LA BATTAGLIA PER IL GAS TURCMENO E’ APPENA COMINCIATA – I Parte

Hélène Rousselot,

responsabile « Asia Centrale » della rivista on-line Regard sur l’Est (www.regard-est.com) fonte: diploweb.com

Trad. di G.P.

 

Nella primavera del 2006, Nicolas Sarkis, direttore della rivista "Le pétrole et le gaz arabes", scriveva: "considerato, fino agli anni 1970, come un parente povero del petrolio, il gas naturale ha rapidamente acquisito la sua nobiltà ed appare ormai fra le fonti d’energia più apprezzate" (i). "Questa forte proiezione del gas sulla scena energetica" corrisponde infatti a necessità mondiali che sono passate da 895 milioni di tep (tonnellata equivalente di petrolio) nel 1971 a 2.420 milioni nel 2004. E tra i fornitori, che non sono numerosi, il Turkmenistan è destinato a diventare uno dei paesi esportatori che contano di più per gli approvvigionamenti dell’Europa. Le due crisi del gas tra la Russia e l’Ucraina nel dicembre 2005, quindi alla fine del 2006 tra la Russia e la Bielorussia, hanno ricordato agli europei l’importanza di questa fonte d’energia, da un punto di vista strategico e geopolitico, come pure la complessità delle questioni legate al suo approvvigionamento.

D’altra parte, il decesso, il 21 dicembre 2006, del presidente, Saparmourat Niazov, ex primo segretario del partito comunista del Turkmenistan dal 1985, eletto presidente il 27 ottobre 1990 e rimasto incollato al potere per 15 anni, ha proiettato questo paese sul davanti della scena mondiale. Ma la premura di numerosi capi di Stato, ministri ed ambasciatori vicini a Gourbangouly Berdymoukhammedov, successore di S. Niazov, non deve fare dimenticare che il gas turcmeno stimolava già molti appetiti all’inizio del XXI secolo.

Fin dal settembre 2006, i mass media russi predicevano, un’intensificazione dell’irruzione del gas turcmeno per gli anni 2007-2008.

Le riserve di gas turcmeno: in parte un bluff?

Indipendente dal 27 ottobre 1990, questa vecchia repubblica sovietica dell’Asia centrale confina con l’Uzbekistan a Nord-est, l’Afghanistan a Sud-Est, l’Iran a Sud ed il Mar Caspio a Ovest. Su una superficie totale di 488.100 km2 (a titolo di raffronto, ricordiamo che quella della Francia è di 550.000 km2), solo 10.000 km2 sono popolati, con meno di 6 milioni di abitanti, essendo il resto un vasto deserto chiamato Kara Koum (deserto della sabbia nera), delimitato dal fiume Amou-Daria a Nord-est. Il sottosuolo di questo territorio contiene riserve di idrocarburi, e soprattutto di gas, considerevoli, principalmente nel Sud-Est del paese, nella parte situata tra la frontiera con l’Uzbekistan ed Amou-Daria come pure nel Mar Caspio. Le informazioni riguardanti le riserve gazifere del Turcmenistan sono state un segreto di Stato al quale aveva accesso soltanto una cerchia ristretta di persone vicine al presidente S. Niazov. Quest’ultimo stabiliva lui stesso i dati statistici da diffondere. Questa tradizione del segreto è, del resto, precedente all’indipendenza del paese poiché i risultati dei lavori d’indagine geologica lungo la frontiera con l’Afghanistan, realizzati all’inizio degli anni ‘70 dal ministero della geologia dell’URSS, non sono stati mai resi noti. Questo silenzio delle autorità dell’epoca si spiega in parte con considerazioni geopolitiche, legate all’entrata delle truppe sovietiche in Afganistan, nel 1979. Questa vecchia tradizione spiega perché oggi le cifre sulle riserve dei più grandi siti identificati e repertoriati(ii) variano secondo le fonti d’informazione oppure sono inesistenti. Le diverse cifre avanzate per le riserve di Dovletabad illustrano bene l’ampiezza delle variazioni; scoperte nel 1974, vicino alla città di Saraks, sono stimate da Achkhabad a 4,5 miliardi di m3, le altre cifre parlano di 700 miliardi di m3, altre ancora di quantità tra 1 e 1,7 mila miliardi di m3; il giacimento di Chatlyk, scoperto nel 1963 nel bacino dello Amou Daria, nasconderebbe 1 miliardo di m3.

Il campo di Iachlar (nell’oblast di Mary) è conosciuto dal 1992, le sue riserve sono ritenute pari a 550-750 miliardi di m3, nella regione di Lebap, il campo di Sag Kenar conterrebbe 1,7 mila miliardi di m3, secondo il governo turcmeno, ma tali cifre non sono confermate da alcuna altra fonte. D’altra parte, come fa osservare il vecchio vice primo ministro turcmeno, Khoudaïberdy Orazov, i campi sono in gran parte sfruttati e le cifre delle loro riserve non sono dunque più attuali (iii). In compenso, due nuovi annunci sensazionali sono stati diffusi, nel novembre 2006 e nel marzo 2007. Riguardano da un lato le riserve del campo di Iolotan (nel Sud-Est del paese), stimate a 7 mila miliardi di metri cubici di gas e, d’altra parte, la scoperta del sito di Osman, vicino al primo e presentato come il più importante del Turcménistan(iv) ma a proposito del quale nessuna cifra è stata ancora diffusa. Secondo un alto dirigente del settore degli idrocarburi turcmeno(v), questi annunci sono da interpretare poiché la volontà di Achkhabad è quella "di gettare polvere negli occhi" e di dissipare così i dubbi quanto alle capacità reali di onorare i suoi contratti d’esportazione.

Fra le valutazioni disponibili attualmente, quelle delle autorità Turamene, parlano di un totale di 21 mila miliardi di m3 di gas; BP Statistical Review ofWorld Energy dava, a fine 2005, riserve provate di 2,9 mila miliardi di m3, mentre David A. Merkel, membro del National Security Council della Casa Bianca ritiene che siano sottovalutate e che sarebbero più vicine a dieci mila miliardi di metri cubi rispetto ai due o tre citati(vi). Inoltre, queste stime dipendono anche dalla risposta che sarà data alla vertenza tra il Turkmenistan e l’Azerbaigian sul sito di idrocarburi di Kyapaz (denominazione iraniana) o Serdar (denominazione turcmena). I due paesi hanno infatti rivendicazioni territoriali dal 1997 su questo sito ubicato al centro del Mar Caspio. Secondo la società americana Western Geco, le riserve di gas di cui disporrebbe il Turkmenistan nel Mar Caspio sarebbero di 5,5 mila miliardi di metri cubi (vii).

Le sfide di un mare senza frontiera

Questa vertenza tra il Turkmenistan e l’Azerbaigian è dovuta, in particolare, all’assenza di uno statuto chiaramente definito per il Mar Caspio. Da questo statuto dipende la delimitazione delle acque territoriali dei cinque stati che hanno sbocco sul Caspio: Russia, Kazachstan, Turkmenistan, Iran e Azerbaigian. Le sfide sono lungi dall’essere trascurabili a causa delle quantità importanti di petrolio e di gas nascoste sotto questo mare. D’altra parte, la questione della regolamentazione da adottare per il passaggio dei gasdotti in fondo al mare deriverà anche da questo statuto. Se la Russia si accorda, dopo il maggio 2003, con l’Azerbaigian ed il Kazachstan su una divisione del Caspio secondo una linea mediana, essa riconosce tuttavia che l’accordo tra i cinque è indispensabile per il passaggio dei tubi subacquei. L’Azerbaigian, il Kazachstan ed il Turkmenistan ritengono che l’approvazione del paese attraversato dai tubi è quella necessaria (viii). Nel mese d’aprile 2007, il presidente G. Berdymoukhammedov, dopo avere decretato la creazione di una Commissione interministeriale per il Mar Caspio aveva manifestato, durante una visita a Mosca, la sua volontà di esaminare la questione dello statuto del Mar Caspio, determinante per l’evoluzione del settore gazifero del Turkmenistan e delle sue esportazioni. Ma la conclusione delle discussioni tra i cinque Stati è poco probabile a breve termine…

 

[i] Nicolas SARKIS GAZ NATUREL : LA GRANDE ILLUSION, Politique Internationale, n° 111, printemps 2006

[ii] M.B. Olcott, International gas trade in central Asia: Turkmenistan, Iran, Russia and Afghanistan, mai 2004, geopolitics of gaz working paper series, James Baker III Institute for public policy energy forum

[iii] Caroline Kim, Turkménistan : l’heure du dégel, Politique internationale, n° 115, printemps 2007

[iv] Neïtralniï Turkmenistan, 3 mai 2007

[v] Deusche Welle, 25 mars 2007 

[vi] Eurasianet.org, 21 mars 2007

[vii]  www.mineral.ru/Chapters/News/16338.html, janvier 2005

[viii] Site de la Documentation française