QUALCHE PUNTO DA CHIARIRE di G.P.

        

 

Prima di mettere in evidenza alcuni fatti venuti a galla ieri sera, vorrei, brevemente, rispondere a quei mentecatti che in rete mi hanno accusato di fascismo e di evolismo (il che non è assolutamente la stessa cosa, per quel po’ che ho letto e capito di Evola) dopo il pezzo sul “rabbino” Bertinotti.

Mi sembrava chiaro si trattasse di una provocazione (del resto i titoli sono fatti per attirare l’attenzione) al fine di meglio sottolineare la doppiezza di questo personaggio inchiavardato al cadreghino. Don Fausto, infatti, per ragioni “istituzionali”, si era repentinamente accodato al polically correct dominante, dopo le proteste piovute sulla Fiera del libro di Torino, in seguito alla decisione presa dagli organizzatori di scegliere come paese ospite Israele.

Se i comunisti sono più bravi a ciurlar nel manico piuttosto che a sposare posizioni coraggiose non è certo colpa mia. Per quanto mi riguarda, io che comunista lo sono stato non rinnegando nulla del mio passato, mi sento abbastanza preso per il culo da uno come Bertinotti (che, invece, comunista non lo è da mai!).

Del resto, a seguire il modus operandi di questi opportunisti della peggior risma (che solo qualche anno fa si cingevano il collo e la testa con la kefia) si stenta a trattenere il vomito da come ti fanno girare la testa per le continue capriole politiche. C’è poco da fare, i vermi strisciano e non possono ergersi al di sopra la loro “fisiologia” orizzontale.

E poi sarebbe l’ora di finirla con questa continua “stigmatizzazione nera” (stantia come i cervelli rinsecchiti dai quali proviene) perchè funziona sempre più da rito apotropaico-identitario contro immaginari e immaginati demoni, rigorosamente vestiti in camicia nera. Nel pezzo volevo mettere in evidenza le azioni criminali dei sionisti (che non sono tutto il popolo ebraico) contro i palestinesi e gli abitanti di Gaza, le stesse nefandezze che il caro Bertinotti si premura di edulcorare (chissà perché e per chi) con le sue circonlocuzioni da perfetto demagogo.

Infine, vorrei ricordare a questi nostri detrattori che il pensiero di Marx noi lo conosciamo quel poco che basta a sottrarlo ai loro tentativi di ossificazione. Con questo non abbiamo certo bisogno di un nume tutelare o di tirare per la barba il fondatore della “baracca” pur di sopravvivere. A noi la seppia a loro il compito di succhiare l’osso.

Ma andiamo doverosamente oltre.

 

Credo che l’articolo di oggi di Gianfranco La Grassa, metta bene in luce la natura delle questioni da me soltanto accennate nella cronaca di ieri, quella che prendeva a pretesto le pesanti accuse rivolte contro il GIP Clementina Forleo per descrivere un generale clima intimidatorio. Si tratta di una definizione che è meglio citare integralmente poiché fortemente esplicativa, nella sua sinteticità, di una precedente fase storica sfociata nell’immondizia dell’attuale situazione politica: “Dopo il crollo del socialismo reale, all’inizio degli anni novanta, il Pci – ormai divenuto Pds, poi Ds, oggi infine Pd – riuscì, grazie al rinnegamento (privo di autocritica) dell’intero suo passato, a farsi accettare, dagli americani e dall’establishment italiano a questi asservito, quale perno di un possibile nuovo regime, più sicuro (cioè servile) e meno “costoso” di quello Dc-Psi sbaraccato da pezzi di magistratura molto “militante” (G. La Grassa, "OGNI BEL GIOCO…." ). Dopo questo disvelamento storico-politico, diviene sicuramente più semplice comprendere il degrado che imperversa nel panorama politico dell’Italia di oggi.

Quella ciambella infornata dagli americani e dalla GF&ID non venne perfettamente col buco a causa dell’apparire sulla scena partitica italiana di Forza Italia e del suo leader carismatico Silvio Berlusconi. Anzi, i suddetti poteri forti per coprire la loro azione predatoria ordirono  una “canagliesca campagna circa il fascismo montante di Berlusconi; un vero “gridare al lupo” (per ben 15 anni) onde mascherare chi era il vero Lupo: la già nominata GFeID, longa manus di parti decisive del complesso politico-finanziario statunitense, che ha infiltrato i suoi uomini in gangli decisivi del potere economico italiano (uno snodo non indifferente di questo processo è stata la battaglia conclusasi con la sostituzione di Fazio al vertice di Bankitalia) e ha consolidato la sua presa sugli apparati politici, ponendo al suo servizio sia destra che sinistra”.  Insomma, se l’ipotesi lagrassiana è veritiera, come io credo, non dovrebbe risultare difficile dedurre perché l’Italia odierna si sia ridotta ad un letamaio, con tanto di certificato di responsabilità (da rilasciare integralmente a questa sinistra). Siccome da qualche parte si deve pur cominciare a ripulire il paese, è meglio allora togliere di mezzo i più stupidi tra questi servi, la razza in estinzione di quelli che, nonostante il vento sia palesemente cambiato (così come dimostrato dall’accennato dialogo tra Veltroni e Berlusconi, due uomini della stessa “pasta” che s’intendono benissimo), continuano a gridare al fascismo delle destre e al babau di Arcore. Così ben venga la volontà del Pd di correre da solo alle prossime elezioni, con la speranza che questo possa servire a liberarsi dei rimasugli fintocomunisti che alzano la bandiera rossa per meglio affossarla. Dopodiché il quadro potrà così finalmente chiarirsi con l’emersione di quella contiguità e complicità tra destra e sinistra (nel voler servire gli stessi padroni) definita da Gianfranco la Grassa un “gioco degli specchi riflettenti” (Il gioco degli specchi, EditriceErmes, Potenza 2006).

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Detto questo, non c’è ovviamente da sorprendersi se la cosiddetta Casta (in realtà solo una parente “povera” della vera masnada di furfanti che si muove alle sue spalle, ovvero la GF&ID) sprofondi quotidianamente negli scandali più indicibili. Per esempio, pareva che la volontà di votare il 13 aprile derivasse dal tentativo truffaldino dei parlamentari di arrivare comunque alla baby pensione. A lanciare l’allarme era stato il senatore della Lega Calderoli che aveva adombrato il sospetto “secondo cui, per superare la sperequazione tra il parlamentare alla prima legislatura non più eletto rispetto all’equivalente però rieletto, si fosse raggiunto un accordo trasversale tra le forze politiche per portare al prossimo Ufficio di Presidenza, magari da tenersi dopo le elezioni politiche, una norma interpretativa che equiparasse i due anni sei mesi e un giorno previsti dalla normativa vigente ai due anni e un giorno che casualmente coincidono al minuto con la data della prima convocazione della Camera. Sarebbe interessante altresì che gli stessi Questori smentissero che, sempre in base a quella norma interpretativa che avrebbe dovuto assumere l’Ufficio di Presidenza, in caso di scioglimento anticipato, il giorno in più rispetto ai primi due anni sarebbe stato fatto valere come 181 giorni di mandato svolti, per poter dare in questo modo un assegno di fine mandato equivalente a tre anni e non a due anni. E se proprio vogliamo dircela tutta, dopo che qualcuno si e’ fatto grande con il fatto che alla Camera i 300 euro di aumento mensili, diversamente dal Senato, sarebbero stati bloccati, faccio notare che gli stessi sono stati congelati e, pertanto, quei 300 euro di aumento entreranno tranquillamente nella tasche di tutti i deputati con gli arretrati alla conclusione del loro mandato. Se vogliono smentire anche quest’ultima osservazione sono pronto a fare mea culpa ma resto convinto che senza questo mio sasso tirato le cose sarebbero andate ben diversamente”.

Mi sembra che mentre Camera e Senato abbiano smentito il fatto di poter andare in pensione prima dei 2 anni e 6 mesi, nulla abbiano ancora detto sul tentativo dell’equiparazione temporale di cui parla Calderoli. E sui trecento euro d’aumento per i nostri infaticabili parlamentari? Anche in questo caso non è arrivata ancora la smentita.

Chi si limita a guardare al dito anziché alla luna crederà che qui si stia facendo del “grillismo” per cavalcare il malcontento popolare. Nulla di più sbagliato perché nessuno di noi ha velleità elettoralistiche né, tanto meno, posizioni istituzionali da raggiungere. Si tratta di scrostare definitivamente, attraverso la descrizione della sintomatologia (potendo così andare più a fondo), il vero cancro che si mangia l’Italia, cioè quell’alleanza tra poteri banco-finanziario-industrialdecotti legati alla potenza egemone statunitense.

Per epitomare, si può paragonare la Casta dei politici al ponte levatoio di un castello dove sono asserragliati veri i padroni del "feudo", quelli che stanno mandando il nostro Sistema-paese in rovina. La politica li ha fatti passare e si è distesa ai loro piedi. Occorrerebbe allora un esercito nuovo che spazzasse via il ponte e prendesse a cannonate il castello.