MULTIUTILITIES ED INFRASTRUTTURE/STRATEGIA DEI NUOVI SUB-DOMINANTI ITALIANI? di Red

In un precedente articolo (vedi I referendum per l’acqua pubblica del 24/7/2010) cercavamo di togliere un po’ di nebbia “ideologica” attorno alla questione della “privatizzazione” dell’acqua e dei referendum promossi da un ampio schieramento di ambientalisti, sinistra e libertà, comunisti, rifondaroli, comitati locali vari. Facevamo notare come nessuno in realtà si interessasse minimamente di quanto costi la gestione del servizio idrico (fra personale e manutenzione ordinaria), quanto gli investimenti per recuperare le perdite degli acquedotti, nel mentre si chiamava il popolo a schierarsi “a prescindere” per il pubblico, contro i privati.

Pochi giorni fa la Confartigianato ha presentato in un suo studio i dati dell’evoluzione delle tariffe di acqua, rifiuti e trasporto pubblico negli ultimi cinque anni nei Comuni italiani: complessivamente un incremento del 28,4%, tre volte l’inflazione ed il doppio della crescita registrata in Europa. E’ noto che la stragrande maggioranza delle ex municipalizzate che gestiscono tali servizi sono sì SpA, ma a maggioranza pubblica.

Voglio citare come esemplare il caso dei rifiuti a Roma che vede l’AMA (100% Comune di Roma) far pagare ai residenti romani una delle tariffe più alte in Italia, per un servizio di smaltimento in realtà subappaltato ad una società privata, il Consorzio Laziale Rifiuti dell’avv. Cerroni, che gestisce la discarica di Malagrotta e un nuovissimo impianto di gassificazione, praticamente in monopolio. Da notare che mentre l’AMA è “costretta” a tenere alta la tariffa ai cittadini, il CO.LA.RI. guadagna due volte: facendosi pagare i rifiuti raccolti e conferiti dall’AMA (che non possiede impianti né discariche) e intascando i certificati verdi per l’energia elettrica prodotta bruciando il bio-metano della discarica ed il syngas del gassificatore.

Un esempio lampante, mi sembra, di come un servizio possa “rendere” sia politicamente (gestione del potere e del consenso) che finanziariamente attraverso un’alleanza strategica fra pubblico (reso) inefficiente e privato (reso) efficiente.
Una risposta anche a quei lettori che mi rimproveravano errori strategici nel favorire “'incremento delle rendite dei grandi gruppi e un capitalismo di rendita”, oppure “il PdL agli ordini di Bechtel, FMI e trasnazionali”. Smettiamola di pensare che la tariffa dei rifiuti a Roma sale perché si vuole salvare il 2% di ricchi ed affondare il resto del pianeta. Tariffa e costi reali del servizio sono totalmente sganciati: la prima deve puramente sostenere quell’intreccio strategico creato dal PD in 15 anni di governo romano e che il PdL sta provando a riconvertire a proprio vantaggio.

Giustamente La Grassa coglieva l’occasione per ricordare come qualsiasi interpretazione economicistica del capitale porti in un vicolo cieco o a prese di posizione politiche apodittiche e contraddittorie come quelle della difesa del pubblico “a prescindere” nei servizi locali.
 
Se usciamo dalle questione “tariffarie” e proviamo ad indagare alcuni dei movimenti reali che da tempo coinvolgono le principali multiutilities italiane (ricordo: tutte di proprietà dei Comuni, Provincie, Regioni), scopriamo qualcosa di interessante.

Prendiamo ad esempio un altro caso romano: l’ACEA che gestisce elettricità, gas e acqua. Ancora per un po’ al 51% del Comune di Roma, partecipata al 10% dalla multinazionale francese GdF e recentemente scalata fino al 13% da Francesco Gaetano Caltagirone costruttore romano abbastanza noto, oggi imprenditore di livello nazionale contando più di qualcosa sia in MPS che in Generali.
Cosa diceva FGC al Sole 24Ore il 14/2/2010? In un lungo articolo che suonava molto come biglietto di presentazione nei salotti buoni della GFeID (e reciprocamente come “benvenuto fra noi”), a proposito della funzione del credito cito testualmente:Lo sforzo principale va destinato al sostegno di quella che può e deve essere considerata la domanda "naturale", non quella artificiale. L'imprenditore vero è colui che soddisfa la domanda che c'è: quella di cui il sistema ha bisogno, non quella creata artificialmente. La domanda "naturale" oggi in Italia è la domanda di infrastrutture [evidenziazioni mie]. “e più avanti: “Si tratti di spingere all'acquisto di una nuova auto scontata per via degli incentivi pubblici ogni tre anni anziché quattro o di un qualunque altro bene di consumo non durevole, il voler giustificare tali scelte con la difesa dei livelli di occupazione precedentemente raggiunti dai diversi settori interessati determina un'uscita ritardata dalla crisi, a sua volta foriera di instabilità e distorsioni ulteriori.I consumi e gli impieghi da incoraggiare sono quelli che non intaccano ma accrescono il patrimonio – dei privati e collettivo – e che non comportano un servizio insostenibile ma, al contrario, generano flussi di reddito attraverso i quali si ripaga con ragionevole certezza il debito [l’ACEA ne è un buon esempio]. Ed infine:” Bisogna affermare con chiarezza un principio: nelle difficoltà da eccesso di debito le aziende vanno salvate, i loro azionisti no. Altrimenti il principio di sana concorrenza verrebbe alterato. Gli asset tangibili e intangibili di un'impresa vanno riallocati a proprietà più efficienti. Esattamente come, di fronte ad aziende senza più mercato, la politica deve tutelarne i dipendenti ma all'interno di un mercato del lavoro aperto e libero, non per forza nell'impresa com'era e dov'era”[una citazione da Ichino, giuslavorista del PD, o forse un assist anticipato a Marchionne?].

Se proviamo a tirare le somme fra: queste dichiarazioni, diciamo così programmatiche, di FGC, i nuovi assetti che lo vedono protagonista sia dentro MPS (di sicura fede piddina) che dentro Generali, dove siede vicino a Bollorè per controbilanciare, dicono, Geronzi ,ed infine la scalata ad ACEA dove ci si può alleare con GdF interessata alle gare per le centrali nucleari italiane, si delinea appunto una possibile “strategia per la (sub)-supremazia” nel settore delle infrastrutture.

Avanzo l’ipotesi che questa strategia sia il cotè industriale e finanziario di quella che ha come cotè politico “il nuovo CLN” o “governo tecnico” (da Vendola a Fini per il tramite di Casini, quasi-genero di FGC): qualcuno potrebbe infatti pensare che investire per infrastrutturare l’Italia e garantirsi così una buona e sicura rendita per gli anni a venire, sia un modo per sopravvivere in una nicchia della formazione storico-sociale mondiale in progressivo sviluppo multipolare, senza alcun rischio che ciò arrechi disturbo alle manovre d’Oltre Atlantico cui c
i si è asserviti. Con tanti saluti ai settori di punta oggi coperti da ENI e FINMECCANICA con una discreta “volontà di potenza autonoma”, che potrebbero comunque riciclarsi dentro le strategie di gruppi esteri in posizione subalterna. Un modo “politicamente corretto” per mascherare la reale pratica di distruzione dell’innovazione ed il saccheggio delle risorse dei produttori.

Mi sembra così di poter condividere in toto e supportare con ulteriori evidenze le conclusioni di G. Duchini nel suo ultimo post (Tra la FED e Draghi):” La classe politica italiana, costituita da una congrega forgiata sul tradimento ad oltranza ed in vigile attesa di ordini provenienti d’Oltre Atlantico, come si conviene ad ogni ligio cameriere, è pronta a servire il piatto avvelenato di un “Governo Tecnico” da porre sotto il controllo del più collaudato e fedele Governatore di Bankitalia Draghi (già ex consulente della G.S (Goldman-Sachs Banca d’affari Usa), e/o ex ministro Pisanu; e non tanto per la solvibilità finanziaria del sistema Italia, quanto per il tentativo ulteriore, di assestare un colpo micidiale agli ultimi residui di sistema industriale italiano ancora in competizione; non senza riservare una ulteriore possibilità alle schegge politiche impazzite che agiscono in combutta contro ogni reale interesse nazionale: trasformare il “bel paese” in un paese di turismo e servizi (cfr., Montezemolo, Rutelli..).
 
Red/16.08.2010