UN “MENO PEGGIO” CHE NON SANA PER NULLA IL PESSIMISMO


La vittoria di Sarkozy in Francia sancisce la definitiva chiusura dell´epoca gollista. Del resto, era già finita da un pezzo, quanto meno era una pallidissima copia di ciò che fu in un non recente passato. Sarkozy ha dichiarato – queste almeno le intenzioni espresse – che si situerà d´ora in poi con maggior convinzione in Europa e che, nelle scelte geopolitiche globali, sarà sostanzialmente a fianco degli USA. Del resto, è ormai evidente da tempo che l´europeismo è, in ultima analisi, atlantismo e dunque effettivo (per quanto a volte minimamente mascherato) filoamericanismo. Ulteriore “spia” dell´attuale schieramento del neoeletto è stata la richiesta alla potenza egemone centrale di impegnarsi contro il surriscaldamento del pianeta. E´ una mossa particolarmente sintomatica: una verniciatura ambientalista è utile per fingere una qualche indipendenza “critica” nei confronti degli Stati Uniti, mentre si è con loro nelle scelte fondamentali di tipo mondiale.
Ci si pensi bene: chiedere certe misure di difesa dell´ambiente serve oggi esattamente a quello cui serviva la teoria ricardiana dei costi comparati all´epoca della predominanza inglese. Allora, sostenere la positività del libero commercio internazionale equivaleva a voler sancire la supremazia industriale del paese centrale di quel tempo, nel mentre si chiedeva agli altri paesi di limitarsi (per loro convenienza! Di questo li si voleva convincere) alla produzione di materie agricole e minerarie per rifornire l´industria inglese. Oggi, la globalizzazione e il libero commercio internazionale vengono incensati con lo stesso scopo (a favore degli Stati Uniti); a ciò si aggiunge però anche il tema dell´ambiente, perché se Cina, India o anche Russia intendono sanare l´attuale ritardo in tempi credibili (un paio di decenni), è poco probabile siano in grado, in questo momento, di evitare determinate forzature in termini ambientali; i paesi già avanzati invece – soprattutto quelli che si pongono sotto le ali protettrici del paese centrale, poiché quest´ultimo è in qualche modo obbligato a tenere il passo per non vedersi raggiunto o superato dalle potenze emergenti – possono permettersi maggiori “lussi” a questo riguardo e presentarsi come i campioni della salvaguardia della natura.
La vittoria di Sarkozy è perciò l´ultimo tassello di una effettiva subordinazione europea agli USA nel conflitto globale che si manifesterà in un periodo storico relativamente breve, durante il quale sono convinto si entrerà in quella che definisco epoca policentrica, di tipo simile (non eguale, ovviamente) a quella che fu detta imperialistica (a cavallo tra otto e novecento). Con l´attuale quadro politico, ancora incentrato sul “duetto” tra destra e sinistra (e con varianti centriste di dubbia efficacia), non si uscirà dal “mondo occidentale”, cioè da una vasta area del globo che accetta supinamente il netto predominio americano.
Tuttavia, a differenza che in Italia – dove destra e sinistra, pur con le loro differenze di tono e coloritura, non sono affatto alternative in senso reale – ritengo che la vittoria di Sarkozy in Francia rappresenti il meno peggio. Di poco, sia chiaro, proprio di un soffio, ma comunque è il meno peggio. Intanto, il fronte Italia-Spagna (perché le vicende EnelEndesa e Telecom-Telefonica hanno chiarito che ci sono “strani” e sotterranei legami tra
Prodi e Zapatero, molto ambigui e pericolosi) non dovrebbe trovare sponda in Francia che semmai potrebbe avere maggiori legami con la Germania (forse). La prospettiva italo-spagnola è una delle più subdole e ingannatrici che ci siano. Entrambi i paesi hanno ritirato le truppe dall´Irak (ma non dall´Afghanistan, dove cercano però di non impegnarsi troppo) e fingono di porsi alla testa di un falso antiamericanismo.
In realtà, questi paesi di “centrosinistra” stanno cercando di “tirare a campare” per un anno e mezzo (che non è periodo brevissimo nell´attuale contesto internazionale), sperando che poi arrivi una presidenza democratica negli USA e, soprattutto, un cambio di strategia “imperiale” da parte di quel paese. A quel punto, potranno schierarsi in senso apertamente filostatunitense, cercando di dimostrarsi i più fedeli alleati della nuova impostazione geopolitica (pur sempre legata al tentativo di predominio globale). Oggi, la reale sudditanza agli USA è coperta da una parvenza di “critica” rivolta all´amministrazione repubblicana (nella versione Bush, quella più “estremistica”), mentre esiste un forte legame di subordinazione degli organismi finanziari “nostrani” a quelli americani; abbastanza scoperto è il caso italiano, con il gruppo Intesa San Paolo in piena evidenza nei suoi legami di dipendenza, in particolare rispetto alla Goldman Sachs e al Carlyle Group (che sono istituti bancari strettamente bipartisan tra i repubblicani e i democratici del loro paese).
La Francia della Royal sarebbe stato il “terzo” di questo gruppo di melensi, falsi e bugiardi sostanziali filoamericani; un filoamericanismo garantito dal più ampio servilismo della politica nei confronti dell´economia, più precisamente della finanza. Una finanza che, nel paese centrale, si pone quale strumento degli interessi di predominio imperiale, mentre nei paesi asserviti è puramente parassitaria e mira a drenare risorse da questi ultimi (dai loro “cittadini”) verso quello preminente. Nella Francia di Sarkozy – più incerta appare la situazione nella Germania attuale – la politica sceglie apertamente di collocarsi, forse proprio strategicamente (e questo è certo un guaio), a fianco degli USA nella politica internazionale; ma non abdica completamente a favore del potere economico, e tanto meno di quello finanziario. Si può essere (quasi) sicuri che la politica sosterrà invece in Francia proprio le industrie di punta – non semplicemente quelle automobilistiche o dei frigoriferi, ecc. (con sovvenzioni varie, tipo la “mobilità lunga”) come in questo nostro disgraziato paese – e cercherà di obbligare la finanza ad un ruolo di “fornitura” di mezzi e servizi per lo sviluppo di tali industrie. Non ci sarà in Francia alcun “piccolo establishment” parassitario come quello italiano, in gran parte raggruppato nel patto di sindacato della Rcs (non mi consta che in Francia ci siano i “patti di sindacato”).
La politica internazionale francese, che certo vede la fine dell´indipendentismo gollista, si salderà quindi con una politica interna, in particolare economica, tesa comunque a ritagliarsi uno spazio maggiore pur nell´ambito di una sfera geopolitica, e geoeconomica, che sarà a lungo eccessivamente schiacciata sull´”occidentalismo”. Tuttavia, nel lungo periodo (certo più lungo di quanto vorremmo), solo il rafforzamento dei settori produttivi dell´ultima “rivoluzione industriale” sarà forse, oggettivamente, in grado di mettere in moto processi di sganciamento da una troppo netta subordinazione agli USA, quando apparirà chiaro – come apparve a List nella Germania di metà ottocento in
relazione ai rapporti con l´Inghilterra – che restare appiattiti sulle prospettive geopolitiche statunitensi di predominio globale inficia le proprie possibilità di sviluppo e di maggior potenza (e di benessere).
A quanto appena detto, si aggiunga che Sarkozy, se manterrà
fede a quanto affermato durante la campagna elettorale, scaraventerà in soffitta i tic e pregiudizi “buonisti” di una sinistra, ormai insopportabile nel portare avanti i propri meschini interessi elettoralistici fondati sull´appoggio dei ceti meno fattivi e vittimisti, che si lamentano sempre della loro sfortuna, di essere “sfruttati”, di essere posti in una condizione di sfavore quanto a potere, di non godere di “eguali possibilità”. Che questi negativi processi sussistano, fino a quando esisterà il capitalismo, è indubbio, ma essi non giocano più “da noi” il ruolo che avevano nell´ottocento o primi novecento; non giocano il ruolo che hanno ancora in molti paesi non sviluppati. Nel capitalismo avanzato, è necessario fare un po´ indietreggiare un falso egualitarismo soltanto teso a mortificare ogni merito ed ogni impegno. Ed è ora di finirla con la totale anarchia scambiata per libertà. Certi temi sono stati fatti passare per patrimonio della destra, della conservazione, della reazione (per definizione sempre “in agguato”). Basta con queste sciocchezze che ci danneggiano. Ci sono senza dubbio soprusi, prepotenze, sopraffazioni e “sfruttamento”. Tali fenomeni si manifestano però spesso in senso inverso, o quanto meno assai diverso, rispetto a quanto sostenuto dalla sinistra. Un minimo d´ordine e un minimo di meritocrazia sono necessari a far emergere chi dà un maggior contributo; anche a se stesso, certamente, ma nel contempo con effetti sociali concentrici di più largo raggio. La sinistra impedisce sovente ogni iniziativa, la teme; essa ha soprattutto bisogno di sudditi, e ne ha bisogno per poter essere suddita essa stessa di interessi stranieri, dato che da questa sudditanza guadagna lautamente.
Anche in Italia, come male minore (pur sempre male, certo, ma minore), avremmo bisogno di una forza politica in grado di spazzare via sia una destra, semplicemente succube dell´impostazione geostrategica del “falchi” americani attuali, sia una sinistra che è in attesa di un mutamento di tale impostazione onde mettersi più apertamente al servizio dell´”Impero” statunitense, per interessi puramente personali (cioè di piccole cosche “mafiose”) e mandando a “ramengo” l´intero paese; nel frattempo, queste cosche sono prone di fronte alla finanza americana che, “laggiù”, agisce in funzione (bipartisan) di una politica di predominio mondiale.
E´ bene chiarire che nemmeno in Francia vi è la sicurezza (anzi!) di poter spazzare via questa sinistra meschina e servile verso i poteri economici più arretrati, essendo in ciò coadiuvata dai sindacati e da tutte le associazioni che raggruppano i meno fattivi e quelli che pretendono di essere soprattutto “assistiti”. Non basta questa Presidenza; del resto, come già detto, ambigua e debole verso gli USA. Ci sono ancora le elezioni parlamentari a giugno; e sussiste, anche in Francia, le cauchemar centrista. E ci sono tutti gli elementi di una nuova ricaduta “di sinistra” nella malattia che corrode in pratica quasi tutta l´Europa. L´elezione di Sarkozy è un “meno peggio”, ma proprio facendo uno sforzo titanico per non cadere nel più completo pessimismo.
7 maggio