RIPENSARE QUESTI ANNI (29 settembre) di G. La Grassa

 

Sembra passato un secolo (cioè proprio cent’anni) da quando un ceto intellettuale fra i più farfalloni e supino alle peggiori frazioni dei dominanti cianciava sulla fine delle funzioni degli Stati nazionali. Il gruppo intorno a Le Monde diplomatique era fra i principali a farsi alfiere di queste sballate tesi; il social forum era pieno di “ultrarivoluzionari” che facevano da coretto. Alcuni sapientoni disquisivano (e lo fanno tuttora) sulla “nuova classe transnazionale”, ormai mondialmente unificata, dimenticando che la borghesia e, in genere, le classi dominanti sono sempre state tali. Nell’ottocento, ad esempio, i dominanti di tutto il mondo parlavano generalmente francese, i rampolli delle famiglie dei maggiorenti d’Europa (e successivamente d’America) soggiornavano a lungo a Parigi; certi gusti e abitudini (e costumi, ivi compresi quelli sessuali) delle classi “alte” erano internazionalizzati sotto la predominante influenza della “Ville Lumière”. Ciò non ha impedito alle varie borghesie nazionali di scatenarsi in sanguinosi conflitti quando c’è stato bisogno di regolare i conti per la supremazia mondiale. Ormai manca completamente l’abitudine ad indagini di carattere strutturale; è più semplice, per i pigri di mente, fermarsi o agli atteggiamenti di singoli individui – quelli che appaiono in prima fila nella politica – o a problematiche culturali assai generali e di mera superficie, come appunto l’idea di questa borghesia (o classe medio-alta) “transnazionale”.

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