POLITICA IN DISSOLUZIONE, ECONOMIA IN DEGRADO


Due cantilene sono state ripetute fino alla noia nell’ultimo anno da una destra inetta e, in particolare, dal suo (poco) leader: a) il centrosinistra è ostaggio della sua ala “estrema”, che è ancora veterocomunista; b) il centrosinistra è un’accozzaglia di vari pezzi disparati tenuti insieme dalla volontà di mantenere “i cadreghini”.
La prima affermazione è la fantozziana “boiata pazzesca”; la seconda è una verità banale, la verità dei mediocri che dietro di essa nascondono la loro incapacità di pensare e di agire. Sarebbe come dire che, affinché possa piovere, ci debbono essere nuvole in cielo, senza però darsi la pena di spiegare il perché e il come si formano queste nuvole.
Che Berlusconi sia uomo di intelligenza abbastanza limitata e superficiale, a me pare largamente dimostrato da tempo; che tuttavia sia stato così “avventurista” da predire con certezza la caduta della maggioranza entro il 14 novembre (sulla finanziaria), avendo per qualche tempo fatto intendere di essere già d’accordo con alcuni senatori dell’ala moderata del centrosinistra, mi sembra piuttosto incredibile. Adesso, poi, ricomincia con la solfa che il Governo cadrà per implosione interna “a data da destinarsi”; sembra non accorgersi che, se un’opposizione si affida all’autodissolversi della maggioranza, con ciò stesso rivela che non ha nulla da proporre e che è di un’assoluta inutilità in quanto opposizione.
A questo punto, è fin troppo facile prevedere che, non cadendo alcuna maggioranza, la destra inizierà già da metà novembre il processo della sua dissoluzione. L’Udc è da un bel pezzo che intrallazza con l’altra parte, la Lega tratterà al ribasso qualche straccio di federalismo per presentare un’“offa” ai suoi elettori, An cercherà di sfruttare la situazione di indebolimento di FI che entrerà in fibrillazione. Forse persino Berlusconi, dietro la cortina fumogena dei suoi rifiuti e delle sue cantilene, sta compiendo qualche mossa strana. Inutile tuttavia fare illazioni. E’ comunque certo che lo stesso nocciolo duro del suo elettorato – il lavoro detto autonomo (oltre sei milioni di partite Iva) – è raggruppato in associazioni i cui gruppi dirigenti sono di un opportunismo (o peggio) evidente; il malcontento della “base” è palpabile e crescente ma, vista l’inettitudine della destra e del suo (poco) leader, anch’essa accetterà, in attesa di altri tempi, di trattare in formazione sparsa e al ribasso con chi tiene le redini (perché nessuno ha reale intenzione di levargliele di mano).
L’unico “capolavoro” che ha fatto la “sinistra”, grazie ad un ceto intellettuale ai suoi minimi storici per moralità e voluttà di vendersi al migliore offerente, è stato di far credere che un mediocre fosse la riedizione di Mussolini, e che stesse dunque montando un’ondata fascista. Una vergogna! Piaccia o meno a coloro che credono alla “storia dei vincitori” e pensano che tutti i nemici sono cretini e/o ridicoli, il capo del vero fascismo non era un fasullo e, fino alla sconfitta nella seconda guerra mondiale, aveva messo in riga anche individui potenti come gli allora “capi” della Fiat e i pezzi da novanta della finanza. Berlusconi non ha spina dorsale, non si scontra con i reali poteri; inoltre è uno che capisce poco di politica, che crede si conduca come un’attività economica; e per di più è ormai “accerchiato” sia sul piano industriale (il “gruppo Fiat” è suo nemico acerrimo perché sa che non sarebbe in grado, al Governo, di darle finanziamenti pubblici a tutto spiano, come ha invece fatto e farà ancor di più il centrosinistra) sia, soprattutto, sul piano finanziario, con Intesa e Unicredit (pur tra loro in sordo conflitto) dalla parte opposta alla sua e con la formazione della “banca del Pd” (Monte Paschi impadronitasi di Antonveneta). Laddove i Ds (con D’Alema e Fassino), puntando sull’Unipol e con l’appoggio di Fazio (possibile “alleato” della finanza vaticana), avevano fallito, è riuscito il Pd di Veltroni con la banca senese (che infatti non aveva voluto partecipare all’operazione di Unipol), con dietro De Benedetti e Caltagirone (che aveva già acquisito Il Gazzettino, quale base per il rilancio nel nord-est), e con il non troppo velato appoggio di Draghi, legato alla finanza americana (era vicepresidente della Goldman Sachs), la quale ha vinto, almeno in questa fase, contro quella vaticana (su chi questa rappresentasse, o a chi fosse legata, non avanzo qui ipotesi).
Ormai Berlusconi è in declino, ma ciò riguarda ovviamente l’intero attuale centrodestra, che si appresta al dissolvimento nei suoi vari tronconi (alcuni, come La Destra, di nuovo conio).
Una storia sembra dunque alla fine, un’altra tenta di affacciarsi. Non vale tuttavia la pena di continuare a seguirla, lasciandosi attrarre dalle luci della ribalta (politica) dove sgambettano ridicolmente omuncoli simili agli Oompa-Loompas della “Fabbrica di cioccolato”, non a caso interpretati da un solo attore, perché cambia il vestito e l’apparente lavoro svolto ma sono tutti eguali. Ci sono momenti nella storia, in cui gli agenti politici mantengono una decisa autonomia, intrecciando – alla pari – il loro operare con quello degli agenti economico-finanziari. Oggi in Italia – dopo che è stato spazzato via il vecchio regime quindici anni fa, per motivi messi in luce più volte e che adesso non ripeto – i politici sono puri camerieri (nessun vero maggiordomo fra essi) dei poteri finanziari e industriali (quelli più parassitari). L’unico a non esserlo è Berlusconi, ma non ha avuto l’intelligenza necessaria a capire che l’homo oeconomicus non può fare il “politico”. Se poi addirittura l’oeconomicus non è nemmeno un manager del settore produttivo, bensì un venditore della divisione marketing, è ovvio che alla lunga non regga; solo la meschinità e incapacità della parte avversa gli ha consentito di durare oltre il prevedibile.
Tuttavia, il vero motivo per cui il Governo Prodi è tenuto in piedi – e sono sicuro al 99% (salvo grossolani errori di alcuni senatori) che supererà il voto di oggi (o di domani) – è che i cosiddetti poteri forti non riescono ancora a concludere i giochi iniziati appunto all’epoca di “mani pulite”. Nel frattempo, molte cose sono cambiate, in specie in campo internazionale; i suddetti poteri forti continuano però ad essere alleati per “divorarsi” il paese, pur se divisi da molte rivalità (anche per l’intervento della finanza di altri paesi e soprattutto di quella della potenza predominante, e tuttavia ora abbastanza in crisi) che accelerano la putrefazione del sistema sociale ed economico, quello politico essendo addirittura ridotto ad “un morto che cammina”. Aver seguito l’iter delle legge finanziaria può essere stato motivo di disgusto, di rabbia, ma anche di riso. Una infinita serie di ammennicoli vari aggiuntivi (ammontanti almeno a 2,5 miliardi di euro; ma sono valutazioni menzognere al ribasso) per accontentare un po’ tutti, sia i cosiddetti centristi (moderati) che quelli ridicolmente definiti ala estrema o radicale della maggioranza. Il Premier si è premurato di ricevere perfino un solo senatore indeciso (Rossi), per concedere anche a lui qualche piccolo cambiamento della legge e dargli così modo di sentirsi la coscienza a posto nel votarlo. Una indecenza assoluta, uno scadimento politico e morale mai visto finora in nessun paese del mondo – o forse soltanto nel Sud America di anni fa e in regimi africani alla Bokassa e simili – ma il Governo non casca perché Montezemolo, Bazoli, Profumo e compagnia cantando (adesso è diventato potente anche il Monte Paschi per l’operazione cui si è già accennato) si troverebbero in difficoltà nelle loro mene se ciò accadesse.
I politici del centrosinistra, a turno, fanno maretta, cantano come nelle opere “vado fuori all’aperto”, ma restano sempre in scena. La pantomima serve per i poveri coglioni di elettori, che adesso sono (o sembrano) un po’ meno coglioni e si stanno vieppiù disgustando di questa politica. E’ comunque necessario dar loro qualche “offetta” affinché non se ne vadano “tutti a casa”, non eleggendo più i “nostri” parlamentari e governanti “sinistri”. Quindi, molte bizze e impennate, poi “disciplina di schieramento”; così tutti eseguono gli ordini impartiti dalla finanza e dall’industria devastatrici del paese: state al vostro posto fin quando non abbiamo regolato i conti fra noi, e sconvolto adeguatamente il quadro politico attuale, onde arrivare a un nuovo regime di centro (forte)-sinistra (di complemento), con i sindacati della Triplice (sempre più apparati di Stato) a turlupinare i lavoratori salariati e a trascinarli nella “sacra” lotta contro quelli “autonomi”, da salassare per dare fiumi di soldi ai “potenti” ormai incapaci di essere autentici imprenditori (di quelli cui inneggiava il povero Schumpeter; se avesse conosciuto i nostri odierni, sarebbe entrato in depressione e forse suicidato).
Il “gruppo Fiat” ha bisogno di statalisti fidati – non però “sporchi comunisti”, solo un po’ “keynesiani” (povero Keynes, credo che c’entri come i cavoli a merenda) – per salvarsi dalla bancarotta, giacché i conti alterati – su cui la Sec americana (l’equivalente della Consob per intenderci) ha chiesto invano lumi, affermando che mancavano totalmente di trasparenza – non possono turare le falle all’infinito (già quattro alti manager Fiat si sono liberati, circa una settimana fa, dei titoli acquisiti tramite le stock options, facendo capire che cosa pensano del futuro dell’azienda). La Bravo (fabbricata in Brasile) si può già dire che è un mezzo fallimento. Per lo stabilimento di Termini Imerese (Lancia Y), si pretendono cospicui finanziamenti a fondo perduto, mentre perfino questo Governo di “fedeli servitori” non sa come tirare fuori l’intera somma richiesta. Leggo che saltano, almeno per adesso, la Junior (destinata a Mirafiori) e l’Alfa 149 (a Cassino), mentre c’è il rischio che nel prossimo futuro (massimo 2009) possano entrare in esubero 2100 lavoratori della linea Alfa 147, per i quali non si sa se magari, come al solito, verrà chiesta la cassa integrazione (in ogni caso, una “bella” notizia che “controbilancia” quella dei 30 euro lordi di aumento “graziosamente” concessi ai lavoratori Fiat). Sulla “nuova 500” (fabbricata in Polonia), rimandiamo il discorso.
Intesa e Unicredit sono da tempo impegnate nel conflitto che si sviluppa, sotterraneo, lungo l’asse Mediobanca (dov’è presidente Geronzi dopo l’assorbimento della Capitalia da parte di Unicredit) e Generali, in cui l’intervento politico (ma anche di Bankitalia) cerca di diminuire il peso del solito Unicredit, il che avvantaggerebbe la rivale. Quest’ultima, intanto, è in pole position (sempre per merito dell’intervento degli “amici” governativi) ai fini dell’acquisizione di Alitalia tramite l’AP holding (che possiede AirOne); ad aiutarla sono arrivate da pochi giorni la Goldman Sachs (ricorderò ancora che il Governatore di Bankitalia da qui proviene) e la giapponese Nomura. Intanto, il “candidato” di Intesa – il ben noto Bernabé (non faccio commenti) – è al momento il più probabile prossimo ad di Telecom, azienda squassata e sfasciata dalla lotta che si sta svolgendo intorno ad essa (avete visto, su Rai 3 sabato scorso, la trasmissione sui pasticci delle bollette telefoniche di tale azienda? Essa è ormai un inestricabile coacervo di “feudi” semiautonomi, incontrollati e incontrollabili). Adesso poi, nello scatafascio generale legato alla battaglia delle due superbanche, entrerà anche il terzo incomodo, il Monte Paschi-Antonveneta, il quale è “socio forte” di Hopa che ha il 3,7% delle azioni di Telecom (oltre a possedere l’ 1 % di Generali, il che gli consentirà qualche azione di “alleanza” per disturbare i contendenti anche su tale fronte, con l’appoggio di Zaleski, amico di Intesa).
Questi sono i giochi che contano oggi in questo scombiccherato paese; ed essi non sono soltanto italiani, c’è di mezzo l’Europa ma soprattutto gli USA (come lascia intendere il continuo “infilarsi” in essi della Goldman, sempre ricordando che l’acuto conflitto contro i “furbetti del quartierino” e la liquidazione di Fazio hanno portato in primo piano un personaggio che per tale grande istituto finanziario americano ha lavorato a lungo e in alta posizione, per cui mi è assai difficile pensare che sia oggi da quest’ultimo completamente staccato e autonomo). Tali giochi sono tutti giocati entro il centrosinistra. Sarebbe grave (per i “tipacci” già indicati) se cadesse il Governo finché non ci sarà almeno un parziale vincitore, comunque un (relativo) predominante, sia pure senza schiacciare gli altri, perché le ritorsioni sarebbero pericolose. Occorre una “pace armata” (oggi fra una decina di contendenti all’incirca), poi si potrà procedere sperando nel Pd, in Veltroni (finto buonista e terrificante personaggio passato dal finto comunismo al reale “luogocomunismo” servitore del potere finanziario).
Questi i progetti dei potenti. Ma la destra non lo può dire, nemmeno Berlusconi; il “salotto buono” non si tocca. Essa si agita, si dispera, elemosina un po’ di clemenza e di ascolto. Schiatta di rabbia (come ad es. il direttore di Libero, giornale che inneggia sempre alla Fiat) perché Prodi non se ne va, ma è costretta a subire e senza mai dire chi sono “i colpevoli” dell’accanimento terapeutico nei confronti dell’attuale Governo; né tanto meno può rivelare i motivi per cui esso è tenuto in vita, giacché una sua parte – almeno Udc e An, magari anche Lega – spera di poter godere in futuro di qualche vantaggio, magari in sede di dissoluzione e rimescolamento degli attuali schieramenti.
Non si tratta però di progetti di facile realizzazione; anzi credo proprio che i “poteri forti” resteranno una volta di più in mezzo al guado, così come lo sono da quindici anni a questa parte. Non avanzo in questa sede un’ipotesi sul perché sia stata compiuta – su precisa ispirazione d’oltreoceano – una manovra così malaccorta come quella di “mani pulite”. Ne riparleremo in futuro. Comunque, non ce la fanno proprio a mettere in piedi il nuovo regime di centro (prevalente)-sinistra (robusta ma complementare). Non ci sono riusciti in anni migliori, figuriamoci adesso che si prospettano tempi duri e con un Governo, tenuto in piedi per i motivi appena considerati, che annaspa, cincischia, procede nel caos più completo e senza alcun orientamento; un vero zombi, per di più accecato dal conflitto tra i vari parassiti finanziario-industriali che hanno ridotto l’Italia alla “Chicago anni ‘20” (l’ha detto uno che se ne intende).
Anche secondo le previsioni ufficiali (di istituti europei e mondiali), come minimo i prossimi due anni saranno di stagnazione in tutta Europa (con difficoltà forti anche per gli USA); è previsto che l’Italia resti chiaro fanalino di coda, proprio buona ultima. Senza considerare che la crisi finanziaria potrebbe abbattersi con maggior forza; la stagnazione è data per sicura proprio se tutto resta come in questo momento, in assenza di più che probabili peggioramenti. Mi pregio di citare a lungo “qualcuno” (che sta nelle “alte sfere”): “Negli anni novanta la combinazione fra ideologia mercati-sta e nuova tecno-finanza ha spinto, e insieme finanziato, la globalizzazione. Non è un caso che a scadenza la crisi si manifesti a partire dalla finanza. Una caratteristica delle crisi è che si autoalimentano: quando cede un pezzo, cede l’insieme, dalla finanza alle borse, dal petrolio ai cereali. Con la globalizzazione avrebbe dovuto arrivare l’età dell’oro; sembra piuttosto che vengano tempi di ferro. Cresce il costo della vita, decresce il senso di sicurezza sociale Questo è il profilo epocale-generale, è solo il principio di una riflessione politica che va fatta…..E’ evidente che il governo non ha ancora compreso [l’ha compreso, ma deve far finta di niente e far marcire tutto, per i motivi già spiegati; ndr] che la crisi sul pagamento dei mutui ha carattere sistemico e non specifico: non si tratta di irregolarità marginali, ma di una situazione generale di sofferenza”.
Non dirò chi parla così, lo si indovini. So però che un tempo avrebbero parlato così i comunisti; pur già diventati “piciisti” ma comunque persone serie, dotate di cervello. Oggi i “comunisti” o appoggiano, come quelli iracheni, l’intervento americano nel loro paese; o massacrano i contadini in rivolta in India negli Stati in cui essi (il partito comunista marxista: sic!) sono al governo; o come l’esimio sig. prof. Canfora (vedi intervento sul Corriere della Sera del 10 novembre; perché egli scrive sul giornale del patto di sindacato della Rcs, il “piccolo establishment”, la GFeID!) criticano l’appello per Gaza e l’atteggiamento di Hamas verso Abu Mazen; o disputano vergognosamente sulla mummia di Lenin. I “comunisti” sono diventati ormai autentici reazionari.
Andiamo comunque incontro ad una serie di anni difficili, di dissoluzione della politica e di putrefazione dell’economia. Non sarà affatto il “luogocomunista” Veltroni, con il Pd, a raddrizzare una situazione in chiara discesa. Il centrodestra servirà sempre a meno e andrà in liquefazione, riaggregandosi (forse) in altre forme, che resteranno comunque per un buon periodo minoritarie. I potenti sembrano accrescere la loro forza, ma sono minati da contrasti interni, da una economia generale in panne; e inoltre credono di risolvere i problemi insistendo sulle manovre (fusioni, incorporazioni, ecc.) puramente finanziarie – per di più condizionate dal predominio statunitense – senza il benché minimo progetto di rilancio industriale, in specie nei settori nuovi di eccellenza (che esigono anche un forte incremento della ricerca scientifico-tecnica e una maggiore attitudine alla stessa, mentre il nostro ceto intellettuale e universitario è soprattutto pregno di erudizione “umanistica”, e di “colte ed informate” chiacchiere sui più avanzati settori della tecnica e della scienza; e quando va bene, altrimenti si ulula contro gli infausti destini che ci prepara la Tecnica, contro lo sviluppo e la modernità, ecc. ).
I critici “anticapitalisti” sono ancora tutti dediti al conflitto capitale-lavoro (salariato), in pochi credono alle virtù “taumaturgiche” della Classe (operaia), in pochissimi di più si svenano per creare una sorta di succursale delle lotte oggi in corso nel mondo arabo e musulmano; da appoggiare sia chiaro senza reticenze (e alla faccia dei tanti “Canfora”), ma dedicando gli sforzi principali a creare una forza critica qui in un paese avanzato, e che ha bisogno di crescere, non di aderire a “romanticismi sismondiani” in salsa odierna. Nella situazione italiana attuale, anche per battere la finanza e l’industria parassitarie, e dare impulso preminente a nuovi settori – che gli USA contrastano in tutti i luoghi e in tutti i modi possibili (ma soprattutto usando quale “punta di lancia” la loro finanza, entrata però adesso in crisi) – è necessaria una “rivoluzione” (non in senso proprio, più semplicemente
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un cambiamento radicale, con metodi bruschi), non atteggiamenti meramente riformistici, e tanto meno dunque la connivenza aperta e l’appoggio che anche le “nuove”(?) forze – come il Pd o i cercati (e non a caso ancora non trovati) diversi raggruppamenti a destra – chiedono al vecchio putridume finanziario-industriale, ormai solo uno sciame di cavallette che farà terra bruciata del nostro paese, lo condurrà in situazioni paragonabili a quelle dei vecchi paesi sudamericani; soprattutto le infrastrutture fondamentali, le più moderne, cadranno in pezzi e la vita diverrà veramente complicata: più costosa, ma pure farraginosa, con comunicazioni difficili, un enorme spreco di tempo anche solo per trovare il modo di sopravvivere (certo in base alla tipologia di vita che è stata da tempo acquisita).
Malgrado tutti gli inganni – e il completo controllo dei media – da parte delle cavallette e dei politici e intellettuali al loro seguito, aumenterà il distacco della “gente” dalla politica, favorito dal non decollo di alcuna ripresa per qualche anno. Il marciume e il decadimento si faranno vieppiù evidenti. Pensare che chi ha governato Roma nel modo degli ultimi anni – solo la mancanza di una opposizione seria ha finora impedito che il bubbone Roma scoppiasse come quello di Napoli – sappia fare qualcosa di più per l’Italia, è da ingenui o peggio. Quelli che stanno dietro il “luogocomunista” sono gli stessi – con qualche aggiunta, per di più deteriore – di quelli che stanno dietro al centrosinistra in genere, di quelli cioè che manovrano per dissolvere gli attuali schieramenti e ricomporli in modo da disporne a loro piacimento. Non ne hanno i mezzi, non ci sono davanti a noi anni favorevoli ad esperimenti su quella cavia che dovrebbe essere la popolazione italiana.
L’Italia si manifesterà sempre più come il ventre molle (l’anello debole, non nel senso leniniano del termine) d’Europa. Ci sarebbero le possibilità di cambiare; ma i gruppi e gruppetti politici (accompagnati dagli orrendi intellettuali pagati dalle cavallette) stanno a discutere di fascismo e antifascismo, di comunismo (o quanto meno di uno statalismo socialdemocratico) e liberismo, di laicismo e clericalismo. Non ci sarà quindi possibilità di alcun cambiamento indolore, “riformistico”: o la completa putrefazione (e allora gli attuali parassiti finanziario-industriali diventeranno più specificamente saprofiti) o la “rivoluzione” (in grado di disinfestare la “vite” Italia dalla “peronospora” della GFeID e dalla “fillossera” dell’odierno ceto politico). Chiunque arriverà e sarà in grado di compiere quest’ultima – lo ripeto: chiunque – sarà accolto con vivi applausi da “gente” stremata dagli “esperimenti” del basso e inetto personale esistente oggi in economia (dominante) e in politica (servile). Quanto agli ideologi (detti intellettuali, pur se privi di intelletto), al 90% vanno dimenticati e “messi in soffitta”; non hanno più nulla di reale da dire, blaterano solo di “realtà virtuali”, parto delle loro malate fantasie.
Ovviamente va lasciato il punto interrogativo su quale delle due diverse soluzioni sia più probabile: putrefazione o “rivoluzione”? E un punto interrogativo ancora più grande circa la domanda: anche ammesso che si verifichi, in tempi medi, la seconda alternativa, di quale tipo essa sarà e chi la
saprà condurre in porto?