La Russia punta su Belgrado di g.rèpaci

 

Nonostante gli occhi del mondo siano puntati su Belgrado per l’imminente ballottaggio presidenziale e la questione dello status del Kosovo, il presidente uscente Boris Tadic insieme al primo ministro Vojslav Kostunica il 25 gennaio hanno firmato un accordo energetico importante a Mosca. Gazprom Neft, braccio petrolifero della grande impresa statale russa Gazprom, acquisirà il 51% di Naftna Industrija Srbije (Nis), la più grande compagnia locale nel settore degli idrocarburi. Grazie a questo contratto i russi controlleranno due raffinerie, un gasdotto proveniente dalla Croazia e la quasi totalità delle reti di distribuzione nel paese balcanico. In cambio Gazprom si è impegnata a procedere a massicci investimenti infrastrutturali.

L’accordo, dal punto di vista dell’analista dei mercati oil&gas di Alfa Bank Konstantin Batunin, presenta i maggiori vantaggi per la parte serba, e come frequentemente accade è la ragion di stato a spiegare le mosse di Gazprom, assurta ormai a principale strumento della politica estera russa. Il primo fattore oggettivo di cui tener conto in questa analisi è la peculiare posizione internazionale di Belgrado. La Serbia dipende dalla Russia per il 90% degli approvvigionamenti di gas e la sua classe politica ha un forte bisogno di sostegno internazionale per scongiurare l’indipendenza del Kosovo, l’unica soluzione che gli Stati Uniti considerano  possibile per uscire dall’impasse legato alla definizione dello status della regione. La Ue, pur su posizioni più concilianti, ha motivo di ritenere che l’indipendenza di Pristina sia la posizione più plausibile: l’unico attore che può sostenere le ragioni serbe all’Onu rimane la Russia. La stessa incertezza relativa all’esito del ballottaggio presidenziale è evidentemente legata all’ex repubblica ribelle. Lo sfidante nazionalista Tomislav Nikolic ha impostato la sua campagna elettorale puntando proprio sull’opposizione all’indipendenza della regione a maggioranza albanese, costringendo Tadic ad un confuso gioco su più fronti: il presidente uscente infatti, se infatti da una parte è fortemente sostenuto dalla Ue che ha recentemente sbloccato il negoziato per l’accesso serbo, dall’altra deve mostrare all’elettorato di non aver intenzione di cedere sul Kosovo.

La situazione sul campo offre dunque a Mosca significativi vantaggi strategici. La forte dipendenza serba consente alla Russia di fare del paese ex jugoslavo il perno dei suoi progetti in Europa Orientale. È ben nota, in seguito all’avvio dei lavori per il gasdotto Vyborg-Greifswald (Northern stream), l’intenzione russa di rifornire direttamente i maggiori paesi dell’Europa Occidentale aggirando gli ex satelliti. I Cardini di tale strategia, oltre al già citato gasdotto baltico che ha coinvolto la Germania, sono l’accordo con la Francia per lo sviluppo congiunto da parte di Gazprom e Total del giacimento di Štokmanovsk e il Southern stream, progetto di Eni e Gazprom per portare il gas russo in Italia via mar Nero e penisola Balcanica. L’obiettivo dei russi è di ridurre in questo caso la convenienza economica del progetto Nabucco, fortemente sostenuto dagli Usa e dalla compagnia austriaca Omv, che punterebbero a portare in Europa il gas azero e turkmeno attraverso Georgia e Turchia. Tuttavia In seguito all’accordo Gazprom-Eni le prospettive del Nabucco sembrano sempre più illusorie, poiché già indebolite dal tramonto del gasdotto trans-caspico – progetto abbandonato grazie alle pressioni russe sul Turkmenistan e alla conseguente rinuncia di Enron e Bechtel, principali compagnie coinvolte – o dalla impraticabilità della via iraniana, percorso da sempre sostenuto da Shell e Omv ma incompatibile con le sanzioni americane contro la Repubblica Islamica. E proprio Omv è stata la maggiore vittima delle mosse di Gazprom, che grazie al supporto politico del Cremlino ha sottratto Nis al colosso austriaco sfruttando anche la rivalità energetica fra Austria e Italia, in competizione per diventare il principale hub europeo del gas. Col Southern stream, la Russia insomma, ha completato la sua manovra a tenaglia sul mercato europeo varando un progetto che evita il passaggio per l’Ucraina e scongiura la possibilità di realizzare il Nabucco. In tale gioco la Serbia rappresenta un paese chiave per lo sviluppo del tracciato, e la partecipazione serba al percorso è stata infatti inserita nell’accordo del 25 gennaio.

Dietro all’opposizione all’indipendenza del Kosovo la Russia nasconderebbe dunque il progetto ben più ambizioso di accrescere la propria posizione dominante sul mercato europeo dell’energia, scongiurando la futura concorrenza su tale mercato da parte di ex repubbliche sovietiche e riducendo eventuali ricatti da parte di ex satelliti attraverso i quali si estendono le rotte esistenti. Tale politica energetica sarebbe finalizzata ad accrescere le capacità russe nell’opposizione a eventuali ulteriori espansioni di Ue e Nato. Sarebbe dunque decisamente fuorviante scorgere nelle posizioni di Putin sul Kosovo i fantasmi di arcaismi panslavisti e di solidarietà spirituali fra Mosca e Belgrado. Prova ne sia il fatto che il Cremlino, memore delle vicende ucraine, stavolta sembra intenzionato a non interferire affatto con le elezioni, dando pari credito ad entrambi i candidati. La parola d’ordine per la pragmatica Amministrazione Russa è evitare imbarazzi e non rischiare di puntare sul cavallo sbagliato vista la grande incertezza del risultato. Un’eventuale vittoria del filo-europeo Tadic non costituirebbe un grosso problema per i progetti russi, dato che, chiunque sia il vincitore, non potrà prescindere dalla collocazione serba nel sistema internazionale.