SPENDI E SPANDI DI MAIO.

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SPENDI E SPANDI DI MAIO. UN UOMO POLITICO SI VALUTA DAI VANTAGGI CHE PROCURA NON DAI SOLDI CHE RISPARMIA.

Premetto, come ho sempre detto, che la sconfitta dei vecchi partiti, colpevoli di aver fatto marcire il sistema, è un segnale positivissimo della fase. Tuttavia, ci vuole molta fantasia per considerare una svolta decisiva quest’acida alleanza tra pentastellati e leghisti, riposante su fattori ideologici di corto raggio e di scarsa saggezza politica. Non è un programma l’ostentata onestà dei grillini, questo falso mito virtuista di paretiana memoria, ma non lo è nemmeno l’ossessione securitaria di Salvini, che bracca i clandestini porto per porto, cercando di svuotare il mare col secchiello. Non c’è un’analisi seria dei fattori destabilizzanti internazionali da quali nascono le varie problematiche del tempo, compreso il flusso di clandestini sulle nostre coste. Ma questo è niente però rispetto alle incombenze dell’epoca storica che ci proiettano nel multipolarismo, in un mondo sempre più caotico e competitivo, in cui la riconfigurazione degli assetti di potere è il principale tema all’ordine del giorno. La (geo)politica dovrebbe costituire il loro primo pensiero, perché il Paese è doppiamente servo, degli Usa e dell’Ue. Con questi ceppi non si fa un passo verso i necessari cambiamenti. Non va meglio sul fronte economico dove si parla di sforamenti, anzi no, di “sfioramenti”, del tetto del 3%, dato dal rapporto deficit/Pil, fissato a presunta garanzia della stabilità degli Stati (che però svendono il proprio territorio agli insediamenti militari americani); dove si fanno sterili dispute sull’euro, al quale vengono addebitati tutti i mali della nazione, senza arrivare a comprendere che nella società capitalistica la sfera finanziaria (dove si aggira la moneta) è solo l’ater ego della sfera economica (produttiva) e che anche quest’ultima non sopravanza quella della politica (di potenza). Si tratta di paurosi fraintendimenti che portano lontano dall’obiettivo storico di ripristino della sovranità nazionale. Ma tant’è, oggi vanno per la maggiore gli economisti alternativi, quelli alla Savona, alla Borghi e alla Bagnai, dai quali sento dire che lo Stato sono i cittadini e che le perversioni finanziarie trovano sostanza nei caratteri dei cattivi banchieri, quindi con più etica e buon senso risolveremo i problemi. Questa arretratezza intellettuale invece non lascia ben sperare.
Torniamo al discorso iniziale. Ieri Di Maio ci ha tenuto a dirci che da Ministro si stava recando in Cina su un volo di linea normale: Qui il video (https://tv.liberoquotidiano.it/video/politica/13379115/luigi-di-maio-parte-cina-video-aereo-vantarsi-volo-di-linea-classe-economica.html). Ci dovremmo commuovere per la scomodità alla quale si sottopone nello svolgere il suo ruolo istituzionale? Non ci riguarda come Di Maio arrivi in Cina, ci interessano i legami che riesce a stringere, i business che riesce a concludere, gli accordi che giunge a siglare. Il fatto che si rechi col teletrasporto o in bici non è affar degli italiani. Perché costui vuol farcelo sapere in maniera così eclatante? Ciò fa di lui un politico più affidabile? No, per niente. Ce lo rende solo più ridicolo e nemmeno tanto più onesto degli altri. Chi fa politica sa bene che questa è arte strategica, finalizzata a conseguire risultati con mezzi per nulla trasparenti. Se un politico dovesse dichiarare i suoi intenti reali in una trattativa sarebbe superato da un concorrente e beffato dalla controparte. La politica è serie di mosse strategiche per primeggiare nei conflitti, è una cosa paragonabile ad una partita a scacchi. Ce lo vedete uno scacchista che per trasparenza e sincerità rivela all’avversario tattiche e strategie per vincere? Di Maio è uomo di Stato e, dunque, dovrebbe sapere che, come scrive La Grassa:

“i conflitti più acuti e più significativi sono quelli tra Stati. Di conseguenza, diventa in un certo senso scopo preminente seguire gli eventi di quella che è la politica internazionale, l’interrelazione tra i diversi Stati, lo stabilirsi di determinati rapporti di forza tra essi, il loro eventuale modificarsi i cui effetti ricadono immediatamente anche sull’andamento dei sistemi economici. Tuttavia, abbiamo già ricordato come gli Stati siano un insieme organico di svariati apparati, di cui alcuni sono quelli adibiti all’effettivo uso del potere (mentre altri hanno un carattere più propriamente amministrativo, diciamo così). E’ allora rilevante la comprensione dei contrasti in atto tra quei gruppi d’élite che si battono per il controllo e l’uso di tali apparati. Poiché questo “battersi” è appunto la politica, è un intreccio tra differenti strategie svolte per conquistare la supremazia, i gruppi d’élite (se tali sono effettivamente) debbono essere strettamente correlati con dati nuclei in cui si elaborano le strategie. E poiché le mosse della politica mirano al successo nell’ambito di uno scontro tra le varie élites, la segretezza è d’obbligo; e ogni venir meno della stessa o è una di queste mosse o è lo sgretolamento della “copertura” (lo sbucciarsi della “corteccia”) dovuto ad un acuirsi del combattimento tra due o più “attori”. Del resto ho già ricordato un fatto ben noto a chiunque segua minimamente le vicende politiche. Non esistono élites dirigenti dei gruppi sociali nei diversi paesi, che non siano variamente interrelate tra loro in senso economico, politico, culturale. E certamente nel nostro paese, e più generalmente in tutti i paesi europei, in misura maggiore o minore queste élites sono strettamente collegate con quelle statunitensi, ponendosi nei loro confronti in una situazione di maggiore o minore subordinazione. In questo senso, gli Stati Uniti sono ancor oggi il centro di un ampio sistema mondiale di paesi; in particolare, hanno la guida, per quanto a volte appena mascherata, dell’intera UE che, come già detto, è in definitiva un’organizzazione parallela a quella della Nato. E’ impossibile seguire le vicende politiche interne di un qualsiasi paese europeo senza tener conto dei rapporti di subordinazione rispetto al paese predominante. Questo è particolarmente valido per l’Italia, paese la cui subordinazione è di alto livello e va crescendo. E continuerà a crescere per quanto diremo subito appresso”.

Ed allora, caro Di Maio, porta a casa i risultati veri, non importa se per farlo ricorri a metodi poco ortodossi e ti sporchi la coscienza. Viaggia pure a nostre spese se il guadagno sarà cento volte lo sperpero (che tale non è ) del denaro dei contribuenti. Condivido qui anche il pensiero dell’analista di Limes Germano Dottori che mi sembra altrettanto calzante: “Non sono in questione il carattere moralmente positivo o negativo di un traguardo o di una linea operativa. Quello che conta è la modalità attraverso la quale i soggetti politici cercano di raggiungere i loro obiettivi laddove questi competano con quelli di altri attori. Solo una parte della lotta politica si svolge alla luce del giorno anche nelle democrazie più avanzate, come quella americana o la nostra. Dobbiamo probabilmente a Niccolò Machiavelli la valutazione più corretta del peso relativo dispiegato sui processi politici dalle astuzie cospiratorie e dai vari fattori materiali concorrenti: nel Principe, testo che paradossalmente proprio gli italiani conoscono meno, probabilmente perché concentrati sullo stile della sua prosa, il segretario forentino è al riguardo chiarissimo”.

Macchiati Di Maio, anzi machiavellati.
Chi ha le mani pulite non ha le mani.