VOGLIONO INDEBOLIRE L’ENI di G.P.

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Altro articolo su questa questione tratto da Repubblica

Antitrust e Autorità dell’Energia hanno nuovamente portato i loro attacchi contro l’Eni. Le perplessità di tali istituzioni di garanzia si sono manifestate, questa volta, con la diffusione dei risultati di una indagine conoscitiva che evidenzierebbe i maggiori vantaggi per i consumatori e per il sistema economico nel suo complesso qualora il cane a sei zampe venisse finalmente obbligato a rinunciare a parte dei suoi stoccaggi, al fine di incrementare, così si dice, la concorrenza e la sicurezza distributiva del gas in Italia.

D’altro canto l’ENI potrebbe recuperare le perdite conseguenti, sempre secondo le citate autorità, investendo in nuova capacità negli ex giacimenti al largo della Costa Adriatica (immagino che ci si riferisca ai giacimenti individuati nella zona di Ortona).

Precisamente, si tratta di un giro di parole per affermare che l’Eni dovrebbe abdicare ad un vantaggio immediato per benefici futuri sulla cui consistenza non si può dire ancora molto. Questa vecchia teoria (tanto cara alla Commissione Europea, la quale in passato aveva avviato una serie di procedure per la rilevazione delle infrazioni al sistema di concorrenza comunitario da parte dell’azienda italiana) risulta appena edulcorata dal fatto che non si tratta, in questo caso, di una prescrizione ma di una opportunità da cogliere, ça va sans, dire per il “bene” del Paese. Peccato che i dubbi si affastellano su tale versione troppo vicina ai tentativi di depotenziamento di una delle nostre più importanti imprese di punta, già energicamente intrapresi dalle tecnocrazie europeiste in odore di subordinazione agli Usa.

Ma svigorire l’ENI significa indebolire gli stessi consumatori italiani che, come dimostrato per altri settori liberalizzati, nella giungla concorrenziale si orientano meno e sono più facilmente raggirabili. Da ciò si intuisce che la perorazione della causa della separazione tra produzione e distribuzione è solo un pretesto per porre un freno all’espansione di questa società che si sta muovendo con troppa disinvoltura su mercati considerati off limits (per i noti appetiti statunitensi su questa stessa area da conquistare o, in alternativa, da isolare). E’ necessario che i settori politici italiani, dimostratisi non ostili alle pratiche commerciali e industriali dell’ENI, rispondano prontamente a questi subdoli assalti che hanno come unico obiettivo quello di indebolire il potere contrattuale dell’ENI; e per giunta in una fase in cui quest’ultima ha ampiamente dimostrato di saper aggredire i mercati esteri e di essere in grado di concludere accordi profittevoli per il nostro Sistema-Paese.

Del resto, essendo il mercato italiano, anche nel settore energetico, molto più aperto rispetto a quello di Francia e Germania, dove le reti non sono separate, le accuse di concorrenza sleale non trovano giustificazione. Si evidenzia, pertanto, la stoltezza e la subordinazione di certi settori dominanti italiani che continuano a compromettere la nostra indipendenza, tanto politica che economica, per i propri beceri interessi di casta. Questi drappelli dominanti parassitari (GF e ID) sono un cancro da estirpare al più presto, insieme alla loro sponda politica che si presenta sotto i vessilli della sinistra.

«L’Eni deve cedere una parte dei suoi stoccaggi di gas»

di Redazione (Fonte il Giornale)

 

L’Eni dovrebbe cedere una parte dei suoi stoccaggi di gas, come è stato fatto a suo tempo per la capacità produttiva dell’Enel, mentre potrebbe investire in nuova capacità negli ex giacimenti al largo della costa adriatica. Lo afferma l’indagine conoscitiva condotta insieme da Antitrust e Autorità per l’energia. In cambio il gruppo guidato da Paolo Scaroni (nella foto) «potrebbe aspirare ad essere soggetto a una regolazione diversa e innovativa rispetto a quella attualmente applicata per la capacità di stoccaggio in esercizio». In questo modo, sostengono le due Authority, verrebbero accresciute la sicurezza e la concorrenza nel sistema del gas in Italia e si darebbe spazio a nuovi operatori. I potenziamenti fatti «dall’operatore dominante», che attraverso Stogit (ora confluita in Snam Rete Gas) detiene il 97% degli stoccaggi, sono stati «assolutamente marginali» e non sufficienti, né a garantire più sicurezza nel sistema energetico nazionale, né ad assicurare la necessaria flessibilità agli operatori per competere nel mercato liberalizzato, sostiene il documento. Così l’ingresso sul mercato degli stoccaggi di nuovi gruppi servirebbe ad affrontare meglio momenti critici come la domanda giornaliera di punta di gas, come pure situazioni di crisi come quelle innescate dai contenziosi tra l’Ucraina e la Russia. Pronta però la replica di Eni: alcune fonti fanno notare come Antitrust e Autorità per l’energia riconoscano che tutti i problemi legati al razionamento degli stoccaggi non si possono ricondurre a comportamenti opportunistici di Eni ma sono conseguenze dell’attuale assetto regolatorio. Da cui consegue che il gruppo non ha posizioni di vantaggio rispetto ad altri operatori. Sempre all’Eni sottolineano poi come nelle conclusioni non si obbliga il gruppo a cedere Stogit o asset ma si evidenzia come «potrebbe rivelarsi opportuna» la vendita a terzi «di sottoinsiemi di asset». Le Authority riconoscono che i limitati sviluppi degli stoccaggi in Italia sono riconducibili a «carenze e ritardi nelle procedure» e che quindi nessuna criticità del sistema è riconducibile a comportamenti opportunistici di Stogit/Eni ma deriva dall’attuale impianto regolatorio. Che, secondo le stesse Authority, dovrebbe essere ripensato