STRATEGIE ED INTERESSI:

LE RELAZIONI DEGLI STATI UNITI CON I PAESI DELL’EUROPA CENTRALE ED ORIENTALE di Ronald Hatto* (Traduzione di G.P.) fonte Diploweb

 

I parte

 

Agli occhi delle popolazioni dell’Europa centrale ed orientale, le ambiguità dell’Europa comunitaria in materia d’allargamento come anche quelle nel settore della promozione della sicurezza ai loro confini, possono, a breve e a medio termine, soltanto rendere ancora più auspicabile, per questi paesi, la presenza americana nella regione. Quest’attaccamento agli Stati Uniti è stato in gran parte facilitato dal lavoro dei mass media e delle università americane, che hanno lavorato instancabilmente durante la guerra fredda ed anche dopo per sensibilizzare gli europei dell’est ai valori americani. Questa popolarità locale combinata all’efficacia della strategia integrale di Washington permetterà certamente un riposizionamento a lungo termine delle forze americane in Europa centrale ed orientale.

 

Lo scopo dell’articolo è di dimostrare, in una prima parte, che l’influenza americana in Europa centrale ed orientale riposa su elementi materiali (diplomazia, economia, capacità militari ed alta tecnologia) e su elementi immateriali (prodotti culturali ed immagine positiva) e, in una seconda parte, che la storia del XX secolo ha avuto un impatto importante e duraturo sulle percezioni delle elite e delle istanze decisionali degli stati dell’Europa centrale ed orientale. Le due guerre mondiali e le difficoltà degli europei durante la guerra nella ex Iugoslavia, dal 1991 al 1995, hanno forgiato un’immagine piuttosto negativa delle grandi potenze europee, che sono state ritenute responsabili di un abbandono come nel caso della Francia e della Gran Bretagna nel 1938, o colpevoli d’aggressione o di occupazione come la Germania o l’Unione Sovietica (URSS). In questo gioco di memoria, solo gli Stati Uniti ne escono quasi intatti. Ciò permette di comprendere perché i vecchi paesi comunisti considerano la necessità di avere gli americani in Europa.

 

1.      La strategia integrale degli Stati Uniti in Europa centrale ed orientale

 

L’obiettivo di questa I parte è, in primo luogo, di sottolineare che la volontà degli Stati Uniti di impegnarsi nell’est del continente europeo non è nuova. Data, in realtà, dall’inizio anni ’90, in secondo luogo, si tratterà di presentare i mezzi messi in atto perché tale dispiegamento possa effettuarsi nelle migliori condizioni.

 

1.1             Una strategia globale e antica

 

Con la fine della guerra fredda gli Stati Uniti si sono innalzati al rango di sola superpotenza. Se è vero che la forza militare non occupa più il posto preponderante che poteva occupare fino alla fine della guerra fredda, resta tale però quando continua a svolgere un ruolo importante nel funzionamento delle relazioni internazionali. Quest’importanza riguarda del resto l’economia mondiale poiché la potenza militare americana serve, fra le altre cose, a garantire la sicurezza dei punti di passaggio e dei nodi strategici come gli stretti (Bab el Mandeb, Ormuz, Malacca, etc.) o i canali (Panama, Suez) da cui dipende l’approvvigionamento in idrocarburi degli stati occidentali. Per il momento, solo gli Stati Uniti detengono dei mezzi per proiettare forze considerevoli a grande distanza dalle loro basi. Il governo americano ha del resto diviso il mondo in diversi  ordini militari per gestire efficacemente le crisi che potrebbero scoppiare e che rischierebbero di incidere su quest’approvvigionamenti. Ha anche cercato di rivedere la sua strategia di dispiegamento militare attorno al globo. Il senatore Robert Dole, che era il capo della maggioranza repubblicana al senato durante gli anni ‘90, ha messo in evidenza cinque realtà globali che influivano sugli interessi américani[1). Va notato che queste realtà non sono molto cambiate dal milieu degli anni ‘90.

La prima realtà riguarda l’età dell’oro del capitalismo e l’aumentata forza dei rivali commerciali come la Cina.

Seconda realtà, il nuovo ordine energetico mondiale ed il suo impatto possibile sulla sovranità degli stati.

Terza realtà, la moltiplicazione delle armi di distruzione di massa con i programmi nucleari della Corea del Nord o dell’Iran. Secondo R. Dole, le azioni militari preventive non dovrebbero essere escluse nei casi di proliferazione nucleare. Quarta realtà, l’aumento degli estremismi religiosi ed etnici.

Quinta ed ultima realtà, la rivalità con la Russia.

Così, per comprendere l’impegno militare americano in Europa centrale ed orientale e più specificamente attorno al Mar Nero, occorre tenere conto di molti fattori storici, politici e strategici. In primo luogo, la volontà di adattare le forze americane alle nuove esigenze della scena internazionale non nasce ora. Infatti, un documento datato gennaio 1993 sottolineava già l’importanza di riposizionare le forze americane ed ammorbidire i metodi di dispiegamento per garantire una più grande flessibilità in caso di crisi regionale[2).

Allora, erano presi in considerazione i concetti di presenza avanzata (Forward Presence) e di risposta alle crisi (Crisis Response). Così, già nel 1993, era preso in considerazione il pre-posizionamento di materiale bellico per facilitare il consolidamento delle forze proiettate nelle zone di crisi e diminuire il numero di truppe dislocate.

In secondo luogo, lo spiegamento americano in Europa centrale ed orientale mira ad avvicinare le truppe americane agli "archi d’instabilità" (Medio Oriente, Caucaso, Asia centrale) e, soprattutto, alle risorse energetiche e delle loro vie di incanalamento. Molte condutture e gasdotti si trovano situati nella zona del Mar Nero, senza parlare del Bosforo dove transitano quantità importanti di petrolio. È dunque logico che il governo americano cerchi di avvicinarsi ad una zona strategica in termini d’approvvigionamento energetico. In terzo luogo, lo spostamento delle truppe americane da ovest verso est dell’Europa permette non soltanto a Washington di muovere il "centro di gravità" dell’alleanza atlantica, per avvicinarlo al "centro d’attività" costituito dagli archi d’instabilità testé identificati, ma anche di garantirsi il contributo di alleati più flessibili e più leali.

Quarto ed ultimo punto riguardante il dispiegamento militare americano in Europa centrale ed orientale, quest’ultimo mira a garantire il primato americano sull’ordinamento internazionale. Ciò si effettua, da un lato, ricacciando la Russia all’interno delle sue frontiere, cercando "di democratizzare" un massimo di stati vicini e fare in modo che le loro relazioni con Mosca diventino tese. La Georgia è un esempio di questa strategia. D’altra parte, la strategia di supremazia americana mira ad evitare un’integrazione troppo profonda dell’Ue. Lo scopo non è di impedire l’integrazione ma piuttosto assicurarsi che un certo grado di divisione persista tra i suoi membri. Così, quando Donald Rumsfeld ha stabilito una differenza tra la "nuova Europa", giovane e dinamica, e la "vecchia Europa", satolla e soddisfatta, il governo americano è riuscito a creare una tensione per dividere gli stati europei tra atlantisti ed europeisti.

 

1.2 Quali nuovi mezzi strategici?

 

È nel giugno 2004 che il Pentagono ha deciso di modificare il dimensionamento delle unità militari dispiegate in Europa e muoverle dal centro del continente (Germania) verso l’est, essendo lo scopo quello di fare economie riducendo il numero di soldati dispiegati in Europa pur rafforzando la flessibilità degli eserciti.

La proposta iniziale consisteva nel sostituire la 1a divisione corazzata e la 1a divisione fanteria, troppo grandi da movimentare, con corpi di brigata più leggeri forniti di veicoli blindati Stryker. Questo veicolo è polivalente poiché si declina in molte versioni, è leggero (19 tonnellate), rapido poiché è montato su otto ruote piuttosto che su cingoli e può essere fortemente armato (cannone, mortaio, missili anticarro o antiaerei).

In virtù del suo peso, può essere rapidamente trasportato per via aerea. Stryker è dunque l’alternativa perfetta agli altri blindati già impiegati dall’US Arm. Incarna da solo la forma che il Pentagono vuole dare agli eserciti: leggeri, mobili, flessibili e potenti. I soldati americani direbbero leaner but meaner .

Il dispiegamento militare americano in Europa si baserà dunque sull’organizzazione di un sistema a tre livelli.

Il primo livello consisterà in basi operative principali (Main Operating Bases) come la base US Air Force a Ramstein in Germania o quella dell’ US Navy a Rota in Spagna.

Il secondo livello si baserà su basi per operazioni avanzate (Forward-Operating Bases) come Camp Bondsteel in Kosovo o la base aerea di Incirlik in Turchia. È questo tipo di base che sarà organizzato in Bulgaria, in Polonia ed in Romania. Infine, il terzo livello consisterà in siti di materiale bellico pre-posizionati o con accordi per una maggiore facilità d’accesso (Cooperative Security sites). Il vocabolario adottato dal Pentagono e dall’amministrazione americana per qualificare questa rifusione dello spiegamento delle truppe americane è del resto colorato ed originale.

Si tratterebbe, secondo il discorso ufficiale, di cambiare l’"impressione" (footprint) degli Stati Uniti in Europa e fornire "nenufari" (lily pads) alle truppe americane perché possano fare "salti" fino alle zone problematiche dell’arco di instabilità[3).

Il primo tipo di base potrebbe rappresentare il centro o il perno (hub) di eventuali operazioni militari ed i due livelli subalterni sarebbero i raggi (spokes)[4). Così, la rifusione del dispositivo militare americano in Europa dovrebbe permettere maggiori economie, vicine ai sei miliardi di dollari, e di migliorare la reattività delle truppe nella grande regione eurasiatica, pur adattando i modi di presenza di queste truppe in funzione delle sensibilità politiche locali. Quest’ultimo punto è importante per la strategia di Washington, poiché con l’aumento dell’antiamericanismo dall’invasione dell’ Iraq, la possibilità di ridurre la visibilità della presenza militare americana è un vantaggio essenziale. Così, il ridispiegamento attorno al Mar Nero, avvicinando le truppe americane alle zone d’instabilità, permetterebbe di evitare situazioni come quella dell’inverno 2003 che hanno visto molti alleati europei degli Stati Uniti rifiutare il sorvolamento dei loro territori. La riorganizzazione dello spiegamento militare americano in Europa, con l’utilizzo di unità ridotte e flessibili e l’accettazione del principio delle rotazioni d’oltremare regolari (per opposizione allo spiegamento a lungo termine come in Germania dal 1945) costituisce, per il Pentagono, un rovesciamento dottrinale senza precedenti dal 1945. Per quanto riguarda l’influenza "morbida" dei soldati americani sui loro omologhi dell’Europa centrale ed orientale, si basa sulla fascinazione che essi esercitano. I soldati sono infatti particolarmente sensibili alle prestazioni dei materiali bellici di ultimo grido. Ma, le truppe americane possiedono non soltanto le armi più recenti e più sofisticate, ma ne hanno anche in quantità industriale. Per soldati abituati allo stretto necessario come quelli dei vecchi paesi comunisti, non fa dubbio che l’opulenza degli americani esercita una grande influenza[5). Senza dimenticare che i soldati americani hanno anche una reputazione di vincitori (nonostante il Vietnam e l’Iraq). Il cinema Hollywoodiano non è del resto estraneo alla fomentazione di questa percezione positiva e a questa volontà d’emulazione. Jean-Michel Valantin ha osservato bene il legame esistente tra la produzione cinematografica e la messa in opera della strategia militare americana. Parla anche di "cinema di sicurezza nazionale". Questa "socializzazione con l’immagine" dei soldati americani si combina, molto spesso, ad una riscrittura della storia da parte degli autori di Hollywood, cosa che contribuisce ad accentuare la percezione secondo la quale i soldati americani sono dei vincitori. Il possesso di una attrezzatura sofisticata in grande quantità e l’immagine trasposta dal cinema Hollywoodiano si combinano così per favorire un’immagine positiva dei soldati americani presso i loro omologhi dell’Europa centrale ed orientale. Per concludere questa prima parte, sembra ovvio che se le istanze decisionali americane rischiano di essere obbligate ad adottare una posizione più prudente per quanto riguarda l’utilizzo massiccio della forza armata, ciò non significa che rinunceranno a sorvegliare le zone sensibili del mondo. È per questo che assistiamo al dispiegamento delle basi delle forze armate americane in Europa centrale ed orientale.

*Ronald Hatto, Maître de conférences à l’Institut d’Etudes Politiques de Paris

 

[1] Robert Dole, « Pour une nouvelle diplomatie au service de la paix », Le Trimestre du monde, 2ème trimestre, 1995, pp. 17-23.

[2] Dick Cheney, Defense Strategy for the 1990s: The Regional Defense Strategy, Washington D.C., US Government Printing Office, janvier 1993.

[3] Pour une présentation claire du repositionnement des forces américaines en Europe, consulter le site Internet  de Global Security à l’adresse suivante : http://www.globalsecurity.org/miltary/facility/eucom.htm.

[4] Etienne de Durand, « Le redéploiement global des forces américaines », Politique étrangère, No. 4, 2005, p. 836.

[5] Les militaires américains n’hésitent d’ailleurs pas à initier les hauts gradés des armées anciennement communistes à leur matériel le plus sophistiqué. Le général Kostiantyn P. Morozov, qui est devenu le premier ministre de la Défense de l’Ukraine indépendante, a pu bénéficier de cette méthode de socialisation par le matériel puisqu’il a volé dans un F-16 en 1992 et même décollé et apponté sur un porte-avion de l’US Navy à bord d’un FA-18 un an plus tard. Kostiantyn P. Morozov, Above and Beyond. From Soviet General to Ukrainian State Builder, Cambridge, Harvard University Press, 2000, p. 205