UNO STOP ALLA DEMENZA di Giellegi

a seguire: Friends, Romans, countrymen, lend me your ears di P. Pagliani

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Il segretario della Cgil di Treviso, persona evidentemente di buon senso, chiede vengano posti limiti all’immigrazione, tenuto conto della crisi che inizia a mordere anche nel nord-est (e se morde qui……). Epifani, segretario generale, continua però a tuonare contro ogni restrizione. Un po’ di intelligenza e di comprensione della realtà di crisi in cui viviamo, e una linea minimamente coerente tra centro e periferia, non sarebbe poi così sgradita a chi non ha un cervello contorto.

Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, ha scritto un libro sul ventennio (di fascismo e populismo) di Berlusconi. Intanto, a chi è anche direttore dell’inserto finanziario di quel giornale, sarebbe richiesto che sapesse fare una semplice sottrazione: 2008 – 1994 (al massimo, possiamo far risalire la discesa in politica di Berlusconi alla fine del 1993). I vent’anni sono dunque “a futura memoria”, o forse una segreta speranza del giornalista (che certo non la confesserà nemmeno a se stesso, nemmeno sotto tortura). Inoltre, vorrei mi si indicasse un fascista – Mussolini, Franco, Salazar o chi altro (come vedete, lascio da parte il più “serio e determinato” di tutti: Hitler) – che abbia consentito agli avversari di andare ben due volte al Governo al suo posto, così come ha fatto Berlusconi nel 1996 e nel 2006.

Voglio però anche raccontare un “piccolo” episodio, che nel periodo fascista va moltiplicato per centinaia di volte. Il mio Maestro Antonio Pesenti, professore universitario (a Sassari) a soli 25 anni, si recò a Bruxelles nel 1935 ad un Convegno internazionale, dove tenne una relazione severamente critica della politica economica e finanziaria del fascismo. Al rientro in Italia, fu fermato al confine e condotto a Verona, dove il Tribunale Speciale lo condannò a venti (20) anni di carcere (duro, durissimo). Ne fece “solo” otto perché arrivò il 25 luglio del 1943. Quindi passò in galera una buona parte della giovinezza e prima maturità (dai 25 ai 33 anni); e a quel tempo il carcere era molto più “scomodo” di adesso.

Mi piacerebbe che i tipi intelligentoni come Giannini – e ci si dovrebbe fidare di quello che dice sui temi economici e finanziari? – mi indicassero episodi simili nel periodo berlusconiano; a meno che, come già detto, non si tratti della sua personale, e segreta, speranza che il Premier recuperi il tempo perduto negli ultimi cinque anni necessari a completare l’“infausto ventennio”. E’ del tutto evidente che questa stupidità nuoce non solo alla sinistra, ma all’intero paese. Quando alcuni anni fa cominciai a sostenere che questa sinistra era ormai un cancro in fase di espansione nell’organismo italiano, mi si disse che esageravo, che ero prevenuto. Non ero esagerato, anzi perfino troppo poco pessimista; questa sinistra – e quella detta radicale o alternativa è forse la più demenziale, assieme alla “sinistrorsa” destra di Di Pietro, autentico provocatore e sfascista a tempo pieno – è veramente molto malata e contagiosa.

Come ho già scritto ieri, sono sicuro che esiste anche un’altra sinistra; magari moderata, con la quale credo di non essere d’accordo su quasi niente, salvo che su un punto: l’intelligenza e ragionevolezza degli interventi dei suoi componenti, che sono però troppo rari. Si facciano dunque avanti, acquistino maggiore determinazione. Per il momento, si vede in campo solo quella sinistra formata da gente infettata da un brutto virus (l’antiberlusconismo), che è del tutto simile all’Alzheimer. Si può andare avanti così? Si possono tollerare quei ceti sociali che ho descritto nel mio intervento di ieri e che sono l’ossatura (reazionaria ma anche stupida) di questa sinistra? Per quanto tempo dovranno ancora circolare impunemente i “girotondini”, i “micromeghini”, i “Furio Colombo e Sabina Guzzanti” (nomi puramente descrittivi di dati gruppetti di persone che si danno le arie di grandi intellettuali), ecc.?

Non dovremo mica metterci a recitare: “fino a quando, sinistra sciocca e disonesta, abuserai della nostra pazienza”? Usciamo presto dal tunnel di questa ormai lunga epidemia di peste; è necessario udire infine lo scampanellio dei monatti che stanno arrivando.

Friends, Romans, countrymen, lend me your ears di P. Pagliani

 

Da parte della sinistra e di tutti i suoi inutili intellettuali, o meglio, come diceva Pier Paolo Pasolini, dei suoi “irresponsabili intellettuali”, si continua a ululare contro la “fascistizzazione” berlusconiana, creando una cortina di fumo ideologica che ha un duplice fine: il più micragnoso è quello di contendere posizioni e porzioni di potere, anche spicciole, alla destra; quello di più vasta portata è la condanna del nostro Paese a una politica totalmente subalterna a quella del declinante impero americano, sotto l’effigie di Obama.

Premetterò alcune cose che molti già sanno, per chiarezza e per evitare  molesti fraintendimenti.

Non ho votato per il centrodestra, così come non ho votato per il centrosinistra e nemmeno per l’accozzaglia arcobaleno e tanto meno per la destra (sembra ovvio, ma con le accuse che girano è meglio essere espliciti). Semplicemente non ho votato. Il Cavaliere non mi fa certo impazzire, le politiche securitarie sbandierate per demagogia dal centrodestra mi sembrano prima stupide e poi odiose (ma non sono altro che l’immagine in negativo del ciclo buonismo-lassismo-degrado-repressione attuato dal centrosinistra), ho una formazione marxista, vengo da una tradizione antifascista e libertaria che ho trasmesso ai miei figli – e di certo non me ne pento perché fa parte del DNA familiare –  e, infine, considero il capitalismo come una dannazione pericolosa e iniqua, da contrastare.

Proprio per questi motivi, se oggi si dovesse di nuovo andare alle urne farei come l’anno scorso: non voterei. Ma proprio per gli stessi motivi non posso non rendermi conto e non sottolineare che la politica della sinistra è in questa congiuntura (nel senso di Althusser) più pericolosa di quella della destra. E ho diversi motivi per affermarlo.

 

1) Ritorniamo all’inizio. Si parla di “fascismo”. Bene. Formalmente il Fascismo si è caratterizzato per lo scioglimento del Parlamento. Berlusconi non ha sciolto il parlamento. O certo, si possono tirare in ballo gli aspetti illiberali “culturali”, "latenti", "dissimulati", eccetera . Ciò non toglie che se si vuole parlare di “fascismo” si deve essere precisi e attenersi alla storia e ai fatti, altrimenti si è pregati di trovare un altro termine, sennò si finirà per dire che anche la repressione di Pompeo e Crasso contro i seguaci di Spartaco fu una forma di fascismo.  E questo fa di ogni erba un fascio in senso letterale, ovvero ottunde ogni possibilità di distinzione e di chiarezza, per la maggior gioia dei confusionari, dei superficiali,  degli opportunisti e, ovviamente, dei nemici (ops! “avversari”: “nemici” è politicamente scorretto).

Ma ammettiamo pure che l’esautorazione informale (ovvero “latente”) del Parlamento dalle scelte politiche fondamentali, sia una forma di (latente) fascismo: Be’, allora ne vediamo delle belle e proprio di chi grida “Al lupo, al lupo!”:

– La dismissione e svendita dell’economia pubblica italiana, impostata da Amato ed eseguita da Ciampi con la collaborazione chiave di Prodi (già senior consultant in Italia della Goldman Sachs) e di Draghi (futuro vice president europeo della Goldman Sachs) fu decisa  sullo yacht della regina Elisabetta II durante una crociera sul Tirreno nel 1992 in compagnia dei grandi finanzieri e banchieri anglosassoni. E questa politica fu continuata con fervore dai successivi governi di centrosinistra (ricordo che Enrico Letta mentre era Ministro dell’Industria  nel governo D’Alema II si vantò di essere più liberista della Thatcher e infatti si precipitò ad attaccare la SNAM, gioiello dell’ENI, per  applicare la direttiva europea per la liberalizzazione del mercato del gas e dell’energia elettrica, direttiva al cui corso paesi europei più gelosi della propria sovranità nei settori strategici, come la Francia, facevano ostruzionismo, una vera e propria melina). Domanda: il Parlamento italiano era sullo yacht di Elisabetta II? No!

– I partiti che reggevano e si reggevano (con tutte le corruttele del caso) su quella economia pubblica da smantellare per imperio, non furono sconfitti da un voto popolare ma da un’azione giudiziaria chiamata "Mani Pulite". I Palazzi di Giustizia fanno parte del Parlamento? No!

– D’Alema decise la partecipazione del nostro Paese alla guerra contro la Serbia senza chiedere l’avvallo del Parlamento. E già: perché era un’operazione di “polizia internazionale” alla quale “eravamo tenuti” per via del Patto Atlantico. Questa è già una bella scusa, ma anche come scusa fa acqua: il Patto Atlantico non era solo difensivo? Sì, ma fu decisa una revisione delle clausole. Altra bella scusa che fa acqua: l’avvallo di questa revisione era di pertinenza del Parlamento. Gli è mai stato chiesto il parere? No!

– Il nostro Parlamento era contrario a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, uno dei punti di svolta nelle relazioni internazionali dai tempi della Pace di Vestfalia, non una cosa secondaria. L’allora ministro degli esteri D’Alema ne ha tenuto conto? No!

 

But Brutus is an honourable man.

 

2) Per il suo senso di realpolitik e di realaffarik, l’ideologicamente filoamericano e filoliberista, ma alla resa dei conti pragmatico, Cavaliere Abbronzato ha capito che gli USA stanno perdendo terreno e che lo Stato può anche permettersi d’intervenire in economia. Ma non è quest’ultimo punto che voglio discutere. Voglio invece  sottolineare il primo, parlare cioè di politica estera. Prego confrontare questi fatti:

– Berlusconi e Frattini denunciano il progetto di scudo missilistico statunitense come una provocazione contro la Russia. Il precedente governo Prodi aveva dato segretamente l’assenso agli USA per questo stesso scudo missilistico (segretamente; e il Parlamento? e il Parlamento? Ah ah. Ma mi facci il piacere, hihihi!).

– Berlusconi ha criticato l’indipendenza del Kosovo. D’Alema l’ha riconosciuta con fervente entusiasmo (e infatti fa anche dell’ironia necrofila: ”Da vecchi comunisti, oggi siamo veramente felici di aver trovato un presidente del Consiglio italiano pronto a rompere il blocco occidentale e a riabilitare quella che oggi si chiama Russia, ma altro non è che la vecchia Unione sovietica.”; da Velina Rossa, agenzia definita “vicina a D’Alema”; sarà pure “definita”, ma si riconosce la scuola da spirito di rapa cotta dell’ex primo premier italiano post-comunista, quello che contende a Massimo Cacciari l’autoproclamazione di “più intelligente della sinistra”).

– Il PD ha già dichiarato che se gli USA chiederanno altre truppe italiane per l’Afghanistan, sarà favorevole. I ministri La Russa e Frattini hanno invece preannunciato che saranno contrari. La scusa del PD è che adesso c’è Obama. Bella scusa, non c’è che dire: la sinistra aveva non solo riconfermato ma persino incrementato il nostro impegno anche sotto Bush. Facce di tolla! E comunque possiamo stare certi che d’ora in avanti useranno Obama per coprire tutto il loro istintivo e incoercibile filoamericanismo servile. Un assaggio? Si legga “Sinistra ‘atlantista’ in nome dell’antiputinismo” sul Corriere della Sera del 14 novembre 2008.

 

But Brutus is an honourable man.

 

Insomma, fino a ieri si gridava a gran voce “Multilateralismooooo!”, “Antimperialismoooo!”, “Abbasso i missili a Comisoooo!”. E oggi, oggi che l’abbandono della resistenza all’imperialismo USA e ai suoi missili, oggi che ostacolare il multilateralismo e la rivendicazione, almeno di fatto, della propria sovranità politica sono da considerarsi non solo criminali ma persino nefandi economicamente, la sinistra diventa sfrenatamente, o per meglio dire, spudoratamente e scopertamente atlantista e servile. Se non altro l’elezione di Obama è servita a scoperchiare i sepolcri imbiancati.

E la sinistra “radicale”? Sta in finestra. Alcuni hanno già preparato la valigia per migrare verso la “sinistra atlantista”. Buon viaggio! Gli altri non riescono a “defossilizzarsi” da una idea di “modo di produzione capitalistico” e di “lotta di classe” che sono invece tutti da ricapire e da reimpostare senza timori reverenziali per i nostri padri (intendo, io personalmente, Marx, Engels e Lenin) e quindi non riescono nemmeno a svincolarsi dalla perenne e storicamente catastrofica idea del “fronte unico”.

 

Un’ultima annotazione finale. Se qualcuno vuole andare a vedere “La banda Baader-Meinhof” – che vale la pena nonostante una tesi finale discutibilissima e la recensione negativa de Il Manifesto, fatto che però depone a suo favore – faccia attenzione a quel che dice Rudi Dutschke.

Per molti motivi Rudi, secondo il mio parere, era la mente più brillante espressa dal Sessantotto europeo, al cui confronto star come Daniel Cohn-Bendit erano solo comprimari più o meno abili nella retorica e nel gesto teatrale. Ebbene – ed è la verità – Rudi Dutschke, il marxista Rudi Dutschke, insisteva sulla rivendicazione della sovranità della Germania nei confronti degli Stati Uniti. Per un ragionamento elementare e lineare, che la sinistra confusionaria, come fa ancora oggi, ha sempre sfumato in un vago e futuribile internazionalismo, ma che a Rudi, all’internazionalista Rudi, non sfuggiva: per essere antimperialisti bisogna innanzitutto lottare per l’indipendenza del proprio Paese da ogni potenza imperiale.

Purtroppo un nazista piazzò due pallottole nel cervello geniale del ventottenne Rudi, che morì dieci anni dopo per le conseguenze di quell’attentato. 

Sono pronto a scommettere che non pochi sessantottini cresciuti nella sinistra rosé, nella sinistra-sinistra o nella sinistra critica-critica, storcerebbero il naso a risentire certi discorsi di Rudi Dutschke. E continueranno a ululare e, ciò che è peggio, a far belare: “Berlusconi fascistaaaa!”.

 

P. Pagliani

 

PS

Ho sentito un’intervista col vescovo di Baghdad. Alla domanda su cosa ne pensava delle elezioni di Obama ha risposto: "Qui, come in tutto il Medio Oriente, si è ormai capito che i presidenti statunitensi possono cambiare ma la strategia statunitense è di lungo termine."

Santo subito!

 

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