La nuova era digitale (di M. S.)

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Il libro “The new digital era: reshaping the future of people, nations and business”, uscito nel 2013, è stato scritto da Eric Schmidt, CEO di Google, e Jared Cohen, giovanissimo consigliere prima di Condoleeza Rice e poi di Hillary Clinton per le politiche sull’Irak.

Il libro offre una panoramica delle principali tecnologie  esistenti o in via di sviluppo, e descrive possibili scenari su come tali tecnologie influenzeranno la vita delle persone, dei popoli e dei governi negli anni a venire.

Di per sé la lettura è piuttosto scialba, le citazioni ad ampio raggio e ricche di aneddoti sui vari teatri geopolitici del mondo, spaziando con disinvoltura da vicende nord coreane all’Iran, dall’India all’Inghilterra e così via, non bastano a sopperire ad analisi molto superficiali e appiattite sul presente.

Tuttavia le posizioni di preminenza ricoperte dagli autori rendono le loro idee perlomeno indicative dei punti di vista e delle discussioni in seno agli ambienti decisionali statunitensi; gli elogi introduttivi al libro di, tra gli altri, Henry Kissinger, Bill Clinton, Madeleine Albright, confermano che il libro ha avuto diffusione ed è espressione di centri strategici di primo piano.

 

I due autori si incontrarono a Bagdad nel 2009, Cohen al seguito delle forze di occupazione, Schmidt per un non meglio precisato viaggio di lavoro. Entrambi rimasero colpiti dal ruolo delle telecomunicazioni, in particolare delle reti di cellulari, nel permettere agli irakeni di ricominciare le proprie vite nonostante la guerra e il collasso politico ed economico del loro paese. Da qui i due presero spunto per indagare il legame tra tecnologia e società, da cui poi il libro.

 

Riguardo alla tecnologia, il leitmotiv è quello della rivoluzione digitale, che permette e sempre più permetterà alle persone di essere costantemente connesse alla rete e alle informazioni che contiene. A sua volta la rete sarà sempre più evoluta, con lo sviluppo della grafica e della realtà virtuale, e pervasiva, basti pensare agli occhiali con servizi di realtà aumenta che proprio Google sta per commercializzare. Le interfacce includeranno la voce (es., Siri di Apple) e il riconoscimento di gesti (es., Kinect di Microsoft).

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale già oggi rende possibile delegare alle macchine compiti prima pensati come esclusivamente umani, ad esempio con le automobili che si guidano da sole, già in fase avanzata di test in tre stati americani, oppure in campo militare l’uso dei droni.

Inoltre l’enorme mole di dati disponibili online rende possibile studi prima impensabili, il che spiega l’interesse crescente per nuove discipline come l’analisi predittiva.

Oltre l’informatica altri progressi con un forte impatto sociale sono attesi in campo medico e genetico, con diagnosi e cure personalizzate, e ovviamente nella robotica: a partire dal robot aspirapolvere Roomba che fu introdotto nel 2002, dieci anni più tardi si stima che il 31% dell’aviazione militare americana sia costituita da droni.

 

A detta degli autori la prima conseguenza dell’avvento dell’era digitale sarà il livellamento della società, a vantaggio degli individui che si troveranno di fronte opportunità senza precedenti.

L’aumento delle opportunità e la maggiore diffusione di idee produrranno benefici per tutti, anche se in misura diversa.

In altre parole:

 

“Connectivity benefits everyone. Those who have none will have some, and those who have a lot will have even more.”

 

Le maggiori problematiche sorgeranno nella definizione e tutela della privacy, nei paesi democratici, mentre invece riguarderanno la repressione e la censura nei paesi autoritari, tra cui la Cina è l’esempio per eccellenza.

 

L’uso della rete nelle rivoluzioni viene discusso a lungo, in particolare partendo dal caso delle “primavere arabe” e dal fatto che abbiano portato ad esiti diversi da quelli sperati; la conclusione sembra essere che pur con tutti i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia, le rivoluzioni abbiano comunque bisogno di leader preparati e con in mente i necessari obiettivi strategici, mentre l’uso dei social network e dei cellulari serve al massimo a portare la gente in piazza.

In modo simile viene affrontata la preoccupazione molto americana di come il terrorismo possa sfruttare le nuove potenzialità di Internet.

 

Piú interessante l’impatto del digitale sulla guerra:

 

“Harry Wingo, a Googler and former Navy SEAL, spoke to the usefulness of using computers and “bots” instead of humans for surveillance, and of robots “taking point” in advancing through a field of fire or when clearing a building.”

 

Ancora:

 

“What Lockheed Martin was to the 20th century, technology and cybersecurity companies will be to the 21st.”

 

E ancora:

 

“Robert Gates declared cyberspace to be the “fifth domain” of military operations, alongside land, sea, air and space.”

 

Chiaramente il cyberspazio è utilissimo come fonte di spionaggio e intelligence. Tuttavia grazie al fatto che sempre piú dispositivi sono connessi anche altre operazioni sono ora possibili.

Un esempio che viene citato è quello del virus Stuxnet, che nel 2010 infettò i computer che controllavano gli impianti del nucleare iraniano. Accelerando o decelerando la velocità delle centrifughe furono causati seri guasti e il programma fu rallentato. Fonti anonime citate dal New York Times confermano i governi di Stati Uniti e Israele dietro la creazione Stuxnet e del suo successore, Flame.

 

Senza esaminare ulteriormente il libro, in larga parte ripetitivo e ridondante di esempi, un paio di conclusioni finali si impongono.

 

In primo luogo c’è la crescente integrazione delle grandi industrie high-tech americane con il governo degli Stati Uniti; limitandosi al caso di Google e ai personaggi menzionati nel libro, stupisce constatare il numero di persone che lavoravano per la CIA o altre agenzie governative e che ora lavorano per l’azienda californiana. Discorsi analoghi sono certamente estendibili alle altre aziende del settore, basti pensare all’incredibile raccolta dati resa possibile da Facebook, Twitter e gli altri social network.

Come ulteriore conferma lo stesso coautore del libro Jared Cohen ha lasciato la sua posizione presso il Dipartimento di Stato e fa ora parte di Google Ideas, un think tank creato da Google a New York che si propone di studiare come la tecnologia possa essere usata contro regimi autoritari e in caso di conflitto.

 

Alla luce di tutto ciò appare del tutto normale che paesi come la Cina o l’Iran cerchino di sviluppare la propria versione di tecnologie quali i social network e i motori di ricerca, data la loro crescente importanza strategica.

D’altro canto la debolezza e dipendenza dell’Europa su questo fronte appare più che mai evidente.

 

MS