Un viaggio geopolitico: alla ricerca dell’identità e dello scudo missilistico in Romania di George Friedman

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[Traduzione di Francesco D’Eugenio da:  Geopolitical Journey: The Search for Belonging and Ballistic Missile Defense in Romania | Stratfor]

Durante la Guerra Fredda, la Romania ci confondeva tutti. Per molto tempo ancora dopo che le brutalità erano terminate negli altri paesi comunisti, la Romania rimase uno stato che ricorreva a livelli di violenza paragonabili a quelli della Corea del Nord oggi. Nicolae Ceausescu, che i suoi ammiratori chiamavano il Genio dei Carpazi, governò la Romania con irrazionalità priva di scrupoli. Le politiche governative lasciarono il paese al freddo e al buio, ed oggetti di uso quotidiano facilmente reperibili pochi chilometri più a sud in Bulgaria erano in Romania delle rarità. Allo stesso tempo — e qui sta il paradosso — la Romania era ostile e poco collaborativa con i Sovietici. Bucarest rifiutava di sottomettersi a Mosca, e questo non aveva senso agli occhi di molti di noi. La resistenza al potere sovietico, nelle nostra testa, significava liberalizzazione, come quella che avevamo visto in Ungheria e Cecoslovacchia. Ma non in Romania. La Romania giocava a un gioco diverso.

La Romania è un paese chiuso che vorrebbe una migliore integrazione nel sistema internazionale — una posizione difficile da sostenere. Ogni volta che ritorno in Romania, assisto allo svolgersi di questa lotta. Sebbene Bucarest costituisse un’eccezione nel blocco sovietico, trova ora molto più difficile adattarsi all’Europa rispetto a paesi come la Polonia. Per la Romania, diventare normale significa diventare parte dell’Europa, che significa aderire all’Unione Europea ed alla NATO. L’idea di non essere ben accetta a Bruxelles genera grande ansia a Bucarest. Quando indico le evidenti difficoltà che affliggono entrambe le istituzioni e suggerisco che parteciparvi potrebbe non essere la soluzione migliore per la Romania, vengo contraddetto con decisione. Essi ricordano qualcosa che io a volte dimentico: dopo la follia di Ceausescu, essi hanno bisogno di essere europei. Non importa quanto malmessa sia l’Europa oggi, il pensiero di restare isolati come erano una volta è insopportabile.

Gli Stati Uniti rivestono un ruolo unico nella cultura di paesi come la Romania. I miei genitori in Ungheria, un paese confinante con la Romania, ascoltavano Voice of America nel 1944. Quando seppero dello sbarco alleato in Normandia, pensarono di essere stati salvati dai tedeschi e dai sovietici. Non lo furono, ma era negli Americani — che immaginavano nobili e invincibili — che i miei genitori riponevano le loro speranze. Durante la Guerra Fredda, gli europei orientali ascoltavano VOA e immaginavano la liberazione dai sovietici. Quando la liberazione finalmente arrivò nel 1989, non era chiaro se e in che misura gli americani avessero determinato il collasso sovietico. Non è chiaro nemmeno adesso, ma in Europa orientale e in Romania, il concetto della liberazione è radicato, e nonostante tutto il loro interesse per l’Unione Europea, gli Stati Uniti restano il salvatore.

Questa regione è forse l’ultima rimasta dove gli Stati Uniti sono ancora considerati nobili e invincibili. Il potere è complesso — più ne ottieni, più diventi ambiguo. Per una potenza in ascesa, c’è un momento prima dell’esercizio delle responsabilità in cui essa appare perfetta. Non ha ancora fatto nulla che richieda spietatezza e brutalità, ma hai dimostrato forza. Era questa l’immagine degli Stati Uniti tra le due guerre mondiali. Quando gli Stati Uniti hanno cominciato a diventare una potenza matura, il mondo ha scoperto che il potere distorce anche le migliori intenzioni. Ma in Europa orientale, il senso originario degli Stati Uniti, sebbene sicuramente macchiato e in qualche modo consunto dalle complessità del potere reale, è ancora ragione di trasporto. Secondo me, i rapporti tra Stati Uniti e Romania devono essere coltivati, non tramite progetti vetrina dagli effetti limitati, ma mediante un sostanzioso sviluppo delle relazioni economiche e militari. Ciò potrebbe non sembrare entusiasmante, ma andrebbe incontro agli interessi di sicurezza nazionale di ambo le parti.

Percezioni diverse

La mia visione della collocazione della Romania nel mondo non è condivisa dal Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen e dal Presidente della Romania Traian Basescu. Vale la pena di raccontare le mie discussioni con questi leader, perché mi hanno condotto in un vero e proprio viaggio geopolitico.

Durante la mia visita in Romania ho incontrato Basescu, il Primo Ministro Victor Ponta ed altri notabili. Ho anche fatto una presentazione alla Banca Nazionale di Romania. Durante questi incontri, ho esposto gli argomenti già noti ai miei lettori. Ho spiegato che il mondo post Guerra Fredda è finito e che la Romania dovrebbe moderare le sue aspettative sulle conseguenze dell’appartenenza all’Unione Europea. Ho detto ai leader rumeni che dovrebbero essere sollevati ad avere la propria moneta. Ho altresì spiegato che la NATO non ha né gli obbiettivi condivisi né le capacità militari necessarie ad un’azione congiunta, dal momento che la maggior parte degli eserciti europei manca della capacità di condurre operazioni militari prolungate. La NATO non è un’alleanza, ma semplicemente un raggruppamento di paesi — una coalizione dei volenterosi che per la maggior parte, come abbiamo visto in Libia e Mali, non sono poi così volenterosi.

Ho poi aggiunto che i russi non inseguono i loro interessi nazionali tramite la forza militare. Piuttosto, la Russia sta traendo vantaggio dalla debolezza dell’Unione Europea per promuovere una rete di rapporti commerciali nei paesi della vecchia Europa orientale, creando un fatto compiuto economico. Ne consegue che la sicurezza nazionale rumena, piuttosto che contare sull’Unione Europea o sulla NATO, sarebbe difesa meglio dagli investimenti USA — soprattutto nei settori strategici dell’energia e delle materie prime.

I rumeni conoscono la debolezza di queste alleanze. Eppure, nonostante il caos europeo, la Romania crede profondamente nell’Europa. La fiducia in un blocco economico europeo, e in un’alleanza nord atlantica che includa gli Stati Uniti sono un assioma fondamentale della cultura politica rumena. La preoccupazione maggiore dei leader rumeni, che ha monopolizzato molte delle mie conversazioni, è lo sviluppo in Europa di un sistema difensivo contro i missili balistici.

Lo spettro completo del supporto militare

Gli Stati Uniti hanno lasciato che il programma di difesa missilistica basato in Europa divenisse il simbolo più importante dell’impegno americano nella regione. Gli europei orientali in particolare vedono la collocazione di quel sistema come un indice dell’interesse americano, pur sapendo che non è pensato specificamente per difendere il paese in cui viene schierato. La teoria è che dovunque gli Stati Uniti creino un’infrastruttura, le truppe americane saranno lì a difenderla. La posizione di Washington sullo scudo difensivo è stata mutevole sin dall’amministrazione Bush. Sviluppi tecnologici successivi hanno aperto la porta per collocazioni alternative, ma i rumeni percepiscono un’altra ragione dietro i ripensamenti: i russi osteggiano decisamente questo programma. Sebbene i loro missili possano facilmente superare lo scudo, i russi credono, come gli europei orientali, che il programma è semplicemente la prima fase dello schieramento americano lungo le frontiere della sfera d’influenza russa. Gli americani non hanno alcuna intenzione di confrontarsi coi russi su quello che per Washington è un problema marginale, e cercano continuamente una scappatoia dagli impegni assunti.

Ciò irrita i nervi nella regione, specialmente davanti al disgregarsi dell’Unione Europea. Ho affermato che lo scudo missilistico non dovrebbe essere visto come l’unico impegno possibile per l’America. La Romania e altri paesi dell’Europa dell’est hanno sicuramente bisogno di considerevole supporto militare e di assistenza. Ma ciò di cui hanno bisogno sono sistemi antiaerei e anticarro, aerei caccia e mezzi logistici — e hanno bisogno di abbastanza di queste cose per affrontare minacce alla sicurezza nazionale più semplici ma più immediate. Il sistema di difesa missilistico risponde a una sola dimensione della sicurezza rumena, ma non fa nulla per affrontarne altre, più importanti.

Ho detto che il focus strategico della Romania dovrebbe concentrarsi sull’acquisizione di sistemi convenzionali pratici che possano affrontare minacce mutevoli. Pertanto gli Stati Uniti non dovrebbero essere giudicati dal loro impegno per la difesa missilistica, ma dalla loro volontà di contribuire all’intero spettro dei bisogni della sicurezza rumena. Allo stesso modo la Nato non dovrebbe essere giudicata dal suo impegno per la difesa antimissile, ma dalla disponibilità dei suoi membri a collaborare e dalla reale capacità delle loro forze armate di farlo.

Minacce reali e percepite

Rasmussen ha incontrato il Presidente della Romania un paio di giorni dopo la mia visita, e a quanto pare il mio punto di vista è stato menzionato. In una dichiarazione pubblica, Rasmussen ha affermato di non essere d’accordo con le mie considerazioni. Ha sottolineato che la Romania verrà protetta contro una potenziale minaccia missilistica e ha detto che la Nato ha scelto un approccio flessibile scaglionato per la costruzione del sistema di difesa antimissile, con l’obiettivo di coprire tutta la popolazione europea e tutte le nazioni della Nato, compresa la Romania. Rasmussen ha dichiarato di aspettarsi il completamento della terza e ultima fase entro il 2018.

Il problema delle affermazioni di Rasmussen è che assume che la Romania abbia di fronte una minaccia missilistica. Messa diversamente, se consideriamo tutte le minacce che la Romania ha davanti, un attacco missilistico non è in alto nella lista delle priorità. La Russia non è sul punto di impiegare missili, e questo sistema non potrebbe bloccarli. Gli iraniani non hanno ancora missili balistici, e un’opzione offensiva risponderebbe molto più efficacemente alla minaccia iraniana. Essenzialmente, i progetti di difesa missilistici costerebbero quantità enormi di denaro senza rispondere ai reali interessi nazionali rumeni. Questi comprendono la sicurezza interna contro attori non-statali, sicurezza dei confini e gestione del futuro della Moldavia in caso di destabilizzazione di quel paese.

Ciò che mi interessa di più in questo incontro è che quando mi hanno fatto domande sulla difesa antimissile, non mi hanno chiesto della Nato ma degli Stati Uniti. Non mi hanno chiesto nemmeno di uno scudo antimissile europeo, ma solo del dispiegamento di una componente in Romania. Ciò che i rumeni vogliono è un’installazione americana in Romania, perciò vedevano i ripensamenti americani che potrebbero eliminare tale installazione come la fine dell’impegno degli Stati Uniti in Romania. Ciononostante, il Presidente rumeno ha sposato la posizione di Rasmussen rigettando esplicitamente la mia.

Rasmussen è il capo della Nato, un’organizzazione che ha un certo numero di grandi progetti in corso — e questo è uno dei maggiori. Che qualcuno arrivi e affermi che il principale progetto della Nato ignora i basilari bisogni della sicurezza nazionale rumena è ovviamente causa di irritazione. A maggior ragione se questo qualcuno sa che lo scudo antimissile, più che essere parte di una strategia della Nato, costituisce il surrogato di una strategia. Al momento la Nato non ha una vera strategia perché manca un accordo politico su quale dovrebbe essere questa strategia.

L’ultima osservazione che ho fatto ai rumeni è che alla fine solo loro possono garantire la propria sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti possono essere sospinti a partecipare secondo i loro interessi strategici ed economici, ma non possono sostituire le forze rumene nella protezione degli interessi nazionali rumeni. Era in questo modo che la Nato operava durante la Guerra Fredda, ed è così che dovrebbe funzionare adesso. Solo forze rumene possono assicurare le molteplici e difficili dimensioni della sicurezza nazionale rumena. La Nato e gli Stati Uniti possono servire da ultima istanza, ma non possono essere la prima opzione. Pertanto, la Romania dovrebbe richiedere assistenza nel miglioramento dei requisiti di base, poco appariscenti, dell’autodifesa. Bucarest non dovrebbe occuparsi del dispiegamento di una componente avanzata progettata per un unico scenario, se essa dovesse realizzarsi a spese della capacità di gestire molti altri scenari. L’Europa come un tutto potrebbe avere bisogno della difesa antimissile, ma la Romania e gli stati a lei vicini che hanno subito l’occupazione sovietica hanno molto più bisogno di altre cose.

Abbiamo anche discusso dell’interesse rumeno ad allinearsi con Polonia e Turchia. Questi tre paesi condividono una storia di resistenza alla potenza russa. Tutti e tre hanno il bisogno e la volontà di costruire solidi rapporti commerciali con i russi, ma devono assicurarsi che questi interessi commerciali non intacchino l’autonomia nazionale o gli interessi nazionali. Ho già scritto in passato circa l’Intermarium — l’alleanza delle nazioni dal Baltico al Mar Nero — e per i rumeni, Polonia e Turchia sono partners potenzialmente importanti.

La mia motivazione contro uno scudo antimissile terrestre non è che si tratti di un’idea in sé sbagliata, o che una partecipazione ai massimi livelli non sia fra gli interessi rumeni, ma che allo stato attuale la Nato è incapace di rispondere ai bisogni più pressanti della sicurezza regionale, in particolare per la sicurezza della linea che attraversa Polonia, Slovacchia, Romania, Bulgaria e Turchia. Questa linea rappresenta oggi la frontiera orientale della penisola europea ed anche se ciascun paese dovrebbe intrattenere stretti rapporti commerciali con la Russia, essi devono anche essere in grado di proteggersi. Spendere i dollari americani per limitare il potere militare russo nella regione sarebbe molto più efficace per soddisfare gli interessi rumeni che non uno scudo antimissile, e ciò sarebbe più in linea con gli interessi degli stessi Stati Uniti. Sfortunatamente in questa discussione la Nato non ha un ruolo importante. Anche laddove si realizzasse un impegno significativo degli Stati Uniti per la difesa della Romania, c’è bisogno di un raggruppamento regionale, all’interno o meno della Nato, per creare il quadro per una collaborazione proficua.

Sviluppare una relazione cruciale

La sfida che la Romania ha di fronte è di creare una dimensione economica ai suoi rapporti politici e militari con gli Stati Uniti. Una relazione multidimensionale è intrinsecamente più autosufficiente di una puramente politico-militare. Il problema non è la carenza di progetti, che potenzialmente abbondano. Il problema è la burocrazia rumena, che può risultare paralizzante. Nelle relazioni economiche, naturalmente, trasparenza ed efficienza sono essenziali. Nessuna delle due è presente in Romania. Uno dei punti che ho sollevato durante la mia visita è che per la Romania, lo snellimento della burocrazia e l’aumento della sua velocità e prevedibilità sono problemi di sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti, come la maggior parte dei paesi, ritengono più conveniente appoggiare i paesi in cui hanno interessi economici.

Stanti le debolezze dell’Unione Europea e la disorganizzazione nella Nato, la Romania ha bisogno di coltivare le sue relazioni bilaterali con gli Stati Uniti, e ciò comporta superare le sue relazioni a Washington. Gli affari militari vengono discussi a Washington D.C.; gli affari si  fanno a Seattle, Houston e Chicago. Un tour geopolitico degli Stati Uniti comincerebbe spiegando i limiti di Washington e il potere presente in altre città americane. I rumeni devono capire gli Stati Uniti per come sono, e devono comprendere che l’impegno di Washington in un paese va di pari passo con i suoi interessi economici. Se la Romania vuole legami militari più stretti con gli Stati Uniti, semplificare la regolamentazione per gli investimenti è molto più importante della difesa antimissile.

Non è chiaro se gli Stati Uniti comprendano il valore strategico della Romania o degli altri paesi dell’Europa dell’est. Non è chiaro se la Romania comprenda come funzionano gli Stati Uniti e come calamitarne l’interesse strategico. Gli Stati Uniti hanno passato la seconda metà della Guerra Fredda confusi riguardo alla Romania, e la Romania ha passato il tempo trascorso dalla caduta del comunismo confusa riguardo agli Stati Uniti. Dal mio punto di vista, il dialogo deve superare l’ossessione americana per le tecnologie complesse, i bisogni della Nato per un progetto che appaia importante senza peraltro rispondere a minacce reali e le paure della Romania di essere esclusa dall’Europa. Gli Stati Uniti e la Romania devono concentrarsi su freddi calcoli di interesse nazionale, compresi problemi basilari come la vendita di elicotteri da trasporto e l’elaborazione rapida dei progetti da parte dei ministeri. Se un sistema di difesa antimissile fosse sviluppato accanto a queste cose, non avrei obiezioni. Se fosse costruito al posto di queste cose, dovremmo rileggere la storia della Linea Maginot.