MEMENTO GOLDMAN & C. a cura di GLG

 

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Il giorno di ferragosto non è il più indicato per inserire questo piccolo dossier, che magari poi metteremo nel sito “a futura memoria” (bisognerà anzi cominciare a comporre altri dossier “della memoria”). Gli articoli sotto riportati (due in Pdf, qui  a fianco, tratti da Libero di ieri) non abbisognano di molti commenti. Tutto è chiaro. Sottolineo oltre a quello della Goldman i nomi di Draghi e di Ciampi. Quest’ultimo, oltre ad essere stato Presdelarep (immagino per i “meriti” che risultano da quanto sotto riportato), è stato costantemente il “tubo d’ossigeno”, assieme a Scalfaro (Andreotti e Cossiga si sono a volte astenuti), dell’ultimo Governo Prodi, salvato al Senato spesso da uno, massimo due voti di maggioranza (fornitigli dai senatori a vita). Si tratta quindi di tutti uomini di sinistra (così ancora chiamata non per colpa mia) così come lo sono gli “amici della Goldman” (vedi uno dei due Pdf), a parte Gianni Letta (che lo è stato per poco).

Ricordo però un particolare che qui non risulta. Quando fu svenduta (e privatizzata) la Telecom – dandola ai “capitani coraggiosi” di dalemiana memoria (allora costui era al Governo) con dietro capitali “lussemburghesi” non ben conosciuti nominativamente – era Direttore del Tesoro (cioè la “mano pubblica”, importante per concludere la svendita) il dott. Draghi. Pochi ricorderanno che Bernabé (ad della Telecom) s’infuriò (per un giorno) perché il Tesoro si assentò dalla riunione decisiva, favorendo l’azione governativa a favore dei suddetti “capitani coraggiosi”. Minacciò rivelazioni, ma poi “cane non mangia cane”, Bernabé non mi sembra sia finito tanto male; quindi tutto finì, come sul dirsi, “a tarallucci e vino”. Salvo che per il paese. Domani o appena più in là metteremo un altro articolo che ricorda i nefasti della nostra, un tempo, brillante telefonia, una volta che essa fu privatizzata (come voluto nell’incontro sul “Britannia” e con concomitante azione giudiziaria che smantellò tutto un sistema politico, che oggi scopriamo meno prono ai voleri americani).  

Il tutto è stato patrocinato dalla sinistra e da quell’“antifascismo azionista” da me più volte ricordato. Tutti o quasi i privatizzatori (trovatisi, secondo notizie che credo si possano dare oggi per accreditate, sul “Britannia”) sono di sinistra; e Draghi fu a capo del “Comitato per le privatizzazioni”. Tuttavia, egli fu nominato Governatore Bankitalia (fine 2005) dal centrodestra; quindi siamo in perfetto “gioco degli specchi”. E adesso leggete attentamente (mi dispiace di ingombrare il blog, ma solo chi è in meritate ferie sa inserire con il “continua”; da lunedì si riprenderà).

 

Su Il Giornale del 2 giugno 2009

[18 agosto: sono incorso – in perfetta buona fede, lo assicuro – in un errore, indotto dalla navigazione in questo mare magno di internet. L’articolo sotto riportato non è mai apparso sul Giornale. In realtà è la riproduzione, solo parziale, di uno scritto di Nicoletta Forcheri, apparso nel settembre dell’anno scorso. Mi scuso veramente con l’autrice e pubblico qui di seguito il link dove cercare l’originale (mi auguro di non incorrere in qualche errore poiché questo mi è stato dettato al telefono):

http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.com/2008/09/svendita-italia-labc-panfilo-britannia.html. Ancora scuse alla brava autrice.]

 

Dalla lettura di un articolo del Corriere di qualche giorno fa, la Goldman Sachs sarebbe sul punto di prendere il controllo della rete Wimax italiana (vedi sopra); del resto non c’è nessuna sorpresa, visto il ruolo cruciale che la Goldman, azionista della Federal Reserve americana, ha svolto sin dall’inizio nella svendita dell’Italia, di cui si può ragionevolmente affermare che sia iniziata con esattezza il 2 giugno 1992 – nonostante alcuni precedenti inutili tentativi – con l’accordo preso sul panfilo Britannia, onori di casa fatti dalla Regina d’Inghilterra, al largo di Civitavecchia, tra Draghi, allora direttore generale del Tesoro, Azeglio Ciampi, in qualità di governatore della Banca d’Italia, e un centinaio tra rappresentanti della finanza anglosassoneamericana (Barclays, Warburg, azionista della Federal Riserve, PricewaterhouseCoopers – ex Coopers & Lybrand – Barings – oltre alla Goldman ecc.) e degli ambienti industriali e politici italiani. Era presente anche Costamagna, che diventerà dirigente della Goldman quando sua moglie finanzierà l’ultima campagna elettorale di Prodi. Lì gli angli dettarono le istruzioni su come privatizzare, per scelta obbligata, le industrie italiane statali. Con l’aiuto della stampa iniziò una campagna martellante per incutere il timore nel popolo italiano di “non entrare in Europa”, manco ne fossimo stati tra i Sei paesi fondatori. E questa è oramai storia, tant’è vero che sull’episodio del “panfilo Britannia” vi furono le interrogazioni parlamentari di alcuni onorevoli come Raffaele Tiscar (DC), Pillitteri e Bottini (PSI) Antonio Parlato (MSI), autore di tre interrogazioni rimaste senza risposta e della senatrice Edda Fagni (PCI). Fu l’inizio dell’era dei governi tecnici, dopo 40 anni di regime DC, con il “tecnico” Ciampi, il tecnico Amato, il tecnico Prodi. Il governo doveva, a tutti i costi essere “tecnico”, pur di non fare arrivare al potere neanche un’idea, che fosse tale e che lo fosse per il bene del paese, come sarebbe potuto esserla quella, ad esempio, di un Aldo Moro. Era la stagione dell’attentato a Falcone cosicché – guarda caso – la stampa non diede il dovuto risalto all’incontro, e da poco erano iniziate le indagini di Tangentopoli – nome in codice Manipulite – cosicché molti esponenti degli ambienti politico-economici si ritrovarono improvvisamente “minacciati” dall’insidia latente di potersi ritrovare nell’occhio del ciclone. Un modo per “ammorbidire” un ambiente, prima della grande “purga”? Certo è che Manipulite sembra sia avvenuta proprio in un momento opportuno per fare “PiazzaPulita” di una classe politica con velleità italiote, e per ottenere le “ManiLibere” di fare entrare i governi dei “tecnici”, quelli che con i loro amici della Goldman e della Coopers ci avrebbero inculcato la “medicina” amara della svendita dell’IRI. Di sicuro un Craxi, per quanto corrotto, non avrebbe mai siglato un patto così scellerato, quello di svendere tutto il comparto nazionale produttivo del paese (l’IRI ad oggi sarebbe stata la maggiore multinazionale al mondo e noi non saremmo un paese in svendita), lui che tenne testa agli americani nella vicenda dell’Achille Lauro, negando loro l’accesso al nostro territorio per attaccare i sequestratori della nave, terroristi palestinesi, e portando avanti le trattative con i terroristi nonostante il veto del presidente Reagan… Certo è che Craxi, dopo l’inizio di Tangentopoli, dovette rassegnare le dimissioni a febbraio del 1993…Guarda caso. E, infatti, proprio qualche anno prima Craxi era stato duramente criticato dagli ambienti angloamericani, quegli stessi che non si privano mai d’interferire nella nostra politica interna, proprio di “ingerenza dello Stato in economia” – per voce dei loro accoliti Andreotti, Spadolini, Cossiga – perché aveva decretato la fine del mandato di Enrico Cuccia come presidente di Mediobanca (di cui divenne però presidente onorario), e perché si era opposto alla vendita dello SME, il complesso alimentare dell’IRI, negoziato direttamente dal suo presidente Romano Prodi ma smentita da una direttiva del Governo

 

 

-Dal Corriere della sera.it (29 dicembre 2005, giorno della nomina di Draghi a Governatore Bankitalia).

 
Direttore generale del Tesoro per oltre dieci anni [1991-2001, ndr], Mario Draghi è l’artefice delle grandi privatizzazioni e l’autore della legge sull’opa che porta il suo nome. Romano cinquantottenne, è vice presidente di Goldman Sachs.
Se la maggioranza [centrodestra, ndr] si è mostrata compatta sulla sua candidatura, considerata autorevole e di garanzia, anche l’opposizione ne apprezza le qualitá. I ministri che per il centrosinistra hanno occupato la poltrona di Via XX settembre, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, Giuliano Amato e Vincenzo Visco, hanno vissuto proprio con lui la grande stagione delle principali privatizzazioni effettuate dallo Stato. Entrambi gli schieramenti politici lo considerano un «uomo del fare», pragmatico e concreto. Fama che si guadagnata fin dai tempi dell’universitá, a Roma negli anni Settanta, nella veste di allievo prediletto di Federico Caffè