LA RIVOLUZIONE “COLTURALE” DA BIFO A BADIALE di G.P.

 

E’ proprio vero che in epoche di crisi e di sconvolgimenti sistemici fioriscono cialtronerie di ogni genere, immani abiezioni scandite profeticamente da pretacci baldanzosi i quali, in nome di una morale superiore, annunciano al mondo le buone ricette per le osterie del futuro.

Ma di taverna in cantina, di bettola in fiaschetteria, il giro sborniante prima poi prende una brutta piega. I seguaci stolti e passivi non hanno che da ricavarne il fegato a pezzi mentre i moralizzatori, falsamente indignati, eviteranno ancora il rogo liberandosi dei cenci indossati nelle migliori occasioni popolari.

E’ il triste déjà vu di una trama speculativa “ricamata di fiori retorici di begli spiriti, impregnata di rugiada sentimentale febbricitante di amore” (Marx), nella quale i dominati si sono già lasciati irretire troppe volte.

I dominati sono presi nella morsa e se da un lato devono guardarsi dai preti con la bandiera rossa, dall’altro vedono avanzare un’orda di “economisti, filantropi, umanitari, miglioratori della situazione delle classi lavoratrici, organizzatori di beneficenze, protettori degli animali, fondatori di società di temperanza e tutta una variopinta genìa di oscuri riformatori” (ancora Marx, signori miei!), i quali, senza mai discendere dal loro Olimpo “di classe” calano corde irraggiungibili sul popolo che annaspa.

Il variopinto club degli affabulatori e degli incalliti chiacchieroni rivoluzionari associa alla causa sempre le stesse facce di bronzo con la stessa voglia di prenderci per il culo.

Di frottola in frottola si coltivano il loro separato orticello di fedeli ai quali promettono cibi biologici a volontà e liberi rapporti sociali in libero allottment. Aguzzate le orecchie e deprimete il cervello che la fine del capitalismo è vicina, parola di frate Bifo da Bologna. Ecco cosa sostiene questo “essere” puro desiderio che da trent’anni annuncia la fine della barbarie: “Non ci sarà nessuna ripresa, parliamoci chiaro. Non ci sarà ripresa  perché la storia della crescita è finita. E’ finita non solo perché il sistema finanziario globale è entrato in un buco nero, non solo perché l’indebitamento occidentale ha mangiato la ricchezza delle prossime due generazioni, ma anche perché le risorse fisiche del pianeta sono esauste, esaurite. E anche le risorse psichiche dei lavoratori e della società intera sono al collasso.”  Qualcuno annoti la divinazione che il prossimo millennio sarà quello buono… Ma non è finita, occorre dimostrare al Capitale che sin da ora il popolo dell’esodo può fare a meno del suo comando: “Bisogna moltiplicare gli orti cittadini, creare le condizioni dell’autosufficienza alimentare della società dal capitale”. Voilà: dalla rivoluzione culturale alla coltura rivoluzionaria, roba da far cascare i meloni sotto ai piedi.

Ma concludiamo in bellezza citando, infine, dal vangelo secondo Badiale. Il comunismo, per costui, sarebbe caduto, in terra e in cielo, per un limite morale, ragion per cui solo “abbandonando tale errore morale” saranno, infine, spalancate all’umanità le porte di un mondo più giusto. In cosa consiste precisamente questo limite morale? Nella assenza di un’autentica convinzione, da parte degli uomini in lotta, circa il valore degli ideali che guidano le loro superiori aspirazioni.  Orsù, è arrivato il momento di un collettivo outing politico-morale con tanto di battimenti sul petto. I più arditi si servano pure del cilicio che tanto il comunismo è sempre a portata di pentimento.