LOTTA AL “TERRORISMO” E INDIPENDENZA NAZIONALE

europa

 

In genere, non torno sul “luogo del delitto” (questa volta in senso proprio), ma sono costretto a farlo perché oggi sono incazzato a furia di sentire idiozie. Di fronte al cosiddetto “terrorismo”, che colpisce piuttosto duramente, debbo sentire, da una parte, invocare demenzialmente la tolleranza e addirittura l’integrazione come mezzo per sconfiggerlo; che cos’è, la nuova versione del “porgere l’altra guancia”? In questo delirio si distinguono i “progressisti” (cioè i semicolti detti ancora “di sinistra”; forse hanno danneggiato il lobo sinistro del cervello?) e perfino i vertici della Chiesa di cui un tempo stimavo l’intelligenza (anche politica), pur magari considerandoli avversari. Dall’altra parte, quella che si definisce “di destra”, che devo udire? Belve islamiste, bastardi, guerre di civiltà (su Oriana Fallaci ho già espresso un tempo il giudizio, quando era in vita; adesso rispettiamo la morte).

Ho già scritto che non vi è, almeno da parte mia, nessun invito ad una qualsiasi comprensione nei confronti di chi viene a casa nostra ad accopparci. Anzi, sarei per i metodi più spicci possibili al fine di eliminare tutti quelli che si sospettano nutrire l’intenzione di compiere eccidi. Detto questo, non si possono tacere le responsabilità di chi ha alimentato queste forme di violenza nell’ambito di una politica internazionale assai complessa e di cui, in effetti, non è facile afferrare al meglio le varie mosse che, a volte, possono apparire controproducenti per chi le compie. Le “pessime” intenzioni – in funzione egemonica, di messa in difficoltà degli avversari (anche potenziali), di impedimento ai movimenti euroscettici e altre cose ancora – di almeno importanti centri strategici statunitensi sono difficilmente dubitabili. E così pure quelle di paesi che hanno comunque velleità di subpotenze o di subordinati preferenziali rispetto agli Usa, con l’intenzione di esercitare un buon influsso in aree di importanza strategica come ad es. il Nord Africa e il Medioriente; e forse, in prospettiva, il Caucaso o altre zone a sud-est dell’Europa.

Ho già rilevato in passato che, quando si mettono in piedi organizzazioni del tipo di Al Qaeda e oggi, ancor peggio, l’Isis, dobbiamo comprendere che sarà un ristrettissimo gruppetto di vertice di tali organizzazioni a conoscere abbastanza bene gli accordi intercorsi con coloro che se ne servono (centri statunitensi in testa). La massa dei militanti deve essere fortemente convinta della lotta (per il proprio “Dio”) che sta combattendo con sacrificio della vita (spesso mediante suicidio); e deve anche assistere a determinati “trionfi”, a perdite inflitte al nemico ideologico, alle grida di vittoria e di “morte all’infedele”. Tutto questo crea – per i “committenti” e i vertici supremi delle organizzazioni “terroristiche” – la necessità di qualche concessione alla tracotanza dei “fedeli”; concessione attuata più che altro mediante buone dosi di lassismo e perfino tramite ostacoli frapposti al funzionamento dei Servizi d’ordine nei paesi “attaccati”. E dove anche tali Servizi non devono sapere (se non in pochissimi, da contarsi sulle dita di una mano) degli accordi tra i vertici ristretti dei paesi “committenti” e degli organismi fomentatori del “terrore”.

Non vi è dubbio che in alcuni paesi europei (per favore, lasciamo perdere l’“Europa Unita” che è ormai una “bufala” di vertiginosa grandezza!), e in particolare nel nostro, sarebbe necessario un cambiamento totale di “regime”, da leggersi certo come “antidemocratico”, con poteri speciali a dati gruppi dirigenti. Ovviamente, fra gli altri compiti di tale “regime”, non potrebbero non esserci quelli della lotta ad oltranza e con metodi di estrema violenza contro i “terroristi”. Solo occorrerebbe pure, nelle élites del “nuovo regime”, la piena consapevolezza di chi sono i “committenti” (principalmente dati settori americani) e quindi la decisione di spostare le alleanze internazionali “verso est”. E ad est (in definitiva in Russia) ci si dovrebbe impegnare a rafforzarsi sul serio, a ridurre di molto i colloqui (mascherati da perfino rudi attacchi “ufficiali” reciproci) con gli “occidentali” (gli Usa in particolare), prendendo assai più in considerazione i rapporti con le forze antiamericane e indipendentiste (ma che lo siano con convinzione e non in modo diversivo) esistenti in dati paesi europei; addirittura aiutando magari queste forze a svilupparsi e rafforzarsi.

Basta dunque immigrazione selvaggia, tollerata (e direi favorita) soprattutto dai servi degli Stati Uniti; lotta violenta e senza remissione contro i cosiddetti “terroristi”, con metodi tutt’altro che “umanitari”. Tuttavia, ben sapendo che tutto ciò mira soprattutto a ben utilizzare la paura, che ormai provano le popolazioni europee, per ottenere da esse pieno appoggio all’instaurazione di regimi di “combattimento”. Tuttavia, i vertici di questi ultimi non devono essere formati dai servi degli Usa, bensì da chi ha consapevolezza che ambienti importanti di tale paese sono i mandanti delle organizzazioni “terroristiche” islamiche. Con l’appoggio delle popolazioni impaurite si potrebbe magari mettere in piedi un movimento che spazzi via tutti i buonisti (e dementi dell’integrazione) e che, alla fine, serva allo scopo fondamentale da porsi in quest’epoca di sempre maggiore caos: l’indipendenza di alcuni decisivi paesi europei e la formazione di alleanze internazionali che facciano andare avanti il multipolarismo con indebolimento progressivo della predominanza statunitense. Su questa strada ci si dovrebbe mettere. E la lotta al “terrorismo” a questo fine “ultimo” dovrebbe mirare.