LA DISCARICA FINANZIARIA di G. Duchini

                                       

 

     Un grande paradosso aleggia su tutta l’economia italiana: a fronte di una provvista di liquidità   raccolta dalle banche italiane, cresciuta del 14%  nel dicembre ’08 rispetto allo stesso periodo del ’07 (in virtù dell’accantonamento del risparmio familiare, onde “pararsi il culo dalla crisi dell’economia reale”) non viene trasferito tale finanziamento alle imprese, facendo con ciò venir meno la funzione primaria della intermediazione finanziaria principale delle banche; anzi, nei confronti delle aziende sta avvenendo un improvvido strangolamento con diminuzione dei prestiti.

     Ma perché  avviene tutto questo?  Si dice che tutte le banche  hanno raccolto (immesso) nel loro patrimonio aziendale tutta la “monnezza”esistente in circolazione e travasata nei bilanci delle banche e delle società, come per la “raccolta differenziata”. Tradotto significa: non si sa come smaltire la “monnezza” finanziaria circolante (trabocchevole oltre ogni limite, pari a centinaia di trilioni di euro), se non creando dei siti (ex cave), come per Napoli, imballandole e lasciandole marcire a tempo indefinito; così come è stato proposto recentemente  con le “bad bank;” ovvero strutture pubbliche in grado di assorbano gli “asset tossici,” cioè tutti i titoli spazzatura in  possesso delle banche e lasciarli li per 50 anni, in attesa di qualche schiarita economica.

     E ancora si dice, che le banche italiane stiano facendo provvista di liquidità, anzitutto perché hanno problemi di sopravalutazione patrimoniale, hanno cioè accresciuto il loro patrimonio con le fusioni e acquisizioni di altre banche, con gli annessi e connessi di tutti gli investimenti effettuati in titoli e partecipazioni di altre società, cercando di trasformare una semplice sommatoria contabile tra due o più patrimoni bancari in una operazione di “maquillage,” con l’unico effetto visibile di un grande imbroglio finanziario. Col mettere insieme due o più banche in crisi, con i rispettivi patrimoni in sofferenza di crediti (non più riscuotibili), o di prodotti finanziari a perdere, non si ottiene una mezza crisi ma una  moltiplicazione geometrica di essa,  così come è avvenuto in quest’ultimo anno nelle partecipazioni societarie,  detenute nei patrimoni bancari europei (Italia compresa) che gonfiati oltre ogni misura si sono improvvisamente svalutati in borsa tra il 40 e l’80% del loro valore contabile.

     Questo è stato uno dei motivi aggiunti,  per cui la Banca d’Italia (Draghi)  ha imposto una maggiore restrizione dei crediti bancari alle imprese che sono ormai quasi tutte in sofferenza con indici di redditività vicini allo zero. Gli aiuti pubblici (finanziamenti) proposti, in soccorso alle banche italiane, su indicazione del ministro Tremonti, sono stati offerti al tasso d’interesse di riferimento  del 7,5%, della Commissione europea; un costo finanziario del credito troppo oneroso  per  le banche italiane, già in difficoltà nella distribuzione dei dividendi bancari necessari a tener in vita le “Fondazioni Bancarie” e con esse le erogazioni e i fondi speciali per il “Volontariato” deliberate per cultura, sanità sviluppo territoriale ed altri fini istituzionali, per un importo complessivo di 1.715 milioni di euro. Insomma, un finanziamento enorme col quale continuare a sostenere un sottobosco clientelare partitico insieme ad una estesa base di consenso elettorale (quello necessario ad ogni fine politico), e/o intrapartitico come  addentellato  fondamentale alla permanenza della G.F (Grande Finanza) e I.D. (Industria Decotta), nonché cinghia di trasmissione, e non solo ideologica, del piccolo “establishment” della carta stampata (Repubblica, Corriere della Sera..).

    Un criterio selettivo dei crediti bancari sempre più restrittivi che come  una “distilleria finanziaria,”  ha  come unico effetto quello di assegnare un destino foriero di difficoltà sempre più insuperabili e insopportabili   alle piccole e medie  imprese, nei periodi di gravi crisi di liquidità; un modo anche questo di salvaguardare, al di la di ogni ragionevole considerazione, la G.F. e I.D. (vedi Fiat), secondo le ovvie ragioni inscritte  dagli interessi prioritari  dei predominanti Usa.          

         

 

G.D. febbraio ‘09