SULLA "DEMOPUTREFAZIA" di G. La Grassa

E’ veramente una bella democrazia quella statunitense! Portata ad esempio da tutti i supini filoamericani di casa nostra, da Berlusconi a Veltroni, da Fini a Casini al “bombardatore della Jugoslavia” (al seguito di Clinton) e così via.

In questi ultimi giorni ci è stato riferito, senza pudore, dai vari giornali – che pur si inchinano di fronte a simile dimostrazione di democrazia – che i candidati alle primarie repubblicane, ma soprattutto a quelle democratiche (con i due contendenti principali tuttora in lotta accanita), sono a corto di soldi perché hanno dovuto sostenere spese superiori al previsto. Pochi giorni prima del voto in Texas e Ohio (dove ha vinto la scorretta Clinton), il suo “maritino”, ex Presidente, aveva lanciato un appello urgente affinché in 24 ore venissero raccolti almeno due milioni di dollari, soltanto per sanare minimamente la situazione finanziaria disastrosa; evidentemente, i soldi sono arrivati. Per “migliorare” le proprie possibilità di vittoria, il clan Clinton ha messo in giro un dvd, in cui è stata scurita la pelle di Obama; il quale, da parte sua, sta tentando di accentuare il più possibile il distacco, per non dire antipatia, nei confronti degli islamici onde fornire la prova di essere un vero “patriota”. Insomma, un’autentica gara di programmi politici e di idee!

Questa è pura e semplice “demoputrefazia”! O anche democloaca o demovermia o altre definizioni comunque più appropriate di quelle in uso presso gli ammiratori servili del “grande paese”, da cui tutti dovrebbero imparare come si governa. In Italia ci si sta del resto adeguando assai rapidamente. I soliti “nani e ballerine” nelle liste dei vari partiti. Nel Pdl è messa una giornalista scatenata filo-sionista; sembra che ci sia almeno risparmiato Magdi Allam; non però “belle donne” e futili personaggi più adatti ad una qualche “Isola dei famosi” (stavo per dire Circo, ma è ora di rispettare quel nobile spettacolo). Il più “amerikano” è però sempre Veltroni, quello che non è mai stato comunista pur essendosi iscritto al Pci oltre trent’anni fa, e avendo perfino tenuto discorsi in lode a Lenin (di cui certo capiva tanto quanto io della teoria delle superstringhe). Ha messo in lista di tutto: radicali e cattolici, ultraliberisti e statalisti, operai e imprenditori. L’ultima sciocchezza, e la più divertente, è la candidatura di un “padrone” squisitamente di destra come il vicentino Calearo, che a “Ballarò” e sul giornale “Il Riformista” ha espresso giudizi di fuoco sul governo Prodi, ha ringraziato Mastella per averlo fatto cadere, ha espresso l’opinione che Visco non dovrebbe essere ricandidato, ha attaccato l’art. 18, ecc. ecc. Adeguandosi rapidamente al comportamento dei politicanti italiani, di fronte all’inorridita levata di scudi di prodiani (e di D’Alema) ha fatto marcia indietro (con evidente imbarazzo), sputtanandosi un bel po’.

A proposito dell’ancora in carica Ministro degli Esteri, è del tutto evidente che sta cercando di riorganizzare una fronda contro il suo antagonista di sempre, che però è adesso il candidato premier del partito (o meglio: dell’informe accozzaglia di tutto e il contrario di tutto) in cui milita lui stesso. L’insieme ha dunque il sapore di una sceneggiata d’avanspettacolo, di fronte alla quale i programmi, “di plastica”, dei due leader degli schieramenti (supposti antagonisti) scompaiono; tanto più che sono scopiazzati l’uno dall’altro (in verità è Veltroni ad aver scopiazzato). La Casta non è cambiata, è sempre la stessa “demoputrefatta” accolita di maneggioni, manutengoli e “personaggi-civetta”. E non può d’altronde essere diversa, poiché è sempre la stessa classe economica a “consigliarla” (cioè a manovrarla). Una classe “dirigente” costituita da finanzieri che tentano di nascondere di essere carichi di titoli-spazzatura tanto quanto quelli americani; da industriali (del piffero) che continuano a produrre auto (sempre peggio, visto che il motore “multjet”, montato su 3-4 vetture Fiat, ha mostrato difetti tali da dover interrompere la produzione per un bel periodo di tempo), insistendo ridicolmente nel pavoneggiarsi per quella “grande innovazione” che è la “nuova 500”; nel mentre l’ormai prossima presidente confindustriale, senza più concorrenti, è per l’ennesima volta una imprenditrice dell’ultramaturo settore metalmeccanico (che fantasia!).

Si abbandoni per favore l’idea che siamo in regime democratico. Pur avendo firmato un appello (brutto) per l’astensione, non do in realtà consigli a nessuno. Personalmente, non voterò (come da decenni), ma non sostengo che si tratti di una scelta “politicamente attiva”. Semplicemente, ricordo che questa non è democrazia; già Lenin, circa un secolo fa, bollava la “Repubblica democratica” (in cui, ogni tot anni, il “poppolo” viene chiamato a scegliere chi, in ogni caso, rappresenta i dominanti: o apertamente o fingendo di battersi per gli interessi dei dominati) quale “migliore forma della dittatura della borghesia”. Oggi questa “dittatura democratica” si esprime con modalità particolarmente ridicole e, nello stesso tempo, nauseabonde; ma la sostanza non è cambiata, alla faccia di quei rincitrulliti (o “troppo furbi”?) che strepitano in difesa della “meravigliosa” Costituzione “repubblicana”. Non c’è un bel nulla da difendere; c’è da proseguire con costanza la demistificazione della “demoputrefazia”, un compito ormai abbandonato dalle bande di “sinistra”, ivi compresi i gruppetti di “terribili oppositori radicali” (di cui alcuni, con faccia tosta, si autodefiniscono “comunisti”), patetici e farseschi avanzi di una ormai troppo lunga indigestione di idiozia (o di “troppa furbizia”?).