RISPOSTA A GEMINELLO ALVI di G. P.

 

 

(Per il suo articolo “Basta con i blog: sono pieni solo d’insulti” – Il Giornale del 4 gennaio)

 

Geminello Alvi su Il Giornale, quotidiano al quale collabora, se la prende con blog e siti Internet, definiti luoghi di precarietà comunicativa e di non senso diffuso, dove incultura, rozzezza e saccenteria costituiscono l’architrave di un parlare stanco e privo di contenuti, nonché urlato e insultante proprio perché superficiale.

Riconosciamo che questi elementi, affastellatisi nella rete, hanno dato vita ad un sistema para-assiologico rovesciato, dove la ricerca della verità e la volontà di informare sono divenuti valori di second’ordine, ampiamente surclassati dalla ciarlataneria e dal luogo comune, risultato di una "deiezione" parolaia senza freni che si potrebbe pensare come connaturata alla schizofrenia dello strumento (e di chi vi scrive).

La decadenza morale, oltre che politica ed economica, nella quale sta sprofondando l’Italia, dalla testa (la sua classe dirigente) ai piedi (il suo popolo passivo) viene alla luce proprio dal diffondersi di tanto scempio culturale il quale, nonostante Alvi taccia sul punto, non riguarda solo la rete telematica. Il giudizio di Alvi, sostenuto dai fatti, è tranchant ma, per certi versi, potrebbe essere da noi condiviso se solo la sua prospettiva valutativa fosse appena allargata. Ad Alvi, noi del blog, abbiamo spesso riconosciuto di non essere preda, come tanti altri nel suo “entourage”, dell’accecamento reazionario e di saper fornire analisi intelligenti sui temi della politica e dell’economia. Probabilmente però la politica estera gli interessa meno, molto meno, altrimenti avrebbe esteso la sua valutazione negativa anche agli editoriali dei colleghi de Il Giornale.

Negli ultimi giorni sono apparsi sullo stesso due articoli a firma di Fiamma Nirenstein e di Maria Giovanna Maglie, sulla guerra nella striscia di Gaza, che di colto e di veritiero non avevano nemmeno un’oncia. Le due signore, protette da spalle larghe (insinuo! Si, insinuo accaloratamente!), hanno innalzato la mistificazione e la menzogna giornalistica a valori fondanti dell’informazione (o dovremmo dire della disinformazione?) sulla carta stampata. Le signore sono due invasate che non si fermano nemmeno davanti ai morti e che continuano a blaterare di bandiere israeliane bruciate (fatto certo “gravissimo” laddove nella striscia di Gaza bruciano corpi umani!) e di terrorismo solo minacciato e poco consequenziale mentre dall’altra parte si è già passati ai fatti.

 Io mi vergogno per la stampa e per queste due pennivendole così come Alvi si vergogna per Internet e per i blog. Allora, ampliamo pure la diagnosi e la successiva cura perorata da Alvi a tutti gli organi d’informazione. Questi si vantano di essere “luoghi della comunicazione” mentre solo soltanto cloache olezzanti dove sguazzano orde di porci che inforcano la penna con le zampe, per scrivere di ciò che non sanno o di ciò che sanno ma che vogliono scientemente obnubilare.

I giornali sono degli orrori di vecchia data e le loro versioni telematiche sono solo la variante contemporanea con la quale riprodurre le nefandezze di sempre, raggiungendo nuovi settori di lettori. Il linguaggio di questi sarà certo più erudito ma la sostanza è merda che nessuna specificazione, più o meno intellettuale, potrà tramutare in qualcos’altro.

Infine, Alvi dice: “Insomma il blog non è da persone serie: è un frastuono, che si è assecondato per moda, ma che con la democrazia e l’opinione vera non c’entra.” Appunto, se sostituissimo alla parola blog la parola stampa non ci discosteremmo di un millimetro dalla verità. Se poi Alvi decide di smettere di servirsi di queste generalizzazioni, rimettendosi in pari con la sua intelligenza, potremmo anche noi rivedere la nostra posizione.

 

 

Basta con i blog: sono pieni solo d’insulti (fonte Il Giornale)


di Geminello Alvi

Chi sotto queste feste se ne sta ben riparato, come me a casa coi miei, tra le colline dove la neve ha attutito ogni cosa, beato di aver salvato dalla gelata i limoni, non è forse adatto a internet. Anche perché a Natale la terra quasi ci respira dentro e ci rende volentieri in grado di bastarci, ma intimi agli altri, più calmi. E invece internet, e in particolare quegli orrori che si chiamano blog, sono tutto l’opposto. Un nervosismo di insulti svogliati, sfoghi di invidia o meschinità di cui si è felici: luoghi precari insomma, dove la coscienza e l’essere desti sono sospesi. Il vivere così fuori mano e isolato peraltro mi costringe a usare internet per lavorare, e spedire articoli come questo. E il non avere neppure la tv in casa, e il giornalaio a troppi chilometri di distanza, rende pure inevitabile usare il computer per leggere le notizie. E fin lì niente di male. Può forse biasimarsi la loro stringatezza, e la luce del video che non vale la carta sfogliata. Ma un qualche vantaggio c’è. Dove invece si sente solo disagio, e un dolore ulteriore per come sta finendo il mondo, è scorrendo i vari blog. Essi vengono vantati come luoghi d’espressione ideale e comunicazione: nessun elogio insomma gli è risparmiato. A me invece paiono luoghi di frustrazione e sciatteria, nei quali bisognerebbe io credo vergognarsi di scrivere, e certo non inorgoglirsi di averli creati. Invece c’è tutto un culturame e persino il senso comune a elogiarli, a vedere in essi una forma superiore di informazione e democrazia. Ma quelli che valgono qualcosa sono pochi siti a pagamento nei quali si limitano o si cooptano i partecipanti. Gli altri, la maggioranza, invece amplificano solo dei luoghi comuni e non erudiscono in alcun modo. Infatti chi abbia un qualunque mestiere e lo sappia davvero lo vede subito: sui blog si parla di tutto, ma sapendo ben poco, e informando ancor meno. Il loro fine è in effetti un altro: assecondare qualche frasetta, alla quale l’insulto serve da sfogo e surroga svogliatamente pensieri assenti. E peggio ancora: si sente in questo mai firmarsi col suo vero nome di chi invia messaggi una caduta ulteriore. Sia chi sia, impiegato o signora snob, arrabbiati di destra o sinistra, studenti o professorini: tutti costoro scrivono al riparo dell’anonimato cose che mai si direbbero in faccia. Altra diseducazione.
Internet diseduca anzitutto perché solo una persona ch’è già molto colta è in grado di orientarsi nella sua infinità di voci, ma allora non ne ha bisogno. Inoltre peggiora le cose anche perché confonde la parola comunità con un’accozzaglia di insulti, e approssimazioni dette senza responsabilità. Come in certa pessima tv viene pertanto meno il contraddittorio, in cui si disputi con durezza ma con onore: prevale il frastuono. La qual cosa anzi a ben pensarci è più esecrabile pure che in televisione. Perché rende tutto pervadenti, e a disposizione della presunzione di ognuno, l’ignoranza e l’insulto. Insomma il blog non è da persone serie: è un frastuono, che si è assecondato per moda, ma che con la democrazia e l’opinione vera non c’entra. Altro che forma di spontanea resistenza originale: è incolta, svogliata e vile, e soprattutto fatta di ovvietà i cui difetti palesi persino alle povere anime che vi dibattono tra loro, sono colmate dagli insulti.
In conclusione mai come in questi anni si comunica, e però senza dire niente o peggio dicendo quando sarebbe meglio tacere. Il che vale anche per i blog e internet. Ed è bene che s’inizi a dirlo. Tanto più in queste feste di Natale quando i difetti di intimità, verità stonano più che mai.
Geminello Alvi