L’AGGRESSORE E’ LO STATO EBRAICO di G.P.

 

I bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza, oltre ad aver mietuto un numero elevatissimo di vittime, hanno dimostrato che il concetto di proporzionalità tra difesa ed offesa (mettendo per un attimo da parte il fatto che l’offesa più grave resta l’indebita occupazione israeliana di territori appartenenti ad altri popoli) non è un criterio che attiene alla cosiddetta “unica e vera” democrazia dell’area Mediorientale. Già questo dovrebbe essere sufficiente a mettere in discussione i peana pro-Israele quale baluardo di democrazia che si difende dal terrorismo musulmano, lanciati dai galli canterini della stampa nostrana, sempre pronti a sacrificare l’ugola quando si tratta di intonare la musica che piace ai propri committenti americano-sionisti.

I nostri giornalisti codini (e non si salva nessuno, nemmeno Il Giornale che spesso, invece, si era aggregato alle dichiarazioni coraggiose di Berlusconi sulla politica internazionale, ma che in questo caso lascia volentieri la parola a pennivendoli sionisti come la Nirenstein, quasi ad attestare che il Cavaliere è circondato in casa propria) invocano quotidianamente il sostegno del “mondo civile” ad Israele perché da lì potrebbe partire la democratizzazione di tutta l’area. Peccato che il loro modo di democratizzare il mondo assomiglia molto alla conquista a mano armata e all’annichilimento dei popoli che proprio non sanno che farsene delle fantomatiche libertà occidentali. Semplicemente, la loro concezione del mondo non risponde ai canoni dei modernizzatori i quali, dopo i fasulli tentativi di compromesso e il ricorso alle armi della persuasione passano volentieri alla persuasione delle armi.

Ad Israele allora si concede tutto, anche di fare orecchie da mercante (è proprio il caso di dirlo!) riguardo alle risoluzioni ONU (credo siano più di una settantina, tutte puntualmente disattese dai vertici israeliani), che hanno condannato l’occupazione e la politica militare aggressiva dei vari governi ebraici, con quest’ultimi che reiterano i loro atti criminali per superiori ragioni di sicurezza interna e di preservazione del proprio spazio vitale.

Sappiamo che queste cose quasi non si possono più dire perché il circo mediatico dominante ha preventivamente stabilito che chiunque rivolga critiche allo Stato d’Israele è un nazistoide o, almeno, un antisemita da mettere in croce (e ci risiamo!). Ma noi, di quello che dice la stampa e l’editoria asservita al sionismo (in Italia quasi tutta, anche se per puro riflesso di servilismo alla potenza centrale dominante USA), ce ne freghiamo altamente.

Il regime nazista è stato definito, del tutto giustamente, uno dei più efferati della storia della civiltà per essersi reso responsabile dello sterminio sistematico – reale e totalmente da esecrare, senza dare adito ad alcun revisionismo storico, benché i numeri della shoa siano stati “ritoccati” in eccesso (en passant, vorrei ricordare che il popolo che ha subito più perdite durante la seconda guerra mondiale è stato quello russo, con circa 21.000.00 di vite umane sacrificate tra soldati e civili, 4-5 volte i morti israeliani) – degli ebrei. Tuttavia, è bene rammentare che quest’ultimo non è il genocidio più grave che abbia mai avuto luogo e nemmeno il più recente. Il senso di colpa degli Europei, per quanto accaduto prima e durante la seconda guerra mondiale, è ormai solo un pretesto per non mettere discussione i rapporti di forza consolidati che vedono il vecchio continente legato agli Usa e, di rimando, al suo giannizzero mediorientale Israele. Ma la realtà odierna permane con tutto il suo peso: i perseguitati di ieri si sono trasformati nei carnefici di oggi.

Eppure, l’Europa non ha la stessa resipiscenza per gli eccidi commessi in America e in Africa (dove oltre alle responsabilità dirette della stagione colonialista vi sono quelle indirette tutt’oggi operanti, con il sostegno dato ai regimi corrotti e ai signori della guerra), in quanto quelle popolazioni non sono state mai in grado di far gravare sulla coscienza europea le grandi atrocità subite.

Se poi pensiamo che la più grande democrazia del mondo (gli Stati Uniti) è nata da un olocausto senza precedenti nel quale è stata sterminata circa il 90% della popolazione indiana (il dibattito è aperto ma si sostiene che tra il 1500 e il 1550 la popolazione autoctona, in tutto il continente, si fosse già ridotta di 70 milioni di unità, passando da 80 milioni a 10 milioni), allora capiamo come il più forte possa permettersi di scrivere e riscrivere la Storia e di far prevalere il suo sistema etico.

Tornando alla questione palestinese, dobbiamo ribadire che esiste una Risoluzione dell’ ONU (la 242) la quale ha imposto (solo a parole) allo Stato di Israele di ritirarsi dai territori occupati nel 1967. Nonostante la Comunità Internazionale, con questo atto, si sia espressa chiaramente con una condanna definitiva, gli Stati Uniti e l’Europa continuano a sostenere il governo sionista, il quale trova così una legittimazione duratura alla perpetrazione della sua politica colonialistica con occupazione dei territori altrui, costruzione di insediamenti, e depredazione generalizzata delle risorse naturali ivi presenti nonchè, naturalmente, bombardamenti a tappeto.

 

Tutto quello che succede sui territori palestinesi è l’esempio emblematico di ciò che si nasconde dietro la democrazia e dietro la volontà di "estendere" tale sistema politico a tutto il mondo. Mentre in nome di essa si commettono i crimini più orribili gli sciocchi pacifisti e social-rivoluzionari di casa nostra tentano ancora di recuperare tale concetto ai suoi presunti significati universali e originari, per così rimettere l’umanità sulla via della libertà e della solidarietà tra i popoli. Ma chi non capisce che tale idea deve essere integralmente abbandonata, in quanto ormai indissolubilmente legata al suo significato contemporaneo (che non ha nulla a che fare con il suo etimo antico) sostiene, pur se indirettamente, chi pretende di combattere. Per cui, in nome dei popoli che resistono mettiamo da parte la morale ed agiamo con più scaltrezza, almeno laddove possibile.