UN PAESE DI “GIOCHERELLONI”, di GLG 30 ottobre ‘12

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Certamente, non accade molte volte che un pubblico accusatore chieda una data pena e i giudici l’aumentino. Così è accaduto a Berlusconi il quale, da quel mediocre uomo politico che è, ha reagito con rabbia (tutta vera?) e ha cambiato (capovolto) ancora una volta posizione, dichiarando l’intenzione di arrivare perfino a creare un nuovo partito con programma dedicato prevalentemente alla lotta per riformare la Giustizia. Di per sé un simile proposito non porta in alcun dove, ma cercherei di annusare l’aria che tira.

Da qualche punto bisogna prendere le mosse; iniziamo dal momento in cui alcune procure hanno “disturbato” Napolitano con intercettazioni lasciate “scivolare” sui giornali. Il presdelarep, sentendosi trattato come un Berlusconi qualsiasi (lui, vero “Monarca”, dopo la lunga parentesi apparentemente repubblicana seguita ai Savoia), è stato ben pungente nei confronti dei magistrati. Questi si sono indubbiamente divisi, non hanno proprio fatto quadrato come nei confronti del “nanetto” (sempre politicamente, non per la statura), ma tutto sommato non si sono rimessi sull’attenti. Mi sembra molto probabile che sapessero di accordi intercorsi per fare dimettere Berlusconi e costringerlo addirittura ad appoggiare, sia pure mellifluamente, Monti; e subito dopo aver tradito la Libia gheddafiana, seguendo l’indicazione filo-americana di Napolitano: “non possiamo non rispettare gli impegni con i nostri alleati della Nato”. Questi alleati sono stati soprattutto Francia e Inghilterra, semplici sicari degli Usa (che hanno sparato la prima salva di oltre cento missili dalla loro flotta come apertura della campagna di annientamento del paese e della sua indipendenza), mentre ad es. la Germania si è tenuta lontana e così pure altri paesi europei.

Ritornando al punto principale, è facilmente ipotizzabile che l’accordo con Berlusconi prevedesse il salvataggio delle sue aziende ma anche la non persecuzione giudiziaria; e magari (chissà, forse) persino la promessa di non sostituire il fotografo, che l’aveva ripreso in Sardegna grazie all’insipienza (involontaria?) dei Servizi, con un più pericoloso individuo. E’ contro quest’accordo che una parte della magistratura si è levata, “disturbando” Napolitano con le varie intercettazioni e infliggendo poi a Berlusconi una pena ancor maggiore di quella chiesta dall’accusa. Non si è trattato di uno schiaffo dato soltanto all’ex premier, ma pure al presdelarep ancora in carica (e a coloro che egli rappresenta).

D’altronde, quando si attua la strategia (“liquida”) del caos si deve mettere in conto che alcuni sicari – una parte di loro nemmeno sa di esserlo, crede veramente di star perseguendo finalità di interesse generale – sfuggano al controllo, si “autonomizzino”, funzionando quasi per conto loro. In un certo senso, la condanna di Berlusconi va assimilata all’uccisione del console americano in Libia. Si tratta di incidenti di percorso più o meno gravi, che a volte vengono riassorbiti, altre volte fungono da “naso di Cleopatra” nella storia (come fu, tutto sommato, l’entrata di Berlusconi in politica nel 1994, quando lo tirarono per i capelli con stupida e arrogante sicumera, dovuta alla convinzione della Confindustria agnelliana di distruggerlo, affidando il governo alla falsa sinistra rappresentata dal Pds, solo una accozzaglia di rinnegati del Pci, di una meschinità eguale e contraria a quella del “nanetto”).

Adesso si correrà ai ripari. Scommetto che già sono all’opera i “contraenti” nel tentativo di rimettere la questione sui giusti binari, frenando la magistratura almeno nei successivi suoi passi, in modo da consentire al cavaliere di capovolgere nuovamente le sue decisioni riprendendo, almeno in buona parte, la via di un suo ritiro dalla sfera della battaglia per il governo del paese. Che le manovre, assai probabilmente in atto per vie sotterranee, riescano oppure no non sembra al momento prevedibile. Possiamo soltanto essere piuttosto sicuri che il paese non tornerà in ogni caso a quelle briciole di autonomia in politica estera, rappresentate dai primitivi accordi tra Gazprom ed Eni sul Southstream, cui seguirono altri accordi con la Russia, e con la Libia, cui partecipò pure la Finmeccanica (in Russia soprattutto) e molte altre imprese minori. Soprattutto se le elezioni presidenziali americane saranno vinte da Obama – ma non cambierebbe molto pur se prevalesse il repubblicano – Berlusconi non tenterà certo di riprendere la vecchia politica estera; si interesserà appunto dei suoi problemi giudiziari e di poco altro, lasciando che l’agonia italiana proceda lungo i binari degli ultimi due anni.

Tuttavia, credo sbagli chi pensa alla totale mancanza di effetti di un eventuale rientro in forze del cavaliere nel “campo di battaglia”, se non si riesce a tagliare (o almeno limare) le unghie ai suoi irriducibili avversari, non meno sciocchi e politicamente inetti di lui. E’ indubbio che il suo comportamento vergognoso, da non leader politico, dell’ultimo anno e mezzo lascerà il segno; questo comportamento e lo scorrere inesorabile del tempo “biologico” metteranno molto piombo nelle sue ali, ammesso che le abbia mai avute. Se non è completamente rimbecillito, immagino però che rimpolperebbe il suo programma politico: oltre alla Giustizia, riprenderà vigore la battaglia per la riduzione delle imposte e per attenuare le varie batoste che l’infame governo Monti sta assestando a gran parte della popolazione. Non vi è dubbio che, in contrasto con il cavaliere, riprenderà lena pure la pantomima sulla crisi finanziaria, sui tracolli di Borsa (che continua imperterrita nel suo altalenare senza che ciò venga più menzionato dalla stampa come quando si trattava di costringerlo alla resa), sullo spread (una vera “comica finale”), e via dicendo. E’ però altrettanto evidente come – di fronte all’asfissia cui ci sta costringendo questo governo (solo di balordi o di parzialmente consapevoli istigatori di caos e sfascio sociale e politico al seguito dei “padroni” d’oltreatlantico?) – basti compiere un minimo sforzo per dare a molti l’impressione di ricominciare a respirare un po’ d’ossigeno.

Mi sembra si stia sottovalutando un fatto evidente, anche indipendentemente dalle elezioni siciliane. Perfino l’antipolitica “grillina” non sana la disaffezione dell’elettorato, il suo disgusto per la politica, non causato soltanto dalla campagna condotta contro la corruzione (sempre esistita e soltanto rispolverata quando occorre per spaventare e ricattare) dai soliti magistrati che, anche per questa via, stanno dando dimostrazione di “insubordinazione” rispetto agli ordini di non disturbare le manovre politiche (“caotiche”) condotte dall’inizio del 2011 allo scopo di arrivare al totale azzeramento di ogni capacità politica ed economica italiana nel consesso internazionale; di modo che il nostro paese sia semplicemente una base operativa per gli Usa in vista dell’opposizione al multipolarismo in avanzata. L’astensionismo gigante – che non credo si limiti alla Sicilia o al sud – non è sintomo di ormai sopraggiunta indifferenza della popolazione (come negli Stati Uniti); lo è invece di disorientamento, rabbia, delusione, ecc. da parte di chi credeva di essere rappresentato dal cavaliere e si è sentito abbandonato tra le fauci di un Monti, di cui tale massa astensionista non capisce certamente l’orientamento servo nei confronti di Obama, ma coglie comunque che ci si sta portando ad una situazione di “stress” economico e politico non più risolvibile.

Che simile manovra intenda rendere l’Italia una semplice pedina nel gioco geopolitico degli Usa non può essere compreso dalla “gente”; e lo stesso berlusconismo si è sempre ben guardato dal mettere il dito su simile piaga. Tuttavia, questa “gente” si sente colpita, impoverita, messa in crescenti difficoltà. Non sa a che santo votarsi. Essa rappresenta dunque un bacino piuttosto vasto in cui pescare voti con una certa facilità, se si riesce a infonderle di nuovo la speranza di poterne uscire; ormai non più indenne, ma almeno con una sorte meno dura di quella che si sta profilando e si andrà precisando nel prossimo futuro. Il 2013 sarà un anno che ci si ricorderà; e, sia pure confusamente e senza reale comprensione delle vere cause del disastro ormai incombente – dovuto al completo fallimento della nostra infame classe dirigente di tipo semicoloniale, sempre serva dei “liberatori” e dedita all’“antifascismo del tradimento”, cui poi si piegò del tutto pure il Pci, partito caduto sotto il controllo di rinnegati e traditori a partire dalla fine anni ’60 – una massa crescente di popolazione almeno afferra che starà sempre peggio. Basta poco per convincerla a tornare al voto per opporsi al governo attuale.

Purtroppo, la situazione è tale che, pur se il cavaliere avrà un minimo di intelligenza e coglierà l’occasione ormai a portata di mano, si riproporrà nuovamente l’andazzo degli anni passati; non proprio eguale, ma comunque con il solito tran tran antiberlusconiano, con le manovre di “grande” crisi finanziaria, ecc. Appunto perché Berlusconi è il mediocre che è, agisce per semplici motivazioni contingenti e sue proprie. Se tuttavia ha appena un po’ di furbizia, saprà meglio condire il suo programma anti-Giustizia – nel caso non venga tranquillizzato sul mantenimento di certi impegni – con proposte di contrasto rispetto alle misure prese da questo catastrofico governo di finti tecnici, in realtà di squallidi personaggi scelti dagli Usa e dai suoi rappresentanti in Italia per meglio asservire il nostro paese. Basta poco, a questo punto, per spingere una buona parte degli astensionisti a ripresentarsi in cabina elettorale; in ogni caso, verrebbero sconvolti i piani dell’ultimo anno e mezzo e si potrebbe entrare in fibrillazione, da cui certamente non ci si può aspettare nulla di buono se infine non si forma un nucleo dirigente nuovo, con nuovi progetti e soprattutto nuovi metodi di “presa del potere”, scavando la fossa ad un’intera classe che si pretende dirigente.

Fra le altre “debolezze” del cavaliere, ricercate per compiacere gli Usa, vi è anche la polemica antitedesca. Poiché si tratta di un atteggiamento comune a molti comparti del ceto politico e dei poteri economici italiani, sarà necessario spiegare in un altro articolo le reali motivazioni di fondo di simile inconsulto comportamento. Ricercare tali motivazioni non significherà però fornire scusanti alla politica seguita dall’attuale governo teutonico, anch’essa frutto di debolezze reali – accumulate in un dopoguerra di sconfitta e di complessi di colpa – ma anche dell’inettitudine di un ceto politico debole, incerto, incapace di affrontare finalmente un contrasto reale con gli Stati Uniti, rilanciando l’ostpolitik. Ne tratteremo a parte.