LE PMI E LA CRISI ECONOMICA di M. Tozzato

 

Sul Sole 24ore del 07.12.2008 l’economista Marco Vitale parla dei suoi incontri con varie aziende e imprenditori della Lombardia e dell’Emilia, incontri avvenuti a porte chiuse per discutere sia sul modo per affrontare al meglio la crisi mondiale che, anche, sulle prospettive più generali – in riferimento alla situazione italiana – dell’attuale fase della recessione globale. Vitale incomincia con una breve panoramica:

<<Mi ha colpito riscoprire, con gioia, la straordinaria varietà economica e imprenditoriale del nostro territorio. Nel giro di relativamente pochi chilometri si passa dal tessile della Val Seriana alle modernissime forge della Val Camonica,  degne eredi di una tradizione millenaria, ai produttori di armi della Val Trompia, quelli per i quali già nel 1625 il capitano di Brescia Vallaresco scriveva al Senato bresciano che qui, con “l’acqua, il ferro, il carbone, ci sono gli operai più eccellenti, si può dire, del mondo”; alle raffinatissime macchine confezionatrici di Bologna; all’economia di Modena che, al di là dell’eccellenza meccanica simbolicamente rappresentata dalla Ferrari, è talmente diversificata e ricca di tradizioni eccellenti (comprese quelle gastronomiche) che non si sa da dove cominciare l’analisi e dove ritrovo una banca popolare capace, secondo i vecchi principi, di stare veramente vicino alle “sue” imprese locali; sino al grande filone dell’agro-alimentare della provincia cremonese che, ancora per tutto il 2008, non dà segni di debolezza, basato come è su prodotti eccellenti che hanno davanti a sé un enorme potenziale. Noi sappiamo ancora lavorare di maglio, di ago, di zappa, di tornio e ce la caveremo bene. E, per favore, basta fare terrorismo !>>

La prima impressione è quella che il nostro economista ci voglia iniettare una consistente dose di ottimismo riguardo alle virtù della piccola e media impresa in Italia, comprese le aziende di servizi. Alcune di esse paiono legate proprio  al settore primario ovverosia a quello in cui l’innovazione tecnologica risulta a minore intensità e con un relativo impatto sul valore aggiunto del nostro sistema-paese. D’altra parte non ci sentiamo di affermare che il valore e le prospettive di questo tessuto imprenditoriale sia da sottovalutare; vorremmo soltanto avere la possibilità di sentire l’opinione di qualche altro esperto che ne dia una altrettanto competente valutazione.

Ma ecco che l’economista riassume, in una serie di punti, la “ricetta” emersa dagli incontri di cui si è parlato sopra:

<<Ma dopo aver respinto i terroristi bisogna ricominciare a pensare. Numerosi sono i temi emersi nel corso degli incontri:

         le imprese devono comunque abbassare il punto di pareggio, per non essere costrette a legare la sopravvivenza sempre e solo alla crescita, che può anche, per periodi più o meno lunghi, mancare

 

         le imprese devono diventare più flessibili nell’organizzazione del lavoro, per poter adattarsi al mutare delle circostanze esterne. Qui un rinnovato discorso con quei sindacati che non coltivano una politica oltranzista è indispensabile

 

         le imprese devono andare con coraggio e determinazione all’attacco dei nuovi mercati

 

         le imprese devono avere una struttura finanziaria solida per resistere nei buoni e nei cattivi tempi. Questo è il caso delle imprese medie e medio-grandi, secondo le statistiche Mediobanca, che mostrano una situazione ottima (e questa è una delle differenze fondamentali tra questa crisi e altre del passato, soprattutto quella degli anni 70). Tale non è invece la situazione delle piccole imprese che vivono sul lavoro imprenditoriale più che sul capitale. Qui è necessario un grande sforzo congiunto tra banche, associazioni imprenditoriali (come ha fatto ad esempio la Confindustria di Bologna), Confidi (1), per assicurare loro il credito corrente. In un economia di mercato il credito non è un optional, è un diritto.

 

Quanto agli interventi necessari per correggere la rotta i più condivisi sono i seguenti:

 

         bisogna alleggerire in modo consistente e permanente il peso fiscale sui nuclei familiari a più basso reddito. Bisogna togliere l’Irap sulle piccole imprese aggredendo la spesa corrente con un taglio formidabile a tutte le mafie, caste, associazioni parassitarie, costi dell’apparato parlamentare e di governo che tengono inchiodato il nostro meraviglioso Paese. Lo so che è difficile. Ma qui sta tutta la differenza tra fare politica e fare elemosine

 

         bisogna attivare tutti gli investimenti possibili e utili in infrastrutture per aumentare la produttività del sistema e la qualità della vita. Per fare questo non possiamo aspettare che il debito pubblico diminuisca. Quindi gli investimenti non devono gravare sul bilancio pubblico, ma devono essere finanziati sul mercato con il ricorso al risparmio che non aspetta altro che qualcuno gli offra la possibilità di investire con capitale garantito dallo Stato e con un rendimento equilibrato.>>

 

Per concludere provo ad aggiungere qualche mia piccola osservazione. Per quanto riguarda il secondo punto mi pare che, tutto sommato, l’attuale legislazione sul lavoro permetta – salvo alcune limitazioni sulla “giusta causa” per licenziare che mi pare, comunque, più “teorica” che “reale” – una notevole “flessibilità” nel rapporto di lavoro; se poi si vuole far riferimento alla cosiddetta “produzione snella” di cui si è parlato e straparlato negli anni Ottanta (del XX° secolo) lo si dica però chiaramente. Sul quarto punto, se effettivamente la situazione finanziaria è “critica” quasi esclusivamente per le piccole imprese, mi rimane qualche perplessità per questo presunto “diritto al credito” considerando che i piani di salvataggio vengono esplicitamente giustificati per i problemi che riguardano le grandi e “grandissime” imprese. Infine, nel punto cinque, sembra scontata la conclusione che qualora non si sia in grado di debellare i mafiosi e i “parassiti” saranno i lavoratori dipendenti e autonomi – quelli che non rientrano nella categoria del basso reddito – a pagare maggiormente perché sarebbe ridicolo pensare che la tosatura possa riguardare i grandi redditi e capitali e visto che la piccola impresa (quale?) deve essere aiutata. Nella matematica “elementare”, quella della vita quotidiana, 2 + 2 fa “quasi” sempre 4.

 

(1)   Confidi. Consorzio di garanzia collettiva fidi. Organismo istituito per offrire una garanzia accessoria e quindi favorire l’accesso al credito da parte delle imprese associate (normalmente artigiani, piccole e medie imprese ecc.). Il primo Confidi artigiano è sorto a Roma nel 1958. [Da le Garzantine: Finanza – 2005]

 

Mauro Tozzato                  08.12.2008