SI VERGOGNINO I PRETESI COMUNISTI (a cura di GLG 22 feb 11)

Alla fine riporto l’art. di Foa, già ripreso in un commento al nostro blog; e di fronte al quale dovrebbero provare vergogna coloro che, in buona fede, si credono comunisti (i farabutti, che tali si dichiarano sapendo di mentire, non possono vergognarsi).

Non venga qualche sciocco, non capendo il senso delle parole, a sostenere che secondo Foa gli Usa hanno “messo a segno una straordinaria operazione di immagine, dimostrando al mondo intero che l’America è dalla parte del popolo e della democrazia anche in regimi fino a ieri amici”. Dice una cosa giustissima, è una vera vittoria d’immagine e solo d’immagine; perfino con l’intelligente mossa di anticipare i cambiamenti in paesi alleati, prima di passare a quelli ostili o comunque non a loro allineati. E perfino con mugugni di Israele (vedremo in seguito quanto effettivi o invece quasi concordati); quei mugugni che fanno scrivere a “fissati” anti-ebraici considerazioni tutto sommato troppo benevole intorno alle manovre degli attuali Usa, manovre che li riportano in primo piano nei rapporti di forza internazionali. Si tratta della più limpida dimostrazione di quali errori colossali discendano dal ritenere che la coda (Israele) muova il cane (Usa). Se certi meri anti-ebraici, e invece assai deboli anti-americani, non torneranno alla lucidità, è chiaro che rischiano di confondersi in breve tempo con le schiere di sostenitori degli Stati Uniti.

Rispetto a chi faceva dell’ironia per i nostri paralleli con quanto accaduto nell’89, Foa mostra di essere molto più accorto. Chi non ha per nulla una preparazione strategica geopolitica (la mia è minima, sia chiaro), ma è solo fissato con la lotta delle masse (si spera ci risparmi almeno l’idiozia di quella “di classe”), non capisce che l’evidente differenza di struttura sociale – i paesi est-europei erano certo molto diversi da quelli nordafricani; ma c’era molta somiglianza tra quelli baltici e la DDR o la Cecoslovacchia, tra questi e l’Ucraina o la Georgia, e via dicendo? – non impedisce di stabilire un’analogia tra mosse geopolitiche affini. In certi paesi est-europei aveva agito l’Intelligence di Gorbaciov, si spera per totale inettitudine e grossolanità politica e non altro, dato anche l’incredibile tentativo compiuto in Cina in combutta con l’altrettanto sciocco segretario del PCC, subito mandato a spasso. Tuttavia, le somiglianze ci sono; non tanto nelle trame per rovesciare i regimi quanto nel rapido processo a macchia d’olio e nel drastico nuovo spostamento dei rapporti di forza a favore degli Stati Uniti, che per una dozzina d’anni, dopo il 1989, furono ritenuti in una stabile posizione monocentrica. E pure allora con grande successo d’immagine perché tutti quei paesi (l’Urss stessa dissoltasi due anni dopo) ritennero il “crollo del muro” quale riconquista della libertà garantita dalla “democrazia” delle elezioni pluripartitiche (legate a diverse lobbies e gruppi di pressione).

Il fatto vero è che ormai quelli che sono rimasti alla nostalgia “comunistica” sono i più grandi reazionari; e non possono, anche magari senza consapevolezza, non assolvere una funzione di supporto alla nuova e subdola offensiva statunitense, il cui successo in una zona strategica di tale rilevanza, se non vi sarà reazione adeguata, dovrà essere paragonato a quello del 1989. E’ questo che ormai i reazionari con la “fissa” del conflitto capitale/lavoro, dei “popoli in rivolta” (che sono buoni di per se stessi, in quanto tali, in quanto in rivolta) non sono più in grado di capire. Essi potrebbero trasformarsi in squadracce di complemento di quelle forze interne miranti a favorire gli Usa. Avremo modo di parlarne da qui in avanti. Siamo alla vigilia di una nuova stagione di agguati e assassinii? In ogni caso, il “burattino” che fa da premier non appare adatto alla bisogna. Andava “facile” con Bush, perché quella era comunque l’epoca del monocentrismo, delle aggressioni statunitensi un po’ vecchio stampo a paesi dell’ancora “terzo mondo”. Adesso gli Usa prendono atto del mutamento d’epoca ma, essendo sempre i più forti, usano la violenza unendola all’immagine (assomiglia a “bastone e carota”, ma non è proprio la stessa cosa), e si avvicinano a zone molto diverse, a zone del tipo di quelle europee, con l’Italia in primo piano.

Un tempo, stupidamente, alcuni parlavano delle BR al servizio delle manovre segrete statunitensi. Esse furono semplicemente invischiate e poi travolte da quella che allora fu pensata come lotta tra imperialismo e socialimperialismo (Urss). Oggi, i rimasugli che si pretendono comunisti (ai vertici ci sono furfanti ben coscienti, alla base poveri incoscienti) possono diventare le vere squadracce atte a minare l’ordine per riportarlo sotto una “democrazia” (l’immagine deve restare!) protetta e garantita da forze legate ai novelli “liberatori”, ripresentatisi come tali a 65 anni dalla “prima volta”; e come allora saranno aiutati dagli “antifascisti”, quelli proni ai loro voleri. Nell’immediato dopoguerra, i comunisti (quelli veri) dovettero cedere le armi in forza dei Patti di Yalta; e il Governo passò agli antifascisti del tradimento, del cambio di casacca per andare con i vincitori. Oggi i “comunisti” rimasti – dopo una lunga degenerazione storica, iniziata con Togliatti (ma in senso ancora socialdemocratico), poi però divenuta altra cosa con il bieco moralismo berlingueriano, infine sfociato nel rinnegamento aperto – si sono fusi con quegli antifascisti; sono i nuovi traditori. Come tutti gli ultimi arrivati, rischiano di essere loro a fornire i manipoli degli agguati e assassinii; mentre i vigliacchi della “sinistra moderata”, gli intellettuali dei salotti chic, sobilleranno – ora giustificando ora condannando per pura forma (hanno alle spalle un buon training in tal senso) – e di fatto sosterranno i delinquenti.

O si cambiano e disinquinano gli apparati di Stato o ne vedremo delle “brutte&rdq
uo;, ma molto brutte. Si dovrebbe porre subito rimedio avendo a disposizione personaggi meno pappamolle di Berlusconi, altrimenti vivremo una stagione di fronte alla quale quella degli anni ’70 apparirà come i “dolci della nonna”. Sia inoltre chiaro che – per fortuna o sfortuna a seconda di come si guarda “alle cose” – gli Usa sono ancora nettamente più forti delle nuove potenze in crescita (e divise fra loro). In tal senso parlo di multipolarismo e non ancora di policentrismo. Se la situazione fosse simile a quella dei primi decenni del XX secolo (di fatto fino al 1945), saremmo alle soglie di una nuova guerra mondiale, non so come combattuta ma comunque non tenendosi le mani e sussurrandosi dolci frasi d’amore. Adesso sento che il gasdotto Eni dalla Libia è stato chiuso. Bene, sembra una “buona” notizia (spero mi si capisca….). Comunque, siamo impotenti, sempre di più.

<<<LIBIA E GHEDDAFI: COSA C'E' (DAVVERO) DIETRO LA RIVOLTA

di Marcello Foa

Non siamo di fronte a rivolte spontanee ma indotte, che mirano a replicare nel nord Africa quanto avvenuto alla fine degli anni Ottanta nell’ex Unione Sovietica. E in Libia…

Per capire che cosa sta accadendo a Tripoli bisogna considerare innanzitutto il quadro strategico. Non siamo di fronte a rivolte spontanee, ma indotte che mirano a replicare nel nord Africa quanto avvenuto alla fine degli anni Ottanta nell’ex Unione Sovietica. Anche allora la rivolta partì da un piccolo Paese, la Lituania, e all’inizio nessuno immaginava che l’incendio potesse propagarsi ai Paesi vicini e non era nemmeno ipotizzabile che l’Urss potesse implodere. Il Maghreb non è l’Unione sovietica e non esistono sovrastrutture da far saltare, ma per il resto le analogie sono evidenti. La Tunisia è il più piccolo dei Paesi della regione ed è servito da detonatore per la altre volte. A ruota è caduto il regime di Mubarak, la Libia è in subbuglio, domani forse Teheran e, magari sull’onda, Algeria, Marocco, Siria. Che cos’avevano in comune i regimi tunisini, egiziano e libico? Il fatto di essere retti da leader autoritari, ormai vecchi, screditati, che pensavano di passare il potere a figli o fedelissimi inetti.

Non è un mistero: le rivolte sono state ampiamente incoraggiate – e per molti versi preparate – dal governo americano, come dimostrato qui e qui. Da qualche tempo Washington riteneva inevitabile l’esplosione del malcontento popolare e temendo che a guidare la rivolta potessero essere estremisti islamici o gruppi oltranzisti, ha proceduto a quella che appare come un’esplosione controllata, perlomeno in Egitto e in Tunisia. Perché controllata? Perché prima di mettere in difficoltà Ben Ali e Mubarak, l’Amministrazione Obama ha cementato il già solidissimo rapporto con gli eserciti, i quali infatti non hanno mai perso il controllo della situazione e sono stati gli artefici della rivoluzione. Non scordiamocelo: oggi al Cairo e a Tunisi comandano i generali, che anche in futuro eserciteranno un’influenza decisiva. Washington ha vinto due volte: si è assicurata per molti anni a venire la fedeltà di questi due Paesi e ha messo a segno una straordinaria operazione di immagine, dimostrando al mondo intero che l’America è dalla parte del popolo e della democrazia anche in regimi fino a ieri amici.

Le dinamiche libiche sono diverse perché Gheddafi non era un alleato degli Stati Uniti e perché le Ong legate al governo americano non hanno potuto stabilire contatti e legami con la società civile libica; insomma, non hanno potuto fertilizzare il terreno sul quale far germogliare la rivolta. Che però è esplosa lo stesso. Per contagio e alimentando non la fedeltà dell’esercito, ma il suo malcontento. Come in tutte le rivoluzioni sono le forze armate a determinare l’esito delle rivolte popolari. Gheddafi in queste ore paga gli errori commessi in passato. Come ha rilevato Domenico Quirico sulla Stampa, il Colonnello, da vecchio golpista qual’era, non si è mai fidato dei generali e ha proceduto a numerose purghe. Gli uomini in divisa per 42 anni lo hanno temuto, ma non lo hanno mai davvero amato. Così ora molti di loro o si danno alla fuga o passano con i rivoltosi soprattutto nelle città lontane da Tripoli. Gheddafi può contare solo sulle milizie private e su una piccola parte dell’esercito; è questa la ragione di una mossa altrimenti inspiegabile come quella di reclutare centinaia o forse migliaia di miliziani africani.

La conseguenza è inevitabile: sangue, sangue e ancora sangue. L’impressione è che Gheddafi alla fine sarà costretto a fuggire. L’immagin
e, ridicola, del Raìs in auto con l’ombrello ricorda quella di Saddam Hussein braccato dagli americani nei giorni della caduta di Bagdad. In ogni caso la situazione rischia di essere molto imbarazzante per l’Italia. Se il regime dovesse cadere, la Libia tornerebbe ad essere il porto di partenza verso le nostre coste per decine di migliaia di immigrati. Se dovesse resistere, per noi sarebbe imbarazzante mantenere buoni rapporti con un leader sanguinario. E in entrambi i casi ballerebbero contratti milionari per le nostre aziende. Eni in testa. Non dimentichiamocelo: buona parte dei nostri approvvigionamento energetici dipendono proprio dal Nord Africa. L’esplosione controllata rischia di essere comunque devastante per gli interessi del nostro Paese

Non abbiamo scelta e l'Italia non può certo influire sugli eventi, ma è inevitabile chiedersi: il prezzo è giusto?>>>.

PS Ho comunque messo nel blog di Foa questo commento, poiché in effetti egli ha qui aggiunto qualche piccola modifica (rispetto all’articolo ne Il Giornale), che mi pare concedere qualcosa a coloro ai quali non si deve invece concedere nulla. Ecco il commento:

<<<ho già messo un commento sul Giornale on line e ne metterò un altro in un blog dove ho consigliato di pubblicare l’art. di Foa. Il quale aggiunge qui qualcosa rispetto a quanto ha scritto sul Giornale: Gheddafi leader sanguinario. Premetto che ho sempre ritenuto Gheddafi un opportunista, non però diversamente da tutti i leader che io conosca attualmente nel mondo. Compresi gli statunitensi; i quali sono andati a compiere bei massacri molto lontani da casa propria (dove si trova invece un Gheddafi), non per difendersi da sedizioni interne. Quando sono stati colpiti in casa, ma sporadicamente (con 2800 morti una tantum), hanno attaccato i veri o presunti terroristi in Afghanistan, coinvolgendo tutti i paesi Nato e con decine di migliaia di morti e un paese invaso e messo a soqquadro! E si sono scordate Dresda, Hiroshima ecc. compiute con la scusa di accorciare la guerra e salvare da morte alcune migliaia di militari americani (uccidendo centinaia di migliaia di civili)? E un indubbiamente grande pres. come Lincoln schiacciò il sud in una guerra fra le più sanguinose non per liberare gli schiavi, ma per affermare il protezionismo industriale nei confronti dell’Inghilterra, mentre i sudisti volevano il “libero commercio” per vendere il loro cotone. Nessuno conosce l’attrito tra le teorie ideologiche ricardiane del libero commercio internazionale e quelle protezionistiche listiane dell’industria nascente? Le lotte si conducono anche come ideologia (ad esempio le libere elezioni democratiche propagandate dagli Usa che, quando non vanno bene, sono subito contestate urlando ai brogli e sostituite con aggressioni e sostegno a sedizioni interne), ma le ideologie sono sempre accompagnate da argomenti più persuasivi. Gheddafi è un leader vecchio (non dico come età), ma quanto a sangue non è quello che ne ha versato e continua a versarne di più. Cerchiamo di non concedere mai nulla agli ipocriti. Anche perché fra poco, se continua così, inizieremo a vederli all’opera anche qui con “annientamento” dei “berlusconiani”. Idv, Fatto, intellettuali con le bave alla bocca e ormai simili a quelli degli anni ’70 (anzi saranno molto peggiori) non andrebbero messi in condizioni di non nuocere con i modi dovuti? Tranquilli se accettano una dialettica tranquilla, ma con molta energia se tentano sovversioni. Non diamo qualifiche a chi si difende dagli attacchi della potenza al momento ancora più forte (ma oggi molto subdola), che gli mette a soqquadro il paese e vuol rovesciarlo come uno di una fila che si va allungando>>>.