia non ha alcuna intenzione di rinunciare ad una propria costola per entrare in Europa. Inutile dire che Belgrado non poteva reagire diversamente visto che questa assurda proposta proviene dal Ministro degli Esteri D’Alema, lo stesso che nel ’99 autorizzò il bombardamento della Serbia richiamandosi ad un’inesistente pulizia etnica.

Per come si sono messe le cose era inevitabile che il braccio di ferro tra i due contendenti si sarebbe presto trasformato in un confronto geostrategico tra potenze mondiali. Il “partito” filokossovaro sostenuto dagli Usa e dall’Europa vorrebbe mettere fine a questa disputa decretando il risolutivo smembramento di un paese non allineato (anche dal punto di vista economico) che continua a flirtare con Mosca.  Dall’altra parte c’è solo la Russia a sostenere la Serbia (anche se, per altre ragioni, dobbiamo registrare la recalcitranza ad accettare un Kossovo indipendente da parte di paesi come la Spagna, la Grecia, la Romania e Cipro che temono di offrire un cattivo precedente ai movimenti secessionisti al loro interno) in quanto la prima, oltre ai tradizionali legami con un paese sentito fratello, è decisa a difendere i suoi interessi economici e strategici nell’area.

Per venire incontro ai mugugni dei paesi che sono preoccupati per i conflitti con le loro minoranze interne il documento finale approvato dall’Ue ha precisato che l’indipendenza del Kossovo non sarà ripetibile. Insomma, si tratta di una "sospensione" delle leggi e degli accordi internazionali giusto per permettere ai kossovari di appropriarsi di una terra sulla quale vivono e sono la maggioranza ma che di fatto è sempre stata parte integrante della Serbia. Così l’Europa punta alla messa in sicurezza dei suoi confini, non si sa mai che sulla base di questo avventato riconoscimento un giorno anche i maghrebini, per esempio, divenuti maggioranza in una regione francese possano pretendere l’indipendenza.

Tutta questa operazione serve in realtà agli Usa per sbarrare le vie dell’energia e dell’influenza politica di Mosca potendo finalmente collegare Asia ed Europa attraverso “autostrade” del gas (e del petrolio) dove non si paga “pedaggio” alla Russia. Del resto, la guerra alla Serbia del ’99, ben al di là della propaganda pretestuosa su un genocidio, smentito dal rapporto OCSE, a danno della maggioranza albanese, ha avuto, sin dall’inizio, questo scopo.

Lo smembramento della Jugoslavia, dallo scoppio dei primi conflitti etnico-nazionalistici nel 1991, è stato fomentato dall’occidente che ha “giocato” su risentimenti nazionalistici, mai del tutto sopitisi, per accelerare la rottura dei labili legami interetnici intessuti dall’oculato governo jugoslavo durante tutta l’epoca della Guerra Fredda. Dovrebbe essere noto che i vari Franjo Tudjman in Croazia o Alija Izetbegovic in Bosnia sono stati “coccolati” dalle potenze occidentali per porre fine all’unità della Jugoslavia in funzione dei loro interessi geostrategici in quell’area. Così come non dovrebbe essere un mistero che l’esercito dell’UCK sia stata addestrato e approvvigionato dal Pentagono attraverso la MPRI (Military Professional Resources Inc.) un esercito privato famoso per dare "corsi di addestramento" in tutte le zone del mondo dove si respira area di secessione.

Altrimenti non si spiegherebbe nemmeno questo zelo europeo nei confronti di uno pseudostato come il Kossovo che si regge per il 50% su attività criminali, per il 40% su aiuti internazionali e per un misero 10% sulla propria capacità produttiva.

Ancora una volta la democrazia all’occidentale si rivela per quello che è: una cura da somministrare solo a chi non si adegua agli standard del paese predominante.