NESSUNA ILLUSIONE: L'INGANNO CONTINUA di G. La Grassa

Mi sono molto divertito quando ho sentito il 24 sera a Striscia la notizia le dichiarazioni di Cossiga su Draghi (come possibile premier “tecnico”), riportate più sotto nel pezzo “La caduta” di G.P. In un primo tempo, e d’impulso, avrei voluto proporgli di diventare presidente onorario del nostro blog, che ha sostenuto le sue stesse opinioni fin da quando Draghi è assurto al vertice di Bankitalia, pur senza usare gli epiteti cossighiani (“vile affarista” è il più gentile) perché dei “poveri disgraziati” come noi non possono permetterselo (in pubblico). Poi, però, ho subito pensato che l’ex Presidente ha negli ultimi tempi votato reiteratamente – e secondo le apparenze insensatamente; qualche idea l’avrei, ma soprassediamo perché potrebbe essere troppo dietrologica – il Governo Prodi (la penultima volta mi sembra che il suo voto sia stato decisivo per non farlo cadere). E’ allora meglio riservare questo “onore” a qualcun altro.

In ogni caso, non debbo poi essere così “andato”, come pensano alcuni “compagnucci” (di un tempo), se ogni volta faccio delle ipotesi con mesi o anni di anticipo, e poi queste si rivelano esatte. Per di più fornisco delle motivazioni che certi ambienti ufficiali, decisamente più informati di me (non ho a disposizione i servizi segreti), si guardano bene dal solo nominare. Fin dalla fine del 2005, ho cercato di spiegare il significato della lotta condotta dai cosiddetti “poteri forti” (o “piccolo establishment” o GFeID) contro Fazio onde sostituirlo con quello che anche Cossiga definisce “amico” dell’americana Goldman Sachs. Non che mi fosse simpatico Fazio, ma consideravo i vincitori molto più pericolosi e disastrosi per le sorti del nostro paese. Fra l’altro, rilevavo come tali vincitori fossero quelli che maggiormente intralciano l’attività delle nostre aziende migliori – l’Eni, la Finmeccanica, l’Enel; guarda caso, le stesse indicate anche dall’ex presidente come passibili di svendita se assumesse l’incarico di premier “provvisorio” il governatore di Bankitalia – i cui presidenti debbono essere nominati ad aprile: questo è uno dei motivi essenziali (non il solo, certo) per cui si chiede, dopo Prodi, un governo tecnico che duri almeno un po’, in modo da avere, come sarebbe stato con il governo appena caduto, al vertice di tali aziende mansueti esecutori degli ordini dei suddetti “poteri forti”, con alle loro spalle i “padroni” statunitensi. Ho anche formulato l’ipotesi che Fazio rappresentasse la finanza vaticana, la quale avrebbe allora perso la battaglia nei confronti di quella americana. Il che conduce ad ulteriori conclusioni: il Vaticano, in questa fase storica, non gioca per nulla a favore degli Usa; ciò consente di valutare meglio la miopia politica di certi “laici”, ottenebrati dalla sola questione religiosa, anzi clericale. Ma non insistiamo.

Sono moderatamente soddisfatto per l’uscita di scena di un uomo indegno come l’ormai ex premier. Ancora più contento sono perché egli ha lasciato nelle peste l’intera sinistra, in particolare quella detta “radicale”, andandosene in modo disastroso; ha recitato la pantomima della coerenza, ma la sua agonia è stata contrassegnata da un mercato incredibile. Perfino un Montezemolo – vero supporter del governaccio, pur se all’ultimo si mascherava spesso da critico, sempre assai moderato e “responsabile” – ha dovuto, per fingere un po’ di dignità, dichiarare che non aveva mai visto un suk del genere. In effetti, lo spettacolo offerto con la faccenda del senatore dell’Udeur che ha cambiato idea in 24 o 48 ore “per il bene del paese” ha del comico, ma anche dell’assai disgustoso. I “trasformisti” di un tempo erano dei gentiluomini in confronto. Pochissimo tempo prima della votazione decisiva, lo stretto collaboratore del senatore in oggetto veniva assunto come dipendente (veramente “una misera offa”) all’Agecontrol, carrozzone statale addetto a controllare che i prodotti ortofrutticoli freschi vengano commercializzati secondo le disposizioni di legge.

L’Agecontrol fa parte dell’Agea (agenzia per le erogazioni in agricoltura, che a sua volta controlla e gestisce i finanziamenti europei all’agricoltura italiana), dipendente dal Ministero di cui è titolare De Castro, prodiano fedelissimo e già membro importante della Nomisma (la società fondata dall’ex premier), che ebbe una importante nomina in organismi europei quando Prodi era presidente della Commissione della UE. Il presidente di Agecontrol ha subito precisato che in effetti è stato assunto “un dipendente che attualmente svolge le funzioni di segretario particolare del senatore Stefano Cusumano……tale decisione è stata presa dal direttore generale della società in assenza di preventiva informazione al presidente stesso e tanto più in assenza di preventiva autorizzazione da parte del presidente o, per quanto ad egli risulti, da parte di alcuno dei componenti del consiglio di amministrazione…..ogni responsabilità sarà subito individuata”.

Con sommo gaudio di qualsiasi persona, che si schifi di questi giochetti, l’assunzione dovrebbe essere stata già annullata. Mi sono diffuso sulla vicenda perché voglio vedere le facce (di tolla) di chi ancora parla della corruzione berlusconiana. La magistratura si è mossa – con tanto di intercettazioni telefoniche fornite, dalle solite “manine sante”, alla stampa filo-prodiana – per una questione di raccomandazioni di 4-5 vallette alla Rai, nessuna delle quali è terminata con l’assunzione di qualcuna di loro. Adesso abbiamo una vera assunzione, sia pure temporanea, ad ente statale del segretario di un senatore, assunzione non autorizzata dal presidente dell’ente e avvenuta subito prima di una votazione decisiva per il governo. Vorrà indagare la magistratura? Facciamo la scommessa che no! Questi, d’altronde, sono i “sinistri”. Sempre pronti al moralismo sulla pelle degli altri, mentre la loro irrimediabile, e mai perseguita, corruzione è sempre “lavata con Omo”.

Conosco bene questa “parte politica” e avverto chiunque: simili personaggi continueranno ad impestarci in ogni dove. Se qualcuno crede che essi possano essere contrastati da una destra composta di ominicchi e quaquaraqua, si sbaglia di grosso. Sarebbe necessaria la presenza, in questo “pauvre pays”, di gente dotata di assai più robusta spina dorsale, che sapesse portare a compimento un accurato servizio “di barba e di capelli”. I sinistri tornano sempre; non a caso stanno già tramando per il governo tecnico di transizione (come quello di Dini del ’95, durato un buon anno e mezzo) o di responsabilità nazionale o altre spudorate fesserie simili. Avendo di fronte una destra del genere, esistono molte probabilità che riescano in questo truffaldino disegno, magari con l’aiutino dei centristi dell’Udc e dell’Udeur (sempre viva), che fingono di voler rifondare la “cosa bianca” per ricreare un centrosinistra formalmente più decente e rinvigorito (sulla carta!). Se dico che ce la possono fare, è perché non mi fermo al palcoscenico dello scadente spettacolo politico cui ci fanno assistere per distrarci; se fosse solo per questi pessimi attori, sarebbe facile impedire l’“eterno ritorno del sempre eguale” (anzi del sempre peggio). Dietro ci sono i “padroni”, le bande del “capitalismo italiano come nella Chicago anni ‘20”. Malgrado le facce da “ricchi debosciati”, certi personaggi della industrial-finanza, parassita e divoratrice del paese, ricordano – ma non con la stessa grandezza, bensì come meschini cascami degni di un paesucolo qual è il nostro – i protagonisti degli ottimi film noir americani tipo “Scarface”, “Nemico pubblico, “L’ultima minaccia”, “La furia umana”, e molti altri.

Alcuni brillanti ma superficiali giornalisti – e l’epidermide è ormai tutto ciò che vede una popolazione, e un ceto semicolto di meschinelli, privi di strumenti per scendere qualche millimetro sotto pelle – hanno lanciato l’idea della Casta, intendendo definire con tale termine il solo ceto politico. E alcuni comici, su cui stendo un pietoso velo, ci hanno inzuppato il pane con le sciocchezze dell’antipolitica. La pretesa Casta è un’accolita di guitti, servi di coloro che veramente comandano e succhiano le risorse prodotte dal popolo lavoratore (dipendente e “autonomo”) del nostro paese. La vera Casta è costituita da spudorati finanzieri e industriali, parassiti della più bell’acqua, a loro volta al servizio di interessi stranieri (Usa). Sono questi che si sono rimessi alacremente al lavoro, condizionando e orientando con soldi e potere reale (da dietro le quinte, il loro posto naturale) le varie manovre in corso di svolgimento.

Per queste mignatte è comunque un rischio il ritorno del centrodestra (pur corrotto, e corrompibile, anch’esso la sua parte); perché non sarebbe comunque facile ottenere gli aiuti statali per Fiat e altre industrie dello stesso tipo, non sarebbe agevole far dilagare l’apparato finanziario a suo piacimento. Per ottenere tale risultato, bisognerebbe associare all’operazione quella parte dei poteri economici oggi disdegnata dal “piccolo establishment”, bisognerebbe non pestare più – con una pressione fiscale al suo massimo storico (43,7% del reddito) – i tipici elettori del centrodestra. Dove si vanno allora a pescare i soldi per foraggiare con rottamazioni e prepensionamenti, ecc., le aziende tipo Fiat? Dove si vanno a prendere quelli necessari a favorire le operazioni di Intesa e altri “benemeriti” organismi finanziari? Li si tolgono ai salariati (con remunerazioni al minimo da molti anni a questa parte) o ai pensionati (con meno di mille euro, che sono la stragrande maggioranza)?

Come si può sostenere, senza l’appoggio dei laidi residuati del piciismo, la necessità (travestita da giustizia) di picchiare sulle “rendite finanziarie”, cioè su milioni di pensionati e lavoratori che investono i loro modesti risparmi in bot o titoli di fondi di investimento, con un rendimento sul 2 o poco più %? Con il centrodestra – malgrado la buona predisposizione di alcune sue parti – è difficile ottenere una politica del genere. Con la sinistra e i sindacati è molto più semplice. Così vediamo il vero nefasto rappresentante del capitalismo italiano, di nome Montezemolo (sempre più somigliante al suo “padre spirituale”, l’Avvocato), trovarsi in perfetta sintonia con Veltroni & C. nel chiedere un govern(icchi)o di transizione (che durerebbe minimo un anno), ricercando una sponda nella solita Udc (per non parlare del presdelarep, che appartiene a “quella parte”). Con quali lamentevoli scuse?

La governabilità, innanzitutto, che non sarebbe garantita dall’attuale legge elettorale. Voglio riportare una gustosa, ma esatta, ricostruzione delle demenziali discussioni fatte negli ultimi mesi su tale ipotetica legge:

“Il mattarellum solo pochi mesi fa faceva ribrezzo, adesso viene invocato come una salvezza da prodiani e cespugli. Il doppio turno alla francese era per i Ds un punto di identità irrinunciabile, poi è stato messo da parte per il modello spagnolo, sponsorizzato da Veltroni mentre D’Alema, però, lavorava al sistema tedesco. Ora, pur di non andare al voto, anche il tedesco non è poi così male se l’Udc offrisse la sponda. O ancora, la nuova piattaforma programmatica per il governo delle riforme salvifiche è un modello proporzionalistico spagnolo, con sbarramento tedesco, ed elementi di maggioritario francese, alè. Sembra uno scherzo? Macché, Veltroni si è inventato il proporzionale a vocazione maggioritaria”.

D’altra parte, dal signor “ma-anche” che cosa ci si poteva aspettare di meglio in fatto di comicità? Questa è una descrizione esatta dell’impazzimento della sinistra, che vede il baratro spalancarsi davanti a sé, ove si andasse a votare subito. In effetti, non c’è, in un caso del genere, alcun problema di governabilità. Se si vota verso aprile-maggio, la sinistra, al gran completo, non arriverà al 45% dei voti (andrà più vicina al 40). La batosta sarebbe di quelle “storiche” e il centrodestra avrebbe una maggioranza schiacciante in entrambi i rami del Parlamento. Si obietta, però, che la destra è la riproposizione del vecchio; come sosteneva, fra gli altri, l’altra sera la Berlinguer a “Primo piano” con il suo agghiacciante sorriso da “Crudelia Demont”. C’è veramente da sganasciarsi. Il nuovo sarebbe Veltroni che, da quasi vent’anni, duella con D’Alema per il controllo dei post-piciisti (almeno fra noi, per favore, non chiamiamo più comunisti questi rinnegati da molto, molto, prima che crollasse il “socialismo reale”; erano solo dei forsennati statalisti, dei brezneviani un po’ ammorbiditisi al fine di adattarsi e infiltrarsi nel “regime democratico” del capitalismo occidentale, servendo al meglio il parassitario grande capitale italiano, che ha sempre vivacchiato sull’assistenza “pubblica”). Questi buffoncelli – piuttosto pericolosi per la loro vocazione a servire con metodi autoritari e con manovre fondate sul raggiro e la menzogna – sono solo passati dalla denominazione Pci a quella Pds; poi hanno tolto il P diventando Ds; infine hanno riaggiunto il P e tolto l’S diventando Pd. Capirai che nuovo! Eppure il duo Montezemolo-Bazoli – il principale “gruppo di guastatori” d’Italia – fa finta di crederci. Ne capiamo bene il motivo: dove trovare servi migliori?

Altra scusa: bisogna risanare i conti; poi si dirà che c’è da fare qualche manovra correttiva, poi da approvare la finanziaria per il 2009. Sappiamo bene come operano questi intrallazzatori; li abbiamo visti in azione nel 1995 con il governo Dini. I rappresentanti del “nuovo” agiscono sempre nello stesso modo. Infine – e in questo si distingue anche l’ineffabile Cossiga, che appoggia sempre il suo “amico” D’Alema, probabilmente il più sicuro servitore degli interessi di certi ambienti americani – c’è bisogno di un governo d’emergenza perché sarebbe alle porte la crisi internazionale se il Kosovo dichiarasse la sua indipendenza, per la quale premono gli Usa (da cui questi “indipendenti” dipendono!) senza grandi resistenze da parte degli “sguatteri” della UE. Questo potrebbe essere l’argomento (non il solo) per ammorbidire perfino Berlusconi, che è un “amerikano” per eccellenza.

La più risibile delle scuse è quella addotta da Montezemolo; e la dice lunga su chi è l’uomo e che cosa vuole dai servi politici governativi, i migliori dei quali sono, lo ribadisco, quelli di sinistra. Il presdelaconfind sostiene che i nuovi politici e governanti debbono essere scelti da “noi cittadini” (che bravo, si è messo alla pari di tutti gli altri, un vero democratico finalmente!) e non dalle segreterie dei partiti come accadrebbe senza riforma elettorale. A parte il fatto che bastano 24 ore per introdurre una piccola modifica intesa a ristabilire il principio delle preferenze, ricordiamo all’illustre presidentissimo (non so quante presidenze ha quest’uomo!) che nella prima Repubblica (e fino a pochi anni fa comunque) si votava con il sistema delle preferenze; venirci a raccontare che allora erano i cittadini a scegliere i loro rappresentanti, che i partiti non decidevano chi candidare (e non indirizzavano ben bene le preferenze su quelli che avevano scelto loro stessi quali “rappresentanti del popolo”) è una colossale idiozia o una insuperabile menzogna; da “libero cittadino”, l’autorevole personaggio scelga a quale opzione attribuire la “preferenza”.

Attendiamoci insomma il peggio. Ma per chi, come noi, se ne “sbatte” delle “elezioni democratiche”, non è un gran problema. Attrezziamoci a “divertirci” (si fa per dire), assistendo alle convulsioni di “questi qui”. Sempre con la speranza, “ultima Dea”, che crepino presto tutti insieme in un bel “rogo” purificatore.