PICCOLA ITALIA IN FORMATO 500

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Recentemente la Finmeccanica (l’Alenia Aeronautica) ha vinto una gara – sia pure in team con L-3 Communications e Boeing – per la fornitura agli USA (all’esercito) di sofisticati aerei da trasporto (C27J-Spartan); subito dopo ha stabilito un contratto con la Sukhoj russa (con anche partecipazione azionaria del 25% a questa società) per la fabbricazione di jet di media portata (70-110 posti) da adibire al trasporto di persone in voli interni a quel paese. Nel contempo l’Eni – dopo aver qualche mese fa firmato un contratto con la Gazprom per l’utilizzo da parte di quest’ultima di una parte della rete di distribuzione della nostra impresa, che ha avuto invece accesso ad alcuni importanti giacimenti di gas russo – ha concluso un accordo, sempre con la grande azienda in questione, per la costruzione, in tre anni (periodo relativamente breve), di un gasdotto (Southstream) che, aggirando l’Ucraina, attraverserà il Mar Nero andando in Bulgaria, dove si dividerà in due tronconi, uno a sud e l’altro a nord. Da una parte arriverà fino all’Austria, dall’altra, attraverso la Grecia, in Italia nella zona di Otranto. Si tratta di un accordo, inizialmente assai travagliato, di cui si è discusso fin dal 2003 durante la visita di Putin a Berlusconi in Sardegna. Se non erro, il gasdotto in oggetto dovrebbe poi consentire di collegarsi anche alle reti dell’algerina Sonatrach.
Comunque, ritornerò probabilmente fra non molto su questi eventi per un discorso di carattere più generale sulla politica italiana. In questo breve intervento, desidero solo rilevare che di questi accordi e contratti, assai rilevanti e che potrebbero imprimere una buona spinta allo sviluppo e ammodernamento industriale dell’Italia – e proprio nei settori di punta della più recente epoca di innovazioni – si è parlato nei media, ma in fondo con notevole moderazione. Sono certo che la maggioranza della nostra popolazione non ha gran che notato questi nostri successi; comunque ben pochi ne hanno compreso l’importanza effettiva. Invece, praticamente nessuno avrà potuto ignorare il “grande avvenimento”: la Fiat rilancia la 500. Tutti commossi nel ricordo di quarant’anni, e passa, fa. E la 500 diventa il simbolo del “miracolo Fiat” (compiuto dal “mago” Marchionne), della rinascita di un intero paese lanciato alla conquista di “nuove frontiere”.
In realtà, la 500 è effettivamente un simbolo, ma della meschinità della nostra classe dirigente industriale e della piccolezza (non semplicemente geografica) del nostro paese. Simbolo di una mentalità ristretta e di un totale servilismo verso i più potenti, che ci lasciano sbizzarrire nei settori della passata epoca dell’industrializzazione; basta che non rompiamo loro le scatole in quelli di eccellenza, quelli che attribuiscono oggi maggiore potenza ad un sistema-paese nel suo complesso. Sono certo che gli USA, ad es., terranno sotto stretto controllo l’accordo Eni-Gazprom per il nuovo gasdotto; affinché non vengano a ripetersi i “nefasti” (per i nostri predominanti) della politica di Mattei, stroncata con una “dolce morte” aerea. Anche la Finmeccanica sarà guardata a vista; produrre aerei per gli USA (per l’esercito) va bene, permette fra l’altro di meglio tenerla sotto controllo. Quanto ai rapporti con la Sukhoj, va meno bene ma non troppo, almeno finché si tratta di aviogetti civili e di media portata, senza troppo sofisticati apparati elettronici; poiché altrimenti il contratto potrebbe configurarsi come esportazione in un paese potenzialmente nemico (e che magari lo può diventare “attualmente”, in tempi non lunghissimi) di produzioni tecnologiche assai avanzate, “adattabili” a scopi bellici.
Da Giolitti al governo Prodi, la Fiat ha sempre usato del principio: socializzare le perdite e privatizzare i profitti. L’ultima applicazione dello stesso è avvenuta con la mobilità lunga (prepensionamenti) e rottamazione. Adesso non mi lancio in profezie sulla bontà dell’operazione, di pubblicità e marketing, tentata con il (ri)lancio dell’utilitaria, sfruttando – se sarà possibile – mercati più “poveri” del tipo di quello cinese. Oggi poi, date le ideologie in voga, è possibile sostenere anche che tale macchinetta inquina meno e si usa al meglio in città (sia in movimento che per il parcheggio). In ogni caso, è proprio un prodotto simbolo dell’italietta, del “pauvre pays”. Siamo sempre al “capitalismo straccione”. Chissà quando questo paesucolo di “bambini già vecchi” riuscirà a compiere qualche passo verso la fase adulta.
Avremo modo di riparlarne. Qui volevo solo manifestare con estrema laconicità il mio disprezzo per questa classe detta dirigente e per una indegna stampa e TV (anche in quelli che si dicono servizi informativi di carattere economico e finanziario) solo asservita e adulatrice. Un tempo prona a baciare i piedi dell’Avvocato; oggi quelli dei suoi ancor peggiori “eredi”. Nulla di più impegnativo intendevo scrivere.
ANCORA SU “LA CARICA DELLA 500” di G. La Grassa
La situazione degenera con velocità impressionante; tuttavia, al contrario di molti commentatori, non vedo mutamenti a breve poiché l’accelerazione consente solo di rimanere fermi al posto di prima, come nel “mondo di Alice”. Ciò però che non si arresta è il degrado; per il momento non troppo elevato sul piano economico, relativamente all’impoverimento di massa, ecc. (che pure esiste, con un euro dotato di sempre minor potere d’acquisto), mentre è evidentissimo su quello politico e pauroso su quello culturale, dove l’ignoranza, il cattivo gusto, l’esplosione di “mille colori”, chiassosi e accostati senza alcun gusto, sono ogni giorno più eclatanti.
Torno per un momento su uno dei sintomi di tale degrado: l’orripilante lancio mediatico della nuova 500, in chiave del tutto kitsch. Due, tre giorni fa leggo su Liberomercato l’unico articolo decente su tale faccenda, di certo Santambrogio, moderatamente ma significativamente critico (parla anche di un Marchionne “tronfio”, contrariamente a sue passate abitudini di maggior riservatezza). Rimango sorpreso perché Libero (e il suo direttore) ha più volte incensato negli ultimi tempi la “famiglia” proprietaria della Fiat. Ha di fatto scusato Lapo Elkann per alcune “cretinate” (molto volgari) commesse, ha ingigantito John Elkann, in sostanza dichiarandolo il vero erede di Gianni Agnelli; soprattutto, si è dimostrato con chiarezza favorevole alla ventilata discesa in campo (politico) di LCdM alla fine della sua, a mio avviso, infausta presidenza confindustriale. Ovviamente, penso male circa i motivi di queste posizioni di schieramento pro-Fiat ecc., ma non mi lancio in ipotesi dietrologiche su cui non avrei prove da portare (chi legge, sa bene anche lui che cosa pensare di questi giornalisti e del perché prendono certe posizioni).
In effetti ieri, sabato, Feltri corregge Santambrogio, affermando di credere nell’operazione Fiat (500) con argomentazioni molto “leggere” e poco “centrate”, che non fanno grande onore ad un giornalista comunque, nessuno lo nega, intelligente (ma appunto: perché passare da superficiale e inconsistente? Ognuno ne dia l’interpretazione che preferisce). In modo per la verità corretto, a fianco dell’articolo di Feltri, ve n’è un secondo di Santambrogio, ancor più critico e documentato (e anche spiritoso) del primo,
che a me piacerebbe riportare nel blog (o forse sul sito data la sua lunghezza), giacché, a mia conoscenza, è l’unico serio e ponderato intervento rispetto ai vergognosi panegirici di Corriere, Stampa e altri giornali della GFeID (grande finanza e industria decotta), il cui conclamato servilismo non richiede alcun particolare arzigogolo dietrologico.
Santambrogio cita affermazioni di Marchionne e brani dagli articoli dei giornali appena citati, alcuni dei quali – lo ammetto – mi erano sfuggiti. Dire che si tratta ormai di demenzialità pura, di una degenerazione non solo culturale ma anche cerebrale, mi sembra proprio il più soft dei commenti da fare. E’ bene che uno legga e valuti da solo queste frasi e questi brani, perché sarà per lui un test di intelligenza e di equilibrio mentale. Sottolineo in particolare l’ultimo capoverso dell’articolo di Santambrogio, dove si fa riferimento all’importanza che ha, sul modo di schierarsi di un giornale, il denaro che gli arriva dalla pubblicità delle più grandi imprese. Mi permetto di ricordare al comunque bravo giornalista che la pubblicità non spiega tutto; Corriere, Stampa, Repubblica, Sole24ore, stanno con la GFeID, sono cassa di risonanza delle sue varie correnti (per fortuna oggi in attrito), non soltanto per acquisire i soldi della pubblicità. E non è certo per questo motivo che le tre reti TV della Rai sono disgustosamente appiattite sul Governo e l’attuale maggioranza!
Questo kitsch della casa automobilistica che fu anche di Gianni Agnelli, uomo dotato comunque di un certo decoro formale, mi sembra tuttavia dimostrare qualcosa; e forse di importante. Sembra di assistere all’agonia (magari ancora lunga) di una certa classe dirigente economico-finanziaria, ad una sorta di ormai inevitabile “fine di Bisanzio” (che aveva, sia chiaro, un livello culturale infinitamente superiore al nostro). Tale classe ha scioccamente liquidato – anche per pressioni venute d’oltreatlantico dopo il crollo del muro e la dissoluzione dell’Unione Sovietica – il regime DC-PSI, perché troppo costoso e non così prono come essa voleva ai suoi complessivi interessi (italiani e, dietro e sopra questi, USA). Da quindici anni si sforza, ripetendo le solite e ormai stucchevoli manovre giudiziarie, di mettere in piedi un nuovo regime basato, come il precedente, sul centro con l’occhio però rivolto a sinistra (possibilmente non oltre i sindacati, ormai apparati di Stato). Non c’è ancora riuscita, anche e soprattutto perché si è messo di traverso – non per i supremi interessi nazionali, questo è chiaro – quel “rompiscatole” di Berlusconi. Eppure essa non demorde; sta tentando nuovamente.
E’ stato da poco fatto scendere in campo Veltroni; e fino a quando il “gallo” a lui contrario, D’Alema, non ha accettato di riconoscerlo come “il Primo”, “ baffino” è stato ammorbidito con intercettazioni varie (e ormai famose, spero, per cui non sto qui a ricordarle). Adesso, quella partita è accantonata (non chiusa, non si sa mai; D’Alema è uno che non si arrende, trama sempre sott’acqua), e si è riaperta quella contro Berlusca per gli spionaggi (veri o presunti, non mi pronuncio) dei servizi segreti. Sintomo che più chiaro non si può: è l’Udeur ad aver chiesto una commissione d’inchiesta parlamentare su questi fatti; ed è stato proposto come suo presidente Casini. Si può essere più scoperti, e nel contempo arroganti e sicuri di farla franca, di così? Mastella e Casini si “parlano” spesso, lo sanno anche i sassi. L’operazione centrista ha bisogno di loro; nel suo versante politico (perché i veri ispiratori stanno nella GFeID) questi due personaggi sono fra i maggiori sostenitori della stessa, vera espressione della massima putrefazione dello spirito democristiano.
Tutte queste manovre politiche – unite alle recenti fusioni bancarie che hanno condotto alle due superbanche ben note, al mettere le mani su Telecom in alleanza con
gli spagnoli di Telefonica (che, si sa, se ne andranno al più presto dopo aver ricevuto una buona plusvalenza per tale servigio), alla finta gara per Alitalia che si vorrebbe dare quale preda ad AirOne ma come semplice longa manus di Intesa che ha i soldi (forse), e infine a questa demenziale e mastodontica presentazione della 500 – sono tese a far si che alla fine i gruppi finanziario-industriali, in sorda reciproca conflittualità per la spartizione della ormai esigua torta, riescano ad installare il loro governo senza più controlli pur fintamente “democratici”; a quel punto essi succhieranno, tramite il loro Stato, tutte le risorse prodotte dai ceti lavoratori italiani, pungolando e alimentando al massimo lo scontro tra autonomi e dipendenti in modo da non essere disturbati nella loro opera da piovre e sanguisughe. Questo sarebbe il vero salvataggio della Fiat, che nessun “mago” Marchionne sta compiendo, salvo che nel puro immaginario creato a suon di miliardi da gruppi di “vermoni” simili a quelli del film Tremors.
Se però l’operazione non riesce, ne usciranno in tanti (della GFeID) con le ossa rotte, a partire dal “tronfio” mago di cui sopra; ma con gravi perdite da parte dei proprietari della Fiat (è per pararsi il culo da tale rischio che LCdM ha portato ampi capitali in Lussemburgo creando il fondo Charme, sulla cui struttura e finalità, e fondazione di joint venture con i cinesi, si è già scritto nel blog e nel mio libretto Il gioco degli specchi). Se fallisse quest’ultima spiaggia politica, la Fiat – e non solo lei – farebbe un botto che Parmalat e Cirio apparirebbero bombe della Grande Guerra in confronto all’atomica di Hiroshima. Ne andremmo di mezzo un po’ tutti quanti; ma ci libereremmo (forse) una volta per tutte di queste cavallette pestilenziali e, dunque, anche di questo ormai debosciato e invertebrato mondo politico. Finirebbe nel “rogo” la sinistra; e non vi sarebbe allora più alcun bisogno dell’attuale finzione rappresentata dall’opposizione di destra.
Come ultima notazione. La 500, questo frutto del Neo-“Rinascimento” italiano (di fronte al quale “impallidisce”, agli occhi dei nostri dementi di cui sopra, quello passato alla Storia con tale nome), è prodotta in Polonia. Giustamente, gli operai polacchi hanno minacciato scioperi (che bello sarebbe veder da subito bloccata la produzione di questa “prova materiale” della stupida vanità della meschina classe dirigente italiana!) se non raddoppiano loro i salari. Nessuno mi può accusare di retorica operaista; ma è effettivamente indecente che si siano spesi (cifra ufficiale del tutto sottostimata) 12 milioni di euro solo per questo lancio kitsch, nel mentre chi “si farà il c….” per produrre la vetturetta prenderà poche centinaia di euro al mese. Spero che i “fratelli Kaczynski” consentano agli operai del loro paese di mettere in difficoltà questi dirigenti, capaci solo di “andare in delirio” e di contrabbandare il cattivo gusto di una pubblicità dispendiosa e gigantesca per qualità superiore di una macchinetta che vale “quattro soldi”, pur costando da 10 a 15000 euro (e la versione Abarth molto di più); per cui, fra l’altro, non è nemmeno molto concorrenziale verso la Smart e la Mini.
Tifiamo per gli operai polacchi: “fategli il mazzo”! Sono dei clown al loro ultimo giro di pista; lanciano frizzi e lazzi perché se la fanno sotto per la paura di finire in bruttezza la loro avventura, se non riescono ad impadronirsi dello Stato italiano in tutti i suoi gangli, civili e militari. Intanto, voi approfittate del bisogno che essi hanno di contrabbandare questo insulso esito della fasulla “creatività” italiana per status symbol di un “popolo” (di vip) fra i più esausti e inutili del mondo. Avanti con la battaglia salariale contro questi parassiti. Che crolli infine “Bisanzio”!