Smantellamento dell'ex-impero sovietico: bilancio delle manovre di Myriam Serdouh (Fonte Infoguerre)

trad. di G.P.

La NATO, chiave di volta della strategia di accrescimento della potenza degli Stati Uniti nell'ex impero sovietico. Se nel periodo successivo al crollo dell'URSS alcuni proclamavano la fine della storia, il mantenimento della NATO e lo sviluppo del suo ruolo, mentre il suo corrispettivo sovietico scompariva, mette in evidenza l’esatto contrario. Infatti, il soggetto politico è cambiato, l'URSS non c’è più ed ha lasciato il posto alla Russia, ma resta il conflitto per accrescere la potenza in quella zona altamente strategica costituita dall'Eurasia. In quale misura la NATO ha permesso agli Stati Uniti di accrescere la sua potenza nell'ex impero sovietico?
La NATO al servizio della strategia di accrescimento della potenza americana in Eurasia.
L'uso della NATO si iscrive nella volontà degli Stati Uniti di accrescere la propria potenza in una zona strategica rimasta a lungo il preclusa dall'URSS: l'Eurasia. Perno della politica mondiale per il suo posto nel cuore del mondo (heartland) secondo l'ammiraglio britannico Mackinder, luogo strategico per il controllo ed il trasferimento delle risorse energetiche, il dominio dell'Eurasia risulta una necessità per l’accrescimento della potenza americana.  Così, la NATO, da organizzazione militare incaricata di opporsi ad un'aggressione sovietica in Europa occidentale, è passata ad essere una struttura a competenza universale. Quest'obiettivo è stato perseguito con l'estensione del numero degli Stati membri così come mediante la creazione di numerosi partenariati. La NATO cerca pertanto di sviluppare il suo partenariato con l'Asia, in particolare con il Giappone, la Corea del Sud e l'Australia. Si tratta dell'obiettivo espresso nella riunione del Consiglio nordatlantico a livello dei ministri degli esteri a Sofia, in Bulgaria, i 27 ed il 28 aprile 2006.
L'allargamento riguarda anche il settore di competenza della NATO che, in origine soprattutto militare, tende a diventare sempre più politico. La NATO è passata dal diritto internazionale classico (intervento esclusivamente in caso d'aggressione di uno Stato membro dell'alleanza) al diritto d'ingerenza. La guerra contro la Serbia, nel 1999, ha segnato questa transizione e questo disaccopiamento tra la NATO ed il diritto internazionale.  D'altra parte, concepito all'origine per essere applicato “dalla regione dell'Atlantico del nord, al Nord del tropico del cancro„ come prevede l'articolo 6 del trattato della NATO, il trattato tuttavia ha integrato i paesi dell'Europa centrale e dell'Europa orientale. Anche gli spazi Baltici ed iugoslavi (Croazia, Bosnia, Kosovo) sono stati incorporati nella sfera d'influenza della NATO. Dal 1999 al 2008 tutti gli stati in passato alleati dell'URSS nell'ambito del patto di Varsavia e le tre repubbliche baltiche prima costitutive dell'URSS sono stati integrati nella NATO. Una prima ondata di allargamento della NATO ha permesso di integrare la Polonia, la Repubblica Ceca e l'Ungheria nel 1998. Una seconda ondata  nel 2007 ha riguardato l'Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Bulgaria, la Slovacchia, la Romania e la Slovenia.
Quest'estensione della NATO nella sfera d'influenza russa è stata percepita da questi come un tradimento delle promesse americane di non ingrandimento della NATO ed un atto di aggressività agli interessi vitali della Russia. L'uso della NATO completa le azioni di destabilizzazione americane condotte nella zona eurasiatica. Gli americani hanno così contribuito alle rivoluzioni colorate in Georgia nel 2003, in Ucraina nel 2004 ed in Kirghizistan nel 2005. Queste rivoluzioni politiche non violente sono state finanziate e sostenute da fondazioni e ONG americane, che miravano ad insediare governi anti-russi. Non è dunque una sorpresa che una volta al potere, il presidente ucraino pro-occidentale abbia chiesto l’allontanamento della flotta russa dai porti della Crimea e l'entrata del suo paese nella NATO. Inoltre il presidente georgiano ha militato fin dal 2003 per l'adesione del suo paese nella NATO e l'espulsione delle forze di pace russe impegnate dal 1992 per la protezione delle popolazioni abkhaze e sud-ossete. La strategia attuata dagli Stati Uniti ha avuto tre conseguenze principali: l'estensione di un blocco transatlantico allargato fino alle frontiere della Russia, l’accerchiamento della Russia mediante la ricerca o il rafforzamento di alleanze con i nuovi alleati pro-occidentali e la messa in discussione dell'equilibrio tra le grandi potenze nucleari con la volontà di attuare uno scudo anti-missile nella Repubblica Ceca ed in Polonia. 
Il ritorno della Russia nell'ambito delle grandi potenze.
I primi dieci anni post-guerra fredda simbolizzano dunque l'arretramento e la perdita d'influenza della Russia di fronte agli Stati Uniti, e ciò attraverso la NATO. Tuttavia nel 2000 l’ascesa al potere di Vladimir Putin ha fatto risuonare a morte le campane delle ambizioni americane, con la ripresa nelle mani dei russi degli interessi regionali.  La riorganizzazione della potenza russa si è sostenuta in particolare su una strategia ricopiata su quella americana.
Infatti, la Russia ha creato o riattivato a partire dagli anni 2000 coalizioni politico-militari suscettibili di opporsi agli occidentali. Così nel 2001 è stato creato il Gruppo di Shangai che riunisce la Russia, la Cina, il Kazakhstan, il Kirghizistan ed il Tagikistan. Andando più in là, superando il patto di sicurezza collettiva della CSI relativamente inefficace, la Russia ha fondato il 25 maggio 2001 l’Organizzazione del trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) sulla base del trattato firmato lo stesso giorno. Nel 2009, la CSTO si è dotata di una struttura militare con un comando integrato e tre comandi regionali.  Il vertice del febbraio 2009, in reazione alla guerra della Georgia del 2008, ha condotto alla messa in opera di una forza di reazione rapida con il contributo di tutti i suoi Stati membri. Fu in occasione dello stesso vertice che il Kirghizistan, ormai lontano dalla sua rivoluzione colorata, annunciò la volontà di fare evacuare agli americani dalla base di Manas per insediare elementi della CSTO.
La CSTO si pone apertamente in competizione con la NATO. D'altra parte, la Russia si è servita dell'implicazione degli Stati Uniti nelle rivoluzioni colorate, dell'allargamento della NATO e soprattutto del conflitto in Georgia. Quest'ultimo ha messo in evidenza allo stesso tempo il ruolo fondamentalmente destabilizzatore degli Stati Uniti per la regione ed in particolare per i paesi non integrati nella NATO ed ha rafforzato l'immagine di alleato solido che rappresenta ormai il paese guidato da Dimitri Medvedev. Così, il timore di una rivoluzione colorata in Uzbekistan ha incitato Tachkent ad estromettere gli americani e ad avvicinarsi a Mosca. Inoltre in Kazakhstan ed in Azerbaigian il processo delle rivoluzioni colorate è fallito. Più recentemente l'abbandono dello scudo anti-missile che avrebbe dovuto essere impiantato nella Repubblica Ceca ed in Polonia ha seminato confusione e ha screditato gli Stati Uniti anche presso i suoi alleati. Inoltre, come la NATO e gli Stati Uniti strumentalizzarono i separatismi in Jugoslavia per smantellarla, così Mosca ha rovesciato a suo favore questa strategia in Georgia. Alle secessioni dell'Ossezia settentrionale e dell'Akbhazia, a cui la Russia ha riconosciuto l'indipendenza, si aggiungono le minacce dell’ Adjaria, provincia de
l sud-ovest della Georgia. Lo smembramento della Georgia diventa una possibilità ed un'arma per Mosca.
Se la NATO si è dimostrata uno strumento convincente per il rafforzamento della strategia americana in Eurasia e per il “neo del contenimento, questa stessa strategia ha trovato una limitazione dal 2000. L'elezione di Putin, quindi di Medvedev, firma il grande ritorno della Russia in Eurasia sul suo “straniero prossimo„ ma anche la ripresa della sua influenza nelle zone o nelle organizzazioni in cui l'influenza americana batte in ritirata come in America del sud. La Russia si riversa anche nelle brecce schiuse dalla crisi economica per proporre un altro modello economico fondato sulla messa in discussione dell'egemonia americana nel settore finanziario.