L’agonia della sinistra, di A. Terrenzio

Dugin

 

La sinistra attuale vive in questa fase storica una delle sue crisi maggiori non solo in termini di consenso popolare, ma soprattutto in termini ideologici.

Sono praticamente innumerevoli gli esempi di una degenerazione politico-culturale che permea la sinistra dalla base ai suoi vertici. Gli eredi del vecchio PCI hanno subito una mutazione antropologica che non sembra avere precedenti nella Storia. La parte politica deputata alla difesa delle classi lavoratrici e dei ceti popolari si é trasformata in un “monstre” irriconoscibile, parte organica dell’ideologia dominante. Tale mutazione antropologica è stata metabolizzata dai media main stream ed è rivendicata con orgoglio dai suoi esponenti o pseudointellettuali, i quali non lesinano insulti e disprezzo per chi osa pensarla diversamente.

Federico Rampini e Carlo Freccero sono tra i pochi ad aver preso coscienza di tale degenerazione. L’inviato di Repubblica con il suo corrosivo pamphlet “La notte della sinistra”, sviscera tutti i luoghi comuni e le contraddizioni  di una sinistra diventata sostenitrice del partito di Davos, che si mobilita solo per i migranti e dimentica i “penultimi”, sostiene il nazionalista travestito da europeista Macron,  assume le difesa di qualunque causa antinazionale, si tratti del rispetto delle leggi dell’austerità UE o delle ragioni dei mercati.  Una sinistra,  che per dirla con una battuta del giornalista:” E’ passata da Gramsci ad Asia Argento”.

Carlo Freccero, consigliere della Rai, si interroga sulle ragioni dei populisti, demonizzati dal ceto medio semicolto residente nei centri delle grandi città, ed accusa la sinistra di essersi ridotta a “pensiero unico”, promotrice di una “democrazia elitaria” che vanta la pretesa di educare popolo a votare correttamente. “Nel 1968 avevo vent’anni ed ero di sinistra. Cosa significava allora essere di sinistra? Credere nella lotta di classe e nella coscienza di classe. Nessuno pensava allora che nel popolo ci fosse qualcosa di sbagliato,  che le élite dovevano ‘raddrizzare’ per il bene del popolo stesso. Era il popolo che, assumendo coscienza, poteva e doveva guidare la società. E’ questo concetto, prima che di sinistra, è democratico. Che cosa è oggi la sinistra? Essere politicamente corretti. Accettare il pensiero unico in maniera acritica e credere, presuntuosamente che, in quanto detentrici del pensiero unico, le élite devono guidare un popolo ignorante e rozzo, irritante per la sua mancanza di educazione”.

Nonostante il riposizionamento di tali intellettuali e giornalisti o quantomeno il tentativo di autocritica e revisione interna, tali voci non riescono ancora a sfondare il muro del politicamente corretto. La sinistra nostrana, dal PD al mondo dei salotti televisivi, rimane pressoché impermeabile a qualsiasi tentativo di confronto con la realtà, grida al ritorno del Fascismo in prossimità di qualsiasi appuntamento elettorale, perché non ha più idee e preferisce demonizzare ed insultare gli avversari, che  confrontarsi sui temi. Per essa il fatto che i ceti subalterni, come sottolineato da uno dei suoi intellettuali engagé, Gad Lerner, votino in massa Salvini, è soltanto segno che ad esprimere tale preferenze siano gli illetterati. Un disprezzo di classe che non ha nemmeno più la decenza di nascondersi e che si mostra in tutta la sua arroganza. Non si trovano opinioni diverse anche tra i maggiori filosofi di grido, come Galimberti o Cacciari, che alle loro dotte ed illuminate riflessioni di filosofia politica, contrappongono le posizioni del pensiero unico dominante: accoglienza dei migranti come fenomeno “naturale” ed irreversibile, deriva populistiche delle democrazie, accettazione dell’ordine neoliberista con l’inderogabilità delle riforme strutturali che l’UE, che per quanto sbagliata , resta il migliore dei modelli possibili. Arginare il ritorno dei nazionalismi, forieri di distruzione e barbarie, é il mantra usurato che gli alfieri della liberal-democrazia ripetono ossessivamente. Galimberti recentemente si è proteso in una difesa vergognosa di Elsa Fornero e ha più volte ripetuto che chi vota la Lega ed solo un ignorante.  L’ex sindaco di Venezia, in un incontro svoltosi a Foggia recentemente, dal titolo “Ragioni e crisi dell’Europa”, ha parlato della necessità di costruire un Continente federato in grado di affrontare le sfide che caratterizzeranno il mondo multipolare. Peccato che il nostro barbuto filosofo, si sia dimenticato del fatto che l’UE è ancora sotto protettorato americano e che i nazionalismi da lui paventati, siano ben rappresentati da Macron e dalla Merkel, europeisti nella misura in cui ciò può rivelarsi funzionale ai loro interessi.

Come al solito non viene fuori una riga di critica seria e ragionata su questa UE e dei suoi valori fondanti, li si accetta in blocco o al limite si mostrano critiche marginali, che fungono solo da copertura ad una irriformabilità sostanziale del modello neoliberista.

Sorvoliamo invece sulle posizioni dei Saviano, Murgia, Raimo, perché abbiamo citato gli intellettuali..

La sinistra che censura

Non sono bastate le censure dei libri al Salone di Torino di editori fuori dal circuito politically correct a fermare i gendarmi orwelliani del pensiero unico. A finire nel tritacarne della censura liberal è stato anche Alexander Dugin, il filosofo russo autore della “Quarta teoria politica”. L’Università di Messina ha impedito lo svolgimento di un incontro con il filosofo eurasiatista con l’accusa, manco a dirlo, di Nazismo e di vicinanza al presidente Putin.

Inutile cercare di spiegare ai paladini della “democrazia selettiva”, che le teorie di Dugin siano quanto di più lontane dell’etnocentrismo e che i suoi lavori si basino sugli studi di Martin Heidegger e Carl Schmitt. Oggetto dei suoi studi sono la crisi della società liberale ed individualista, la proposta di un modello eurasiatico che raccolga l’Europa, la Russia e l’Iran. Non molto tempo fa, anche il filosofo francese Alain de Benoist ed il giornalista Marcello Veneziani, hanno ricevuto un trattamento simile. Sempre in Sicilia, questa volta ad Agrigento, al giornalista pugliese, venne impedito da una cricca di psicoanalisti, di presentare il suo libro sul Mito,  censurato e bollato con la consueta accusa idiota di “diffondere idee di estrema destra”.

Un clima irreale da caccia alle streghe, con atti di censura odiosi, che non generano nessun senso del ridicolo nei loro promotori.  Al contrario, essi vengono rivendicati con orgoglio, con la giustificazione assurda di evitare la diffusione di idee generatrici di odio e xenofobia. La stessa logica che ha spino il vicedirettore del Corriere della sera, Federico Fubini, a censurare la notizia di 700 bambini greci morti per denutrizione ed austerità, pur di non far un piacere ai sovranisti.

Boicottaggio e censura, applicati sistematicamente verso coloro che sostengono critiche al modello neoliberale e mondialista. “E’ il politicamente corretto, bellezza”, ed ha il volto livido ed isterico dei ‘guardiani del pensiero unico’, espressione dello stato degenerativo di una pseudocultura che si fa più ottusa, nella misura in cui si rende più refrattaria al confronto.

Tali cortocircuiti interni all’area progressista, sono le prime avvisaglie di una sinistra ormai allo stadio terminale, incapace di reggere il peso delle proprie contraddizioni. Le defezioni ed il ripensamento di alcuni intellettuali su posizioni sovrapponibili al pensiero sovranista, vanno appunto letti come segni di crisi dalla quale, come sempre accade, sono i più furbi ed avveduti ad abbandonare la nave quando essa sta per affondare.