LIMITARE LA “DEMOCRAZIA SOVRANA” di Red

 Da tempo questo blog lavora a supporto dell’ipotesi che la fase che stiamo attraversando a livello di conflitto fra le formazioni sociali (in sostanza paesi) sia del tipo “multipolare”, appena (in termini storici) precedente a quella di scontro effettivo (denominata “policentrica”). Collaterale a questa ipotesi è la constatazione che il campo del conflitto principale, in questa fase,  non è tanto quello fra USA e Cina bensì quello fra USA e Russia. L’opinione di un certo Michael Bohm uscita recentemente sul The Moscow Times  chiarisce in modo molto esplicito i termini di questo specifico conflitto e quindi ci aiuta a seguire meglio l’evoluzione della fase che stiamo attraversando. La riporto in estrema sintesi (per chi volesse l’articolo intero in inglese sappia che ne posseggo solo copia cartacea).La categoria di “democrazia sovrana” è stata utilizzata nel 2006 per primo da Vladislav Surkov primo vice-capo dello staff del Cremlino: l’occidente non deve intromettersi negli affari interni della Federazione Russia, con particolare riferimento alla questione dei cosiddetti “diritti umani”. La Russia sta costruendo il suo proprio “tipo” di democrazia e non ha bisogno di lezioni dall’Ovest. Concetto ripreso più di recente da Putin nel dicembre scorso nella sua intervista alla CNN/Larry King.

Nella stessa direzione è andato lo sfogo di Putin, a proposito dell’intervento ONU in Libia, quando lo ha definito una “crociata medioevale” ed ha accusato l’occidente di immischiarsi negli affari interni di una nazione sovrana.

La posizione statunitense, esplicitata da Bohm, contesta alla radice tale assunto: La carta dell’ONU all’art. 42 approva interventi militari internazionali contro la sovranità degli Stati, qualora i mezzi pacifici si siano dimostrati inutili e se necessari per mantenere o ripristinare la pace e  la sicurezza internazionale.

Perché il conflitto libico è una questione di pace e sicurezza internazionale? Per le seguenti tre ragioni, secondo Bohm:

Perché Gheddafi è stato accusato di impiegare mercenari, usare mine antiuomo contro civili e ordinare di uccidere civili e per questa ragione è stato deferito al Tribunale Internazionale (Risoluzione ONU N.1970, votata anche dalla Russia). Questa risoluzione sposta i fatti libici sotto la giurisdizione internazionale, rendendola “a priori” una questione di “pace e sicurezza internazionale”.

Perché l’esodo di migliaia di profughi crea una ipso facto una “crisi umanitaria”.

Perché il passato “criminale” (sic) di Gheddafi è di per sé una minaccia alla “pace e sicurezza internazionale”.

Insomma secondo l’ideologia dominante filo-USA,  il paradigma post-bellico (II.a guerra mondiale) è chiaro: la comunità internazionale sotto gli auspici dell’ONU ha il diritto di intervenire secondo la legge internazionale e secondo la dottrina della Responsabilità di Proteggere, tutte le volte che una nazione sovrana commette crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio o pulizia etnica.

Ma la questione dei diritti umani è  molto più estesa di quella dei crimini di guerra e dei genocidi. Per esempio, parlando di Russia, vi ricadono i casi di Sergey Magnitsky e di Khodorkovsky come esempi di abuso ed utilizzo selettivo della legge. Così come vi ricade il dato secondo il quale circa il 30% dei casi affrontati dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, si occupa di cittadini russi che prevalgono nel 95% dei casi contro lo Stato russo (circa 40.000 cittadini russi vincenti causa). Lo show down si avrà se e quando la Corte darà ragione alla Yukos nella sua causa da 98 miliardi di USD contro il Governo russo.

Ciò dimostra, secondo Bohm,come limitare la democrazia sovrana russa sia un “imperativo morale”.

Ora, a me è sembrato molto significativo l’utilizzo apertamente strumentale che Bohm fa dei termini giuridici inerenti alla carta dell’ONU (che leggendo questo articolo assumono definitivamente l’aspetto della “legge dei vincitori”): è plateale come ormai le guerre non si “dichiarino” più, ma si facciano solo dopo un’accurata predisposizione del contesto di legittimità previsto dalla Carta dell’ONU che le rende de iure giuste ed umanitarie. Da qui la necessità di creare l’effetto annuncio per cui le azioni di intelligence devono avere la maschera della “ribellione popolare”, si deve ottenere un esodo di poveracci che possano essere definiti profughi (che poi lo siano veramente, diventa un problema della nazione ospitante, da risolvere con qualche aiuto economico), qualsiasi reazione militare della nazione sovrana sia bollata come crimine di guerra, contro l’umanità, fino al genocidio. Come ironizzava Carl Schmitt, il pensare per valori, in base al principio che il fine giustifica i mezzi, “consente di ripagare il Male con il Male, trasformando così la nostra terra in un inferno, ma l’inferno in un paradiso dei valori”. Nella guerra giusta legittimata dall’ONU “ogni riguardo nei confronti del nemico viene a cadere, anzi diventa un non-valore non appena la battaglia contro il nemico diventa una battaglia per i valori supremi” (1).

Ma ancora più significativo, per la comprensione della tendenza (vettore di composizione principale direbbe La Grassa), mi sembra il fatto che su un giornale che si pubblica in Russia in lingua inglese, da parte di una sedicente associazione di media indipendente, si critichi la presa di posizione di Putin, di Surkov e di Zorkin svolta nel nome di una democrazia sovrana, bollandola come non corrispondente al paradigma ONU. E si appoggia apertamente l’azione della Corte Europea dei Diritti Umani a favore della demolizione di tale sovranità. Tutto questo a partire dalla questione libica: come se si volesse indicare esplicitamente l’obiettivo finale e centrale delle guerre nordafricane e mediorientali.

Il più o meno contemporaneo annuncio del mancato accordo fra Ucraina e Russia sul prezzo del gas e più in generale su una integrazione dell’Ucraina nell’ambito CIS, sottolinea l’efficacia della energica azione di contrasto che l’EU sta conducendo verso la Russia.

Anche la nomina del neo-Presidente all’ENI non favorisce la politica di accordi privilegiati fra ENI e GAZPROM: un ex General Electric (turbine e compressori) ha già mangiato “pane e cicoria” con gli USA tutti i giorni. Tanto più questo conterà quando si dovrà decidere se mettere e quali turbocompressori lungo il Southstream.

Tutti segnali di debolezza.

Red

Roma, aprile 2011

Note: (1) DaLa tirannia dei valori – di Carl Schmitt – Adelphi ed. 2008 – Una lettura che si consiglia a tutti, in particolare ai PM ed aspiranti tali