QUALCHE DUBBIO SU ALITALIA di G.P.

Pareva strano che nella disputa serrata per accaparrarsi Alitalia, tra AirFrance e AirOne, il Presidente del Consiglio Romano Prodi si fosse schierato nel primo partito, quello degli europeisti pronti ad affidare le sorti della compagnia di bandiera ai cugini d’oltralpe. In verità, Giovanni Bazoli, presidente della San-Intesa, non si era ancora espresso sulla possibile acquisizione di Alitalia da parte della cordata di compratori che vede andare in avanscoperta la sua Banca, un silenzio guardingo maturato in seguito ad alcuni presunti dissensi sulla strategia da adottare con l’ad Corrado Passera.

Le prime discrepanze tra i due erano emerse, qualche mese fa, sulle nomine Telecom e sui possibili papabili da mandare alla testa dell’azienda che fu di Tronchetti-Provera; alla fine l’ha spuntata il “bazoliano” Bernabè, con Passera che aveva invece caldeggiato prima la nomina di Colao, ex ad di RCS, e poi quella di Burgio, manager alberghiero di casa in Spagna.

Certo è difficile credere che vi siano divergenze strategiche così marcate tra Presidente e amministratore delegato della stessa banca ma il divorzio tra Geronzi e Arpe, all’indomani dell’acquisizione di Capitalia da parte di Unicredit, dimostra che gli alti manager non sono precisamente degli yesman.

In questo caso Prodi, Padoa-Schioppa e Tononi (si ricorderà quest’ultimo quale vero ideatore del piano Rovati su Telecom) si sono espressi a favore di AirFrance, questa ha messo sul banco un piano di sviluppo per Alitalia che contempla un ridimensionamento dello Hub di Malpensa a favore di un rafforzamento dello scalo romano. Il piano industriale di Air-France prevede altresì esuberi per 1000 unità che potrebbero però arrivare a 1700 se Volare non dovesse essere ricompresa nell’acquisizione. Per quanto riguarda Ap Holding, la cordata di compratori guidata dalla San-Intesa, si sa soltanto che qualora dovesse vincere la gara manterrà i due Hub e non effettuerà tagli drastici sulle maestranze. I sindacati hanno abboccato all’amo ed in nome dell’italianità e della salvaguardia dei posti di lavoro hanno già espresso il loro favore per quest’ultima cordata, fingendo di non sapere nelle mani di chi si stanno mettendo. Tuttavia, per ora Toto ha offerto un solo centesimo ad azione contro gli 0,35 euro offerti da Air France, già questo dovrebbe attestare con che mentalità “sparagnina” gli illustri nazionalisti di casa nostra vorrebbero affrontare il risanamento di Alitalia.

Tornando alla strategia della San-Intesa pare che Bazoli e Passera siano portatori di piani d’azione strategici che in questo momento non coincidono. Mentre Passera starebbe puntando a far diventare la San-Intesa molto più di una banca commerciale  estendendo la sua vocazione di avamposto finanziario, Bazoli vorrebbe invece preservare ogni energia per sferrare, a primavera, l’attacco decisivo su Generali approfittando della debolezza di Profumo (dopo le note vicende dei subprime) e di Geronzi (già piegatosi ai voleri bazoliani, e a qualche minaccia d’azione giudiziaria nei suoi confronti, sulle nomine in Telecom).

Passera, insomma, vorrebbe che la Banca della quale è amministratore delegato entrasse in tutti i grossi affari italiani, una banca che riuscisse ad essere finanziariamente presente negli asset strategici del Sistema-Italia. Anche qui sorge però un piccolo dubbio: come mai questa eccessiva premura se, a breve termine, l’esimio ad potrebbe lasciare il suo attuale ruolo per sostituire Scaroni all’Eni?

Tutto lascia credere che Passera e Bazoli stiano facendo un gioco delle parti dividendosi scientemente i compiti.

Il traballante quadro politico attuale richiede maggiore cautela e Prodi, da sempre amico del banchiere bresciano, potrebbe non superare l’inverno. Se ciò dovesse accadere verrebbe meno una sponda politica importante proprio mentre stanno per disputarsi una serie di partite fondamentali come la decisone sui nuovi assetti del Corriere della Sera.

L’obiettivo di Bazoli sono le assicurazioni Generali un colosso internazionale  che capitalizza in borsa 46 mld di euro.

Ricordiamo, inoltre, che in questo momento La San-Intesa possiede in Generali il 2.285% a fronte delle quote più cospicue di Mediobanca (14,29%) e di Unicredit (4,67%).

Si capirà che la chiave d’accesso al Leone triestino è in Mediobanca ed è su quest’ultima che si concentreranno tutte le attenzioni. Al momento il suo presidente è in una situazione di grande debolezza e potrebbe non essere in grado di reagire agli attacchi della San-Intesa.