STATI UNITI D’AMERICA. CENTO ANNI DI SOLITUDINE: DALL’ISOLAZIONISMO ALL’ISOLAMENTO POLITICO. di Antonio de Martini link

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Nota della redazione: fino al 20 Agosto il blog funzionerà a scartamento ridotto per le vacanze estive.

 

 

http://corrieredellacollera.com/2013/07/30/stati-uniti-damerica-cento-anni-di-solitudine-dallisolazionismo-allisolamento-politico-di-antonio-de-martini/

La grande differenza tra gli Stati Uniti e l’Italia è che mentre la legittimità di governo italiana per ragioni geopolitiche non può prescindere dalla politica estera, quella statunitense – per ragioni storiche si basa unicamente sulla politica interna e anche se la storia degli USA è costellata di interventi esteri, questi hanno in se sempre una motivazione di politica interna e qualche volta vi sottende addirittura una mera logica elettorale.
Questo legame con le problematiche interne americane stanno sempre più portando gli Stati Uniti all’isolamento politico internazionale.

Se date un’occhiata alla storia degli interventi militari USA degli ultimi anni, ne calcolate diciassette.

Il primo intervento ( del nuovo periodo, perché dalla guerra di secessione in poi, ne contiamo tredicimila classificati in tre gruppi: overtcovert e clandestine) fu aGranada, una piccola isola caraibica identificata come un pericoloso focolaio comunista caraibico che era necessario debellare, anche a richiesta di una non più vista o sentita ” Associazione degli Stati dei Caraibi Orientali”.

I morti – 19 – furono a un dipresso le perdite subite durante una manovra del ” fuoco amico” in una tranquilla esercitazione nel Nevada.

Iniziava così la manovra di comunicazione strategica , otto anni dopo la fine della guerra del Vietnam, per abituare nuovamente l’opinione pubblica USA a vedere negli interventi militari all’estero una operazione di routine e di successo.

L’attacco a Granada fu deciso ed eseguito esattamente due giorni dopo che un attentato – attribuito all’Hezbollah libanese, ma si accertò che l’autista del camion era un iraniano – a Beirut aveva ucciso 241militari americani..

Evidentemente servì anche a distrarre la pubblica opinione americana.

La catena delle campagne militari, quasi un allenamento, continuò con la campagna di Panama ( per scalzare Manuel Noriega, finito all’ergastolo in Florida ) per culminare gradatamente negli interventi combattenti in Irak, Afganistan e Libia.

Il momento di maggior successo, l’apogeo di questa politica interventista statunitense, fu raggiunto nella prima campagna irakena del 1991, quando nessuno pose dubbi sulla liceità dell’intervento e – eravamo ancora sotto l’influenza del ”Patto Atlantico difensore della libertà “ si costruì in due mesi una coalizione militare internazionale di 31 paesi oltre gli USA .
Pochi si soffermarono sulla frase di Bush padre che auspicò l’avvento di un ”nuovo ordine mondiale” e comunque ognuno pensò di farne parte di diritto in posizione privilegiata. Nella coalizione partecipò anche Assad Padre con un battaglione.

Il complesso militar-industriale americano  si era alleato fruttuosamente con la componente idealistico-evangelista yankee per condurre campagne suscettibili di far avanzare la democrazia con la D maiuscola e gli affari con la A maiuscola, la mano nella mano.
Queste due componenti politiche unite, rappresentano un bacino di voti capace di eleggere alla Presidenza anche un fessacchiotto digiuno di politica estera e sarà molto difficile separarle. Senza ottenere questa separazione, sarà sempre più difficile per gli USA uscire dal vicolo cieco in cui si stanno cacciando.

LA LEGGE DI MENDEL TRASFERITA DAI PISELLI AI PRESIDENTI.

Bertrand de Jouvenel ha scritto che uno dei segnali di decadenza del potere democratico è che cercando di perpetuarsi, tende a diventare ereditario.
La variante americana è fantasiosa, alternandosi alcune famiglie, ma non sfugge al destino.

Il momento più basso, lo ha raggiunto Bush figlio nella seconda guerra irakena e trasmettendosi il potere – come promette di fare – col salto di una presidenza- alla moglie di Clinton, che a sua volta successe a Bush padre, la situazione non migliorerà.

L’elezione di Obama rappresenta un tentativo di immettere sangue nuovo per sfuggire alla decadenza, come fece la Roma della decadenza con imperatori di origine barbara.

Il paradosso è che mentre l’elite americana mostra segni di decadenza evidente, il popolo americano mantiene un sano pragmatismo proletario e ai cannoni preferisce il burro.

Dopo i primi slanci emotivi e patriottici, l’elettorato americano ha smesso di abboccare: da un 63% di americani favorevoli all’intervento a Granada, siamopassati adesso a un 61%  di contrari all’intervento in Siria.( vds il sondaggio che ho pubblicato tre giorni fa dell’Università del Connecticut)

Un altro famoso sondaggio pubblicizzato all’indomani dell’attentato alle due torri parlava chiaro: gli americani per vendicare l’attentato avrebbero considerato accettabile la perdita di tremila soldati e non di più.

In questo contesto si situa la strategia maturata dopo l’Afganistan di far ricorso in prevalenza a truppe ” alleate” in Libia ( Inglesi e francesi ed egiziani) , in Libano ( spagnoli e italiani).
L’ Afghanistan è stata l’ultima coalizione “ufficiale” (inglesi* Francesi, * australiani,* tedeschi, Italiani, Polacchi, Georgiani, Turchi, Spagnoli*, Romeni. (gli ” asteriscati” si sono già ritirati anzitempo. ndr).
In Siria, anche i governi reputati più fidati  dagli USA ( Israele, Francia, Gran Bretagna, Turchia, Arabia Saudita) non sono andati al di la dell’invio di “volontari”, armi, denaro, ma non coinvolgimento diretto.

È indubbio che l’influenza e la ” presa” degli Stati Uniti e del suo governo sulle cordate di alleati vanno progressivamente scemando in quantità e qualità.

GLI ALLEATI NON SONO PIU’ QUELLI CHE ERANO, MA ANCHE GLI USA SONO CAMBIATI

Tra gli alleati intiepiditi contiamo

A) nel mediterraneo: la Turchia ( ha rifiutato un ruolo proattivo in Siria e adesso è alle prese con l’indipendenza dei curdi siriani e col suo potere suggestivo su quelli turchi…) e il Pakistan ( ormai fa da solo in Afganistan e con l’Iran: due spine nel fianco degli USA), la Grecia ormai in coma economico, ha venduto il porto del Pireo ai cines; il Libano ( nei fatti coi suoi ” volontari ” Hezbollah ha aiutato a rovesciare le sorti di una battaglia decisiva e quindi del conflitto siriano).

B) nel Pacifico: alla richiesta di ” cinturare” la Cina, in molti nicchiano a cominciare dal Giappone ( che ha abbandonato la politica economica deflazionistica e si espande trovando intese economiche con la Cina e snobba la vicenda sulla sovranità delle isolette contese); Taiwan che si coalizza con la Cina continentale per un altro contenzioso con le Filippine ( solo alleato incondizionale) per  l’Ayungin Shoal costato la vita a un suo pescatore.
La Corea resta fedele alleata nella misura in cui il Nord viene aizzato contro di lei da strane crisi che nascono e muoiono senza ragioni apparenti.

C) nell’Asia continentale: si è andata formando progressivamente un gruppo di paesi chiamati i cinque di Shangai, che divennero sei con la inclusione dell’Uzbekistan e adesso si chiamano Shangai Cooperation Organisation ( SCO). Ci sono Russia, Cina e i tre ” stan ” ( Uzbeck, Kazak, Tadjik) asiatici.

Tra i paesi osservatori ci sono India, Pakistan, Mongolia, Iran e Afganistan. Tra i “partner di dialogo” vediamo Sri Lanka, Bielorussia e Turchia.
Gli USA si sono visti rifiutare la richiesta di ammissione come osservatore.

D) nel mondo dello spirito: non è un mistero per nessuno che, dopo gli intrighi per far dimettere il Papa Benedetto XVI – con la regia di Robert Gorelik capo stazione CIA a Roma dal 2003 al 2007 – ed adesso inesplicabilmente diventatofunzionario-consulente-stipendiato della AISE, i diplomatici USA accreditati presso il Vaticano sono stati l’unica rappresentanza non invitata ai pranzi di lavoro pre-conclave in cui cardinali e diplomatici si sono scambiati opinioni utili a identificare l’identikit del nuovo pontefice.

Come dice argutamente il mio amico Piero Laporta, dai tempi di Attila in poi, non c’è notizia di personaggi usciti alla fine vittoriosi da uno scontro con la Chiesa cattolica e tutte le azioni del nuovo pontefice mirano ad affermare valori e principi universali che contrastano con la weltanschauung americana e protestante, ma che sono condivise dal mondo intero,  maggioranza dei cittadini americani compresa.

E) il fallimento delle azioni di stringimento sulla Russia: dall’Ucraina, alla Georgia, alla rinunzia alla costruzione dello scudo antimissile in centro Europa, alle azioni di spionaggio subite  e a quelle fatte male, tutto contribuisce a dare l’impressione che è un paese che non ha memoria, con un governo che sta vivendo l’ora del dilettante.

La perdita di influenza internazionale  degli Stati Uniti sembra anche dovuta a ragioni elettorali e di politica interna che costringono ad appaltare, oltre alle principali ambasciate nel mondo, anche la direzione del Dipartimento di Stato a grandi elettori e personaggi inadeguati come Hillary Clinton e adesso a John Kerry ( molto migliore della predecessora, ma ancora insufficiente).

L’AZIONE DIPLOMATICA

Questi – Kerry – ha appena promesso un ( ennesimo) negoziato di pace a Israele-Palestina e un’altro tra governo e opposizione siriani, ma vorremmo scorgere almeno i presupposti di una direzione coerente che non percepiamo nemmeno tra Casa Bianca e Dipartimento di Stato.

L’intervento in Siria ( o in Iran) non ci sarà perché tra dissensi mal celati e situazioni economiche difficili, un’azione ” internazionale” contro uno o entrambi questi paesi sarebbe limitata in partenza a Stati Uniti e Israele.
L’Inghiltera si è già chiamata fuori ( ma manda maschere antigas ai ribelli siriani dopo aver venduto i componenti chimici per fare il Sarin al governo…).
La Francia si è impantanata in Africa Occidentale dove avrà il suo daffare.

Sarebbe una sconfitta politica di enorme portata il passare da una coalizione anti Saddam ( 1991) con 32 paesi, a una strana coppia che va alla guerra ( fortemente osteggiata all’interno di entrambi i paesi) contro Assad o gli Ayatollah..

Questa solitudine non è quella del leader e non è lo splendido isolamento di elisabbettiana memoria: è isolamento politico bello e buono.
Quali comportamenti abbiano condotto il governo americano ad avventurarsi nella globalizzazione affidandosi a una élite protestante a demografia calante ed alla forza della tecnologia, rendendosi inviso a gran parte del mondo civile, lo vedremo domani o nel fine settimana.