STATI E POLITICA, di GLG

gianfranco

 

 

Desidero precisare intanto, molto sommariamente però, che ritengo di evidenza assoluta la non esistenza di un potere sovranazionale, di cui tutti gli Stati sarebbero strumenti. Se così fosse, esisterebbe un ottimo coordinamento internazionale e non si assisterebbe a questo disordine conflittuale crescente (anche interno a singoli Stati come oggi nel più potente d’essi, gli Usa). Gli Stati, quali concreti sistemi di apparati variamente configurati a seconda della storia di singoli paesi, sono certo strumenti, ma di centri di potere che hanno ancora un carattere di tipologia nazionale (e, lo ripeto, all’interno di un singolo paese esistono pure gruppi in competizione fra loro, con capacità differenti di formare attorno a sé dei “blocchi sociali”, assai diversi dalle “classi” come pensato in altri tempi). Oggi, il conflitto tra più gruppi di potere – conflitti tra i quali sempre più prevarrà alla lunga quello tra paesi, anch’essi alla fine costretti ad allearsi a gruppi per meglio confliggere – tenderà a rendere necessaria la resa dei conti come nel secolo XX (nella prima metà essenzialmente).

C’è ancora tempo, ma per capire il mondo è oggi necessario tentare di capire il multipolarismo crescente, che comporta un disordine tale (con continui mutamenti di mosse, anche contraddittorie fra loro, dei vari “attori”) da rendere non a caso estremamente difficili le spiegazioni del comportamento di questi ultimi; e dunque le concomitanti previsioni sugli assetti mondiali in formazione in non brevi periodi di tempo. Per il momento tali assetti mostrano una notevole labilità e mutano rapidamente. Si cerca di avanzare previsioni su orientamenti definiti in termini molto generali e a maglie assai larghe. Per questo fanno ridere coloro (in primo luogo gli economisti, ormai volgari tecnici) che, con grafici e tabelle e statistiche illustrate come qualcosa di assolutamente preciso mentre sono passibili di errori marchiani, ci dicono in modo pressoché certo (magari con le opportune percentuali di probabilità, pur esse fissate con grande prosopopea) l’evoluzione per anni e anni a venire. Bisogna mettere in primo piano la POLITICA quale insieme di strategie di conflitto, quindi sempre mutevoli proprio perché ogni “attore” in lotta deve modificare le mosse in base a quelle degli altri. E in questa lotta, lo ricordo ancora, gli Stati – intesi non come mistica unità di un popolo o di una “classe”, ecc. ma quale effettivo complesso di apparati strutturati secondo specifiche modalità “storiche” – diventano fondamentali strumenti di lotta.