SENSIBILE E SOPRASENSENSIBILE DI M. TOZZATO

Qualche giorno fa i giornali (Corriere, Repubblica) hanno commentato alcune frasi del papa, Benedetto XVI, tenute durante una omelia (il giorno 09.04.2009). Si tratta di alcuni passi in cui il pontefice fa riferimento al pensiero di Nietzsche:

<<Nietzsche ha dileggiato l’umiltà e l’obbedienza come virtù servili, mediante le quali gli uomini sarebbero stati repressi. Ha messo al loro posto la fierezza e la libertà assoluta dell’uomo. Orbene, esistono caricature di un’umiltà sbagliata e di una sottomissione sbagliata, che non vogliamo imitare. Ma esiste anche la superbia distruttiva e la presunzione, che disgrègano ogni comunità e finiscono nella violenza.>>

Nel suo saggio dedicato al filosofo dell’eterno ritorno, e pubblicato nel suo  libro intitolato  Holzwege (in italiano Sentieri interrotti), M. Heidegger scriveva:

<<Col capovolgimento determinato da Nietzsche, non resta piú alla metafisica che il suo capovolgimento nel non-essere [Unwesen]. Il soprasensibile non è che l’inconsistente prodotto del sensibile. Ma con questo svilimento del suo opposto, il sensibile rinnega il suo stesso essere. La destituzione del soprasensibile sopprime anche il puro sensibile, e perciò la loro distinzione. La destituzione del soprasensibile sfocia in un “né… né…” rispetto alla distinzione di sensibile (aisthetón) e non-sensibile (noetón). La destituzione si conclude nell’insensato [sinnlos]. Tuttavia essa rimane il presupposto inavvertito e indispensabile del cieco tentativo di sottrarsi all’insensato attraverso un mero conferimento di senso [Sinn-gebung].>>

Quando Nietzsche parla di mondo vero e di mondo apparente e afferma che con il venir meno del mondo vero (il soprasensibile, i valori supremi, Dio) anche il mondo apparente si dissolve, egli vuole in realtà togliere di mezzo questa distinzione, per lui, “immaginaria”, fittizia. La sua posizione non è però quella del Feuerbach de L’essenza del Cristianesimo; Nietzsche, infatti, è prospettivista nella misura in cui ammette il conflitto tra varie visioni del mondo e della realtà in lotta tra loro. La morale della compassione è una posizione di valore che implica una certa valutazione riguardo alla vita e al vivente; i valori vitali, la volontà di potenza si pongono in completa opposizione rispetto ad essa. Nella stessa maniera sono considerati valori decadenti – contrari alla tensione verso l’accrescimento della forza vitale – sia l’umiltà che la consapevole sottomissione e la disciplina che pretende di indurci al sacrificio e alla sopportazione della fatica e del dolore, quando questo possa divenire necessario per salvaguardare qualcosa di maggior valore (nel senso dato a questa parola dal cristianesimo e dal socialismo). Heidegger , comunque, esagera quando paventa il dissolversi della realtà empirica del mondo a causa del venir meno della dimensione soprasensibile: l’aspetto importante che in realtà egli coglie è l’insufficienza di <<un mero conferimento di senso>> puramente soggettivo che in quanto tale si riduce ad un gioco di forze prive di valore ma dotate di potenza ed in grado di affermarsi e di modificare il mondo grazie ad essa. Sempre più, si può dire, l’affermazione puramente soggettiva di valori e ideali si rivela impotente e la validità che a essi attribuiamo appare una pura petizione di principio. Ciò nonostante la nostra conformazione fisica e psichica ci impedisce di ridurre la considerazione che abbiamo del mondo al semplice risultato di una mera costruzione razionale logico-matematica perché l’agire pratico, tra cui in maniera eminente l’agire politico (in senso lato), rende necessario nei più svariati momenti della nostra esistenza mantenere uno spazio di credenze da tener per vere – alla formazione delle quali contribuiscono anche la nostra sfera emotiva, desideri e sentimenti – che sono indispensabili per dare unità e forma alla nostra volontà e ai nostri progetti.

Mauro  Tozzato                       15.04.2009