RI-UNIAMOCI commento di Giellegi

Non so se parlo a nome degli altri redattori (in gran parte in vacanza), ma sono convinto che non vi siano tra noi eccessive differenziazioni su ciò che sto per dire. Rispondendo a tutti, ma in particolare a un commentatore, non ho mai discusso, e quindi nemmeno negato, possibili valori conoscitivi della filosofia. Ho una posizione un po’ diversa: non credo che la Filosofia sia una e una sola, e che sia la forma di conoscenza privilegiata in grado di illuminare la Verità (quella Somma); perché questa è la pretesa avanzata da certi filosofi. Che qualcuno mi opponga ad esempio il fatto, indubitabile, che uno Spinoza la ponesse al più alto gradino fra i tre generi di conoscenza, o che Hegel ne facesse la Scienza per eccellenza, non mi fa tacere circa l’arroganza di chi crede di avere in tasca la Verità per il semplice fatto di filosofare. Si vorrà riconoscere che ci sono varie correnti (termine limitativo, ma adesso non ho voglia di cercare la parola migliore) filosofiche; i pretenziosi che vogliono svalutare tutte le altre per mettere la loro al primo posto – che dico al primo posto: al Posto, l’unico e il solo – non sono da me minimamente apprezzati. Sono come i seguaci di una Fede religiosa che chiamano infedeli tutti gli altri. Alla larga da simili presuntuosi.

C’è stato indubbiamente un periodo della mia vita di studioso (quella iniziale), in cui ero convinto della giustezza dell’analisi marxiana e dell’errore delle altre “correnti” (idem come sopra) di teoria sociale. Tuttavia, anche allora ero fortemente infastidito dal fanatismo di alcuni marxisti, che credevano di poter sostituire il loro ad ogni altro ramo del sapere, ecc. Adesso poi, li mando direttamente a c….. Così faccio pure con i filosofi arroganti e pieni di sé. E ancora lo faccio con coloro che fingono di conoscere Marx e il  marxismo, mostrando invece una tale enorme ignoranza in proposito che me ne sento offeso. Mi avete mai sentito discettare con prosopopea su Hegel o Kant o il suddetto Spinoza o su Husserl o Bergson (credo di aver preso ampia visione, e non una sola volta, di quasi tutti i suoi libri) o su Heidegger (idem per quanto riguarda i libri tradotti in italiano) o su Whitehead, anch’esso sottoposto ad una buona attenzione (e potrei continuare anche con gli antichi e decine di altri moderni che almeno ho letto, ma non certo studiato, oltre ad aver letto molto su di loro)?

Dirò di più. Mi avete mai sentito entrare in discussioni particolareggiate – salvo alcune indicazioni di larga massima – su economisti come Walras o Pareto o Marshall o Böhm-Bawerk o Schumpeter o Von Mises o Hayek o, infine Keynes; tutti autori che, sia pure in altri tempi, ho studiato e non semplicemente letto (ma non solo quelli citati, ancora molti e molti altri)? Mi avete mai colto a mostrare arrogante improvvisazione su Durkheim, Simmel, Weber, Schutz, Parsons, Luhmann e svariatissimi altri sociologi, tutti da me debitamente e ampiamente visionati? E di tutte le decine di libri divorati di fisica (in particolare di cosmologia, ecc.) e di chimica e biologia (perfino, in gioventù, di entomologia), mi sono mai servito per imbastire discorsi fingendo di saperne più di qualche scampolo non certo troppo ben digerito? Ci sono invece dei “barbagianni” che sparano cazzate su Marx e il marxismo con estrema supponenza; e dimostrano di conoscere con vergognosa superficialità anche soltanto il Manifesto del partito comunista.

I filosofi marxisti seri che ho letto e anche quelli, in fondo minori, che ho conosciuto sapevano la critica dell’economia politica; e fin dalle prime parole lette o ascoltate, mi accorgevo che comunque avevano studiato con molta attenzione quasi ogni opera di Marx, specialmente le sue principali. Dei “marxisti” usciti soprattutto dal ’68 (dopo è meglio lasciar perdere) assai pochi – ad esempio quelli che hanno avuto come maestro un Althusser – sono andati oltre alcuni pezzi dei Grundrisse. Se hanno tentato di leggere altro, lo hanno fatto allora in modo assai approssimativo e “inventivo”, capendone veramente poco. Hanno però disonestamente finto il contrario e sono stati effettivi “cattivissimi maestri” distruggendo in trent’anni la conoscenza di questo importante – spero mi si concederà l’importanza – ramo del pensiero sociale, che è stato all’origine della più vasta prassi rivoluzionaria mondiale per più di un secolo. Pochi sono oggi rimasti a devastarlo ulteriormente; la maggior parte, senza averlo mai conosciuto, ne ha decretato la fine. Tra questi distruttori –  che siano rimasti fedeli ad un Marx largamente inventato o che invece lo abbiano sepolto – un posto speciale spetta a quelli che si pretendono filosofi. Ma filosofi “de che”? Dell’arrogante superficialità e supponenza fatta passare per Somma Verità raggiunta tramite il loro sproloquiare?

Vi prego quindi di non accusarmi di disconoscere il valore conoscitivo della filosofia. Se poi posso confessare un (non) segreto, dirò che, pur essendo poco sensibile (e me ne dolgo assai) all’arte figurativa, trovo l’arte in genere la massima espressione delle capacità umane. Se mi fosse stato concesso di scegliere che cosa avrei voluto diventare, avrei detto: un poeta o, in seconda battuta, un romanziere o un buon suonatore di jazz (di tromba o sax) o almeno un regista cinematografico. Non grande, per carità: diciamo dello stesso livello che ho conseguito nel campo della teoria sociale. Quindi, mi viene da ridere quando qualcuno mi accusa di “scientismo”, di esser infatuato della scienza e delle sue capacità conoscitive. Certo, oggi vedo in giro più scienziati seri di quanto non veda filosofi seri. Non considero questo fatto un vantaggio per la società; ne prendo solo atto.

Soprattutto continuerò a non stimare certi filosofi di un’arretratezza notevole, ultrasuperati, e ciononostante convinti di “avere capito l’Essenza del Mondo”. Superficiali chiacchieroni, semplici (e modesti) cantori del ritorno all’indietro, credendo così di ri-attingere le vette della “civiltà” e della Conoscenza Assoluta, di cui fingono d’essere i Portatori. Veri cascami, invece, di una vetusta cultura detta pomposamente “umanistica”; si atteggiano ad eredi (incompresi) del Rinascimento mentre sono miseri rimestatori di nozioncine fritte e rifritte, ma “sputate” con “sapienzialità” che può incantare solo qualche giovinetto inesperto. Mi si concederà che gli scienziati sono decisamente più sobri, e più facilmente si controllano fra loro, senza vomitarsi addosso. Lo ripeto: questa non è una cosa buona per la società, ma è così e non ci si può far niente se non prenderne atto.

 

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Questo blog (e poi il sito) – non messo in piedi da me, e nemmeno su mia sollecitazione; sono solo stato invitato a parteciparvi e mi ci sono trovato bene – non si pone come fine quello di ristabilire il valore conoscitivo di questa o quella branca del sapere umano (né la gerarchia di queste branche in merito alla conoscenza). Ha iniziato soprattutto aggredendo le situazioni politiche, in genere contingenti, del nostro vivere in società; con attenzione ai fenomeni mondiali, ma con speciale riguardo a quelli del paese e società particolare in cui ci troviamo inseriti. Abbiamo però cercato di allargare la nostra trattazione di vari problemi anche dal punto di vista prettamente teorico (il sito è nato da questa esigenza). Nessuno esclude in linea di principio che si affrontino temi in qualche modo filosofici, ma sempre riconducendoli ad un insegnamento anche potenzialmente “pratico”. Non crediamo all’uso pratico-politico di discorsi di estrema generalità, proiettati in un futuro indeterminato con la “scusa” – perché per noi è sia “scusa” sia “arroganza suprema” – che si tratterebbe di Grandi Verità valide in ogni dove e in ogni tempo. Siamo invece più portati ad ipotesi (non cristallizzate per pura testardaggine dogmatica) che vengano mantenute ferme solo per quel periodo storico da noi indicato genericamente quale fase.

Non si tratta di una misura di tempo precisa, determinabile in x unità (quelle stabilite dalle nostre convenzioni); comunque, difficilmente la possiamo immaginare proiettata a più di 20-30 anni. Sappiamo che ci sono congiunture in cui la “storia” s’impantana, altre in cui accelera. In ogni caso, si tratta di un orizzonte piuttosto limitato, trascorso il quale (ma anche nel mentre trascorre, sia ben chiaro) date ipotesi andranno (sicuramente) almeno riviste, e forse addirittura abbandonate o rovesciate, ecc. Viene insomma esperito il tentativo di trovare progressivamente un modo di orientarci in quella che – e su questo scommettiamo – sarà una fase di “grande trasformazione”; lo ripeto, più o meno lunga a seconda di “impantanamenti” o “accelerazioni”. Altrettanto scommettiamo però che tale trasformazione non sarà quella fantasticata (anche da me) per larga parte del novecento, quella della sedicente rivoluzione anticapitalistica, diretta al socialismo e comunismo. Sarà puramente interna al capitalismo? Potremmo formulare qualche supposizione in merito, se avessimo una migliore definizione di capitalismo rispetto a quelle fino ad ora in voga nelle più varie teorie della società moderna. Quindi, fra l’altro, uno degli assilli nostri è e sarà la riflessione sul concetto di capitalismo.

Non siamo specialisti in specifici rami di carattere “tecnico”. Soprattutto non abbiamo a disposizione mezzi né contatti con centri di ricerca; in specie con quelli che più ci interesserebbero: quelli strategici, i più “coperti” e “discreti” che ci siano. I centri accademici, i gruppi di tecnici ed esperti (del tipo degli economisti e sociologi che scrivono sui giornali e blaterano in TV), ci interessano assai meno, quasi nulla; sono in parte non troppo competenti, in parte pagati per raccontare delle sostanziali menzogne. A differenza dei filosofi (di certi filosofi!), essi brancicano intorno ai dati riguardanti qualche mese o, al massimo, qualche anno (passato o a venire), non ci intontiscono con l’eternità. Sempre di illusionisti però si tratta; e sono anche quelli che fanno maggiori danni, dato che l’eternità è composta di tanti piccoli periodi, proprio quelli di cui è intessuta la nostra vita di tutti i giorni.

Per capire meglio la fase, è importante anche conoscere – con nuove ipotesi interpretative – alcuni nodi essenziali del passato; soprattutto del più recente e del nostro paese (inserito in una specifica area socio-economico-culturale). Nemmeno di storia siamo specialisti; cerchiamo appunto di lanciare nuove ipotesi interpretative. Insomma, malgrado escludiamo la nostra capacità di compiere studi ponderosi, con ampia raccolta di dati passati e presenti in tutti i vari campi della conoscenza storica e sociologica, il lavoro che dovremmo svolgere è pur sempre immane. A questo aggiungasi tutto il rimuginare intorno alle teorie più appropriate per formulare le suddette ipotesi. E’ evidente che proveniamo dal marxismo, pur se non siamo più disposti a giuramenti di fedeltà. Di questo non si può non tener conto; senza tuttavia escludere che date ipotesi e pratiche (in specie teoriche), relative alla presente fase storica, siano in grado di interagire proficuamente con altre impostate da chi ha differenti ascendenti teorici e culturali (e ideologici).

La riunione – per la quale, dopo una prima decisione opposta, abbiamo scelto di non presentare alcuna linea orientativa “di massima” – è il tentativo di un primo giro di orizzonti, di una prima valutazione circa la possibilità di allargare il campo dei collaboratori (a pieno titolo di parità) per raggiungere una dimensione atta a costituire un sia pure piccolo centro di elaborazione e di indirizzo; lo ribadisco, con atteggiamento “sperimentale” basato su ipotesi e scommesse. Simile atteggiamento non esclude affatto la veemenza della polemica, la convinzione che sia intanto giusto e praticamente utile lanciare quelle date ipotesi e scommesse. In particolare, ci potranno essere momenti di tensione con chi continua, per preconcetto, a guardare al passato come a “tempi migliori” da restaurare.

Non trattiamo ogni tradizione come pura conservazione, sappiamo che non è così. Tuttavia, bisogna restare ben aperti al futuro e valutare “le cose com’esse sono e non come si vorrebbe che fossero”. Queste “cose” sono però come sono perché, indubbiamente, ne diamo un’interpretazione piuttosto che un’altra. Ci piacerebbe rivedere molti codificati giudizi circa eventi storici, soprattutto del ‘900 (e anche ‘800) – ad esempio, come i lettori ben sanno, abbiamo criticato molte volte la stucchevole tesi secondo cui la crisi del ’29 fu risolta dal New Deal, tesi a nostro avviso stolta e falsa – ricordando tuttavia che, alla fine, nuove valutazioni del passato hanno senso in quanto si rivelino più utili al fine di praticare diversi orientamenti e indicazioni nel presente e nell’immediato futuro (la fase).

In ogni caso, non vorremmo ridurci come altri blog che magari vanno per la maggiore, ma sono puri contenitori di un po’ di tutto. Desidereremmo essere, pur in modo rudimentale, un coagulo di elaborazioni non specialistiche o accademiche (non aspiriamo a concorsi universitari) eppur sempre più tese e mirate; e sempre “falsificabili”, malgrado qualche atteggiamento di dura polemica – e di indignazione manifesta – in casi specifici che riteniamo lo richiedano. Forse però sempre meno in futuro (a parte l’indignazione per certi crimini molto pratici, non teorici). Spero che alcune questioni siano chiarite. Andando avanti, nei nostri successivi interventi altre si chiariranno. Comunque, un incontro ci sembra utile e “potenziatore”. Se non fosse così, peccato: un’occasione persa come già tante altre. In ogni caso, collaborerò sempre ad un blog che non sia un mero contenitore. La presa di posizione coerente, per quanto non immobile e cristallizzata per sempre, è indispensabile se s’intende essere utili e non creare solo confusione e rumore come nel caso della maggior parte di ciò che vedo inserito in rete. Non è cultura, questa, né fare politica; solo rozzezza e agitazione scomposta, sfruttata da chi fa giochi sporchi pur fingendosi molto critico e radicale. Di banali chiacchieroni e di mestatori, forse anche pagati dai dominanti per disorganizzare ogni sensato discorso critico, è pieno zeppo questo supposto “meraviglioso” strumento, preso per “democratico”. Quello che, per alcuni assai ingenui (solo tali?), avrebbe contribuito all’elezione di Obama (che scempiaggini!).