POCHE CERTEZZE di Giellegi

Come largamente previsto, le borse continuano nella loro altalena. La crisi finanziaria ha, in un certo senso, formato la sua “fistola”. Adesso, si tratta di attendere quella reale per vedere di quale effettiva gravità sarà. E’ sicuro che, malgrado tutte le arie che si danno tecnici ed economisti, e le “autorità” che fingono di intervenire con decisione e saggezza, la crisi avrà il decorso che dovrà avere; le misure prese serviranno solo a modificarne la traiettoria (e le sinuosità), ma sicuramente non la smuoveranno, se non per dettagli, dalla direzione che prenderà infine e dal punto, comunque “in basso”, in cui arriverà. Fare adesso previsioni sicure sulla sua entità e durata (comunque non soltanto nel 2009), sarebbe a mio avviso presuntuoso e puerile; l’unica cosa certa è che farà i suoi giochi “alle spalle” di coloro che vi blaterano sopra, e che vogliono creare presso il grosso pubblico l’impressione di averci capito qualcosa e di saperla controllare.

Nel medesimo tempo, la sinistra (cosiddetta tale) si dimostra priva di qualsiasi alternativa politica credibile, ed insiste nella mera demonizzazione dell’avversario – in genere, una singola persona – nel mentre spera di rinverdire il sessantotto studentesco. Anche qui, sarebbe presunzione fare previsioni sull’andamento di tale movimento. Mi permetto di avere perplessità sui suoi risultati. Tutto dipenderà dalla gravità della suddetta crisi reale. Se sarà pesante, mi si consenta di essere preoccupato: nel giro di due-tre anni (se non prima) ci si potrebbe trovare in un clima tipo ’33 in Germania (pur se l’Italia non è così “seria” come lo era allora tale paese; per nostra fortuna, andiamo da Pulcinella ad “Alberto Sordi”, intendendo parlare non del grande attore in quanto persona, spero sia chiaro). In ogni caso, credo che la “sinistra”, secondo le sue inveterate abitudini di ogni epoca storica, ci stia preparando – involontariamente, per la sua improntitudine e la mancanza di idee tipica degli opportunisti o dei “rivoluzionari” incartapecoriti – il solito “piatto avvelenato”, che ci toccherà trangugiare.

Pazienza, non ci si può far niente. Continuiamo nella nostra analisi e nelle nostre sommarie indicazioni di fase. Poi, se sarà il caso, ci prepareremo al peggio. L’importante è che, se la situazione evolverà come temo, questi “sinistri” non vengano piagnucolosi a chieder firme per appelli o discese in piazza allo scopo di difenderli dalle “legnate” che “qualcuno” assesterà loro. Per quanto mi concerne, non sarò disponibile: “chi è causa del suo mal…….”.

Il problema centrale non è comunque questo, bensì il fatto che c’è bisogno di una politica di non mera difesa di ogni e qualsiasi spesa “pubblica”. E non ci si trinceri dietro la necessità di finanziare la ricerca scientifica: problema, questo si, del tutto reale, che esige però scelte diverse ed una diversa mentalità; non quella antimodernista o solo umanistica da me criticata. Gli universitari – proff. e studenti – stanno difendendo ben altro tipo di spesa, che non serve a nulla per l’efficienza del sistema-paese; anzi è puro e semplice spreco, quasi che l’apparato scolastico serva esclusivamente da “ammortizzatore sociale” (volendo essere buoni e usare un eufemismo!).

Non raccontiamoci balle! Si continui bellamente a spargere dubbi e critiche sul progresso scientifico-tecnico; e ci si opponga a qualsiasi meritocrazia, a qualsiasi disciplina e ordine mentale. Ci si troverà, all’uscita dalla crisi, all’ultimo posto fra i paesi sviluppati e indietro anche a quelli emergenti. E non si risalirà più la china, salvo appunto l’arrivo di “qualcuno” che non sarà “di sinistra” e non ci piacerà affatto; ma ce lo saremo ampiamente meritato. Di fronte alle semplici chiacchiere governative, dovrebbe essere un’autentica forza di “trasformazione” a esigere un radicale “cambio di passo” verso il rigore intellettuale e scientifico, una decisa selezione di merito, uno sfoltimento di troppe inutilità, la fine dell’indisciplina e dell’approssimazione. Invece, no, non si raccontino menzogne; si vuol conservare una tradizione di caos e di pura chiacchiera pseudorivoluzionaria affinché gli ignoranti, anarcoidi e infingardi continuino a prosperare come negli ultimi decenni.    

 

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Quanto alla scuola dell’economia-mondo, poche parole. Nessuna teoria è mai da buttare per intero. Anche il tanto bistrattato – e pure da me – liberismo ha i suoi punti di forza e non dice tutte sciocchezze (tutt’altro). Il problema è di inserire certe impostazioni teoriche nella congiuntura della lotta che sempre si svolge sul piano culturale (in senso ampio). Essere in pochi o in tanti – non credo che in campo teorico ci si trovi con le masse al seguito, interessate spasmodicamente al dibattito tra intellettuali – non è affatto la questione essenziale. Il problema è che o si è eclettici – si prende un po’ di qua e un po’ di là, si dà insomma “un colpo al cerchio e uno alla botte” – oppure si sceglie coerentemente una via e la si sonda fino all’ultimo esito proponibile. Inoltre, certi teorici, di una data scuola, a volte affermano tesi che lasciano stupefatti perché sono pure profezie (in genere di sapore catastrofista) e non sensate conclusioni di una analisi.

Ho iniziato il mio pezzo con: “Non ci sarebbe stato niente di male se Wallerstein…..ecc.”. Non ho affermato che l’economia-mondo fa schifo. Ho manifestato sorpresa per affermazioni che a mio avviso hanno dell’incredibile (e del “guru”, appunto). D’altra parte, avevo pure in mente le profezie di questi signori (all’inizio degli anni ’90) circa il Giappone come futuro centro del mondo al posto degli Usa nel XXI secolo; profezia cambiata a cavallo dei due secoli con quella della Cina come paese predominante mondiale. Inoltre, ricordavo fin troppo bene come questa scuola fosse stata considerata, assieme a quella della “dipendenza”, l’ultimo grido di un marxismo “rinnovato”.

Semplicemente, manifesto la mia convinzione che le due scuole appena ricordate non abbiano nulla a che vedere con Marx, salvo qualche spizzico preso qua e là, a mo’ di “prezzemolo” che si usa spesso con pietanze non troppo sapide. Se qualcuno pensa il contrario, segua queste scuole sino in fondo, meglio se con atteggiamento rigorosamente scientifico. Apprezzo pure i liberisti o i “keynesiani” se sono coerenti sino in fondo e, appunto, rigorosi, tetragoni ad ogni genere di profezie. Io però provengo da Marx e da qui intendo fuoriuscire poiché ho la sensazione che troppo tempo sia passato, e troppe previsioni si siano dimostrate errate in un secolo e mezzo, per restare fermi. Tuttavia, questa è la mia impostazione e non intendo pasticciarla con contaminazioni solo eclettiche: non mi interessa il Marx più qualcun altro secondo l’orrida abitudine degli ex (finto)marxisti degli anni ’70 e ’80: più Heidegger, più Weber, più Luhman, più Habermas, più Prigogine, più Bateson, più Foucault, più Derrida, più…..e più e più e più!

Qualcuno pensa sempre che il coerente sia “autoreferente”, mentre invece questi si rifiuta soltanto di mettere insieme impostazioni differenti; nell’ambito del pensiero, secondo le mie convinzioni (ed esperienze), non esistono le “combinazioni chimiche” ma solo miscugli. Poiché, inoltre, il campo teorico è tutto ingombro di concezioni e teorie diverse, ogni sviluppo coerente di una di queste si incontra e scontra a volte con le altre; e ne nasce magari una polemica, particolarmente veemente soprattutto quando uno si sente leggermente preso in giro da qualche autore un po’ in vena di “avvenirismi” alla “va là che vai bene”. Non dovrebbero quindi nascere polemiche inutili; mi sembra tutto semplice e lineare. Ognuno sviluppi con coerenza, e possibilmente con spirito innovativo, la sua linea di pensiero; non la impasticci con altre, i cui seguaci – mi auguro – si atterranno allo stesso criterio, senza indebite (e allora irritanti) invasioni di campo. So però che i media dei dominanti, pur sostenendo che Marx è un cane morto, sono lieti di ospitare e “finanziare” chi fa loro il favore di depotenziarlo, attribuendogli tesi e concezioni teoriche mai coltivate né veramente approfondite perché non sono le sue specifiche