L’EVIDENZA SCIENTIFICA, UNA DELLE TANTE ARROGANTI FALSITA’ (di GLG)

gianfranco

Effettivamente di questi tempi si moltiplicano le occasioni di irritazione. In genere dovute alla presunzione e arroganza di determinati settori, che sono continuamente sulla stampa, sugli schermi televisivi, ecc. In questa sede, mi riferisco alle continue sparate di pseudo-scienziati che tranciano di netto ogni discussione con l’ossessiva ripetizione di una sentenza: “l’evidenza scientifica ci dice che questo o quell’altro s’ha da fare”. Chiunque manifesti dubbi su tale “dichiarazione senz’appello” è tacciato da incolto, incivile, addirittura pericoloso per la convivenza sociale; più o meno quanto un criminale o uno psicopatico gravemente ammalato. Data la lunghezza che dovrebbe assumere questo scritto, preferisco qui soltanto citare un paio di “cosette” e poi semmai ne ridiscuterò in un mio video. E’ bene che le “cosette” restino scritte, poiché si tratta di due bei passi di Max Weber tratti da “La scienza come professione”. Ci si rinfranca nel leggere questo breve testo, chiara prova che l’essere umano sa anche essere intelligente (o almeno lo sapeva essere un secolo fa). E allora leggiamo insieme (sostituisco il maiuscolo al corsivo, che non mi salta fuori in FB):

<<<Un’opera d’arte veramente “compiuta” non viene mai superata, non invecchia mai; l’individuo può attribuirvi personalmente un significato di diverso valore; ma di un’opera realmente “compiuta” in senso artistico nessuno potrà mai dire che sia “superata” da un’altra pur essa “compiuta”. Viceversa, ognuno di noi sa che, nella scienza, il proprio lavoro dopo dieci, venti, cinquant’anni è invecchiato. E’ questo il destino o, meglio, è questo il SIGNIFICATO del lavoro scientifico, il quale, rispetto a tutti gli altri elementi della cultura di cui si può dire la stessa cosa, è ad esso assoggettato e affidato in senso assolutamente specifico: ogni lavoro scientifico “compiuto” comporta nuovi “problemi” e vuol invecchiare ed essere “superato”. A ciò deve rassegnarsi chiunque voglia servire la scienza, Senza dubbio vi sono opere scientifiche che possono conservare durevolmente la loro importanza come “mezzi di godimento” a causa delle loro qualità artistiche, oppure come mezzi per educare al lavoro [scientifico ovviamente; ndr]. Ma esser superati sul piano scientifico è – giova ripeterlo – non solo il nostro destino, di noi tutti, ma anche il nostro scopo. Non possiamo lavorare [scientificamente; ndr] senza sperare che altri si spingeranno più avanti di noi. In linea di principio, questo progresso tende all’infinito. E con ciò siam giunti al PROBLEMA DEL SIGNIFICATO (SINNPROBLEM) della scienza>>>.

E da qui inizia un discorso abbastanza lungo appunto su tale significato. Il passo comunque mi sembra assai chiaro e mostra qual è l’atteggiamento di “umiltà” di un vero scienziato, che non ciancia ogni secondo momento di “evidenza scientifica”. E andiamo all’altro bel passo:

<<<Che la scienza sia oggi una “professione” SPECIALIZZATA, posta al servizio della coscienza di sé e della conoscenza di situazioni di fatto, e non una grazia di visionari e profeti, dispensatrice di mezzi di salvazione e di rivelazioni, o un elemento della meditazione di saggi e filosofi sul significato del mondo, – è certamente un dato di fatto inseparabile dalla nostra situazione storica, al quale, se vogliamo restar fedeli a noi stessi, non possiamo sfuggire. E se di nuovo sorge in voi il Tolstoj a domandare: “se dunque non è la scienza a farlo, chi risponde allora alla domanda: che dobbiamo fare? E come dobbiamo regolare la nostra vita?”, oppure, nel linguaggio che testé abbiamo usato: “quale degli Dèi in lotta dobbiamo servire? O forse qualcun altro, e chi mai?”, bisogna dire che la risposta spetta a un profeta o a un redentore. Se questi non è fra noi o se il suo annuncio non è più creduto, non varrà certo a farlo scendere su questa terra il fatto che migliaia di professori tentino di rubargli il mestiere nelle loro aule, come piccoli profeti privilegiati o pagati dallo Stato. Ciò servirà soltanto a nascondere tutta l’enorme importanza e il significato del fatto decisivo, che cioè il profeta, che invocano tanti della nostra più giovane generazione, NON ESISTE. L’interesse di un uomo veramente “musicale” in senso religioso non sarà mai e poi mai soddisfatto, io credo, dall’espediente per cui si cerca di nascondergli con un surrogato, come sono tutti questi falsi profeti in cattedra, il fatto fondamentale che il destino gli impone di vivere in un’epoca senza Dio e senza profeti. La serietà del suo sentimento religioso dovrebbe, mi sembra, ribellarvisi.>>>.

Come ho già detto, riservo i commenti (eventualmente) ad altra occasione perché dovrei dilungarmi molto. Intanto si leggano i passi riportati, che mi sembrano già sufficientemente chiari nel condannare ogni certezza indiscussa (e indiscutibile da parte dei “profani”, che non hanno nemmeno una cattedra di materie scientifiche) come essa si manifesta, con somma arroganza, nella frase: “l’evidenza scientifica obbliga a questo e a quel comportamento, senza alcuna obiezione o dubbi in proposito”.