INFORMAZIONE COME SOLTANTO MANIPOLAZIONE, di GLG

gianfranco

Ecco altri esempi dell’infame manipolazione cui siamo soggetti mentre si pretende di informarci. Direi che il primo esempio è particolarmente disgustoso e mi piacerebbe poter essere io a condannare questi disgustosi mentitori, comminando loro la giusta pena.

http://blog.ilgiornale.it/rossi/2017/06/12/il-piccolo-omran-e-la-manipolazione-dei-media-una-storia-incredibile/

http://blog.ilgiornale.it/rossi/2017/06/16/bombe-usa-al-fosforo-colpa-degli-hacker-russi/

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Visto che ci sono, desidero ricordare un altro momento di infame menzogna, cui parteciparono quelli detti “di sinistra”. Anzi uno di loro era premier e partecipò ai misfatti degli Usa di Bill Clinton. Si tratta dell’aggressione alla Serbia con la scusa del genocidio dei kosovari, guidati dal criminale Thaci poi divenuto leader massimo del Kosovo cosiddetto indipendente. Ecco alcune notizie raccolte, ovviamente tempo dopo

“Nel corso dei primi cinque anni dalla fine del conflitto [avvenuto nel 1999] gruppi di etnia albanese distruggono oltre sessanta tra chiese e monasteri cristiani. Ma i fatti più gravi avvengono nel marzo 2004, quando gruppi di etnia albanese attaccano, in pochi giorni, più di trenta chiese e monasteri cristiani, uccidendo venti persone e incendiando decine di abitazioni di serbi.”

E ancora:

“Con la fine della guerra si giunge anche a fare un conto più credibile delle vittime della repressione serba ante guerram. Le monde diplomatique (marzo 2000) ricostruisce magistralmente il progressivo sgonfiarsi delle frottole occidentali riguardo alle vittime albanesi della repressione serba. Il conflitto è stato giustificato attraverso lo spauracchio del genocidio (che comporterebbe la volontà di sterminio del gruppo etnico albanese, cosa del tutto impropria nel quadro di uno scontro essenzialmente politico): si parla inizialmente di mezzo milione di vittime, poi di centomila, fino a scendere a qualche decina di migliaia. Si parla di fosse comuni, per la verità mai ritrovate. Il 15 novembre 1999, Il Tribunale Internazionale per i Crimini nella Ex Jugoslavia, in uno stato di forte imbarazzo, interrompe le ricerche dei cadaveri. Al momento ne ha rintracciati 2018, senza la possibilità di definire se siano o meno caduti prima dell’inizio conflitto, e se siano o meno albanesi. La motivazione ufficiale dell’interruzione delle ricerche è il ghiaccio che impedirebbe di sondare ulteriormente il terreno. In Kosovo, il 15 novembre 1999, il termometro segna in realtà +11° C. Il genocidio non è mai esistito, mentre la pulizia etnica violenta non smette di proseguire; chiunque siano i carnefici o le vittime.”

Altro documento ancora:
“Kosovo Italia Serbia, pro memoria 1999

Il 24 Marzo di nove anni or sono l’attacco aereo a Serbia, Montenegro e Kosovo Metohija vide l’Italia in prima fila per numero di aerei impiegati tra Tornado, ECR, AMX e F104 dell’Aeronautica Militare Italiana: 52, come da dichiarazione ufficiale dell’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema. Il primo governo di coalizione guidato da un ex esponente del PCI si fece anche carico dell’assistenza a terra degli altri 263 cacciabombardieri della prima linea d’attacco della NATO. Con un provvedimento ad hoc, le Forze Armate italiane coprirono tutti gli oneri di spesa, dalla fornitura del carburante avio al munizionamento a guida laser da scaricare sul territorio della Repubblica Federale di Jugoslavia: 78 giorni di ininterrotti bombardamenti, in aperta violazione del diritto internazionale e, per quanto riguarda l’Italia, dell’articolo 11 della Costituzione.
Sui 1.378.000 abitanti del Kosovo Metohija, 461.000 erano cittadini di origine serba. Il censimento effettuato nel 2006 dall’UNMIK ne ha registrati come residenti meno di 100.000, perché gli altri sono stati cacciati dalle loro case, in presenza delle forze NATO appartenenti alla KFOR, ed ora vivono in estrema precarietà nei campi profughi sparsi in Serbia. Dei 55.000 che vivevano a Prishtina prima del 1999, ne rimangono 42. La stessa sorte è toccata a diverse migliaia di croati, rom, gorani (slavi di religione musulmana) ed agli albanesi considerati “collaborazionisti” – almeno a quelli non assassinati a sangue freddo dall’UCK, descritto come “senza alcun dubbio, un gruppo terroristico” da Robert Gelbard, inviato speciale del presidente Clinton nei Balcani. Gli schipetari hanno inoltre dato alle fiamme e saccheggiato 148 monasteri medievali e decine di migliaia di case, realizzando quella pulizia etnica che non era riuscita nemmeno a Mussolini quando si era impegnato a costruire una “Grande Albania”.
Il Kosovo è oggi privo di economia. Quel poco che consente la sopravvivenza della popolazione è basato quasi unicamente su traffici illegali. E tutto questo dopo avere ricevuto dall’Unione Europea due miliardi di euro in assistenza dal 1999 ad oggi. La bilancia commerciale parla chiaro: entrate da traffici vari (droga e armi soprattutto, ma anche automobili e marchi contraffatti) valgono per circa l’80%, gli aiuti internazionali per poco meno del 20%. Stando alle stime dell’Interpol, è dal Kosovo che passa l’80% del traffico di eroina del Vecchio Continente. Si parla di un volume d’affari totale pari a due miliardi di dollari e di un flusso mensile compreso tra le 4 e le 6 tonnellate di droga. E una buona fetta dei proventi rientra poi in Kosovo, finendo anche nelle casse dei principali partiti.
Secondo la Banca mondiale, il 40% della popolazione vive con meno di due dollari al giorno. Il Kosovo ha il Pil più basso d’Europa. La disoccupazione è stimata al 60%, l’analfabetismo è vicino al 10% tra gli uomini ed al 20% fra le donne, cifre dieci volte superiori alla media regionale.
Ogni 15 giorni, i Nuclei di Polizia Internazionale emettono provvedimenti di chiusura a carico di locali adibiti al traffico di stupefacenti e/o di armi, al riciclaggio di denaro sporco, alla prostituzione; nella sola Prishtina, i bordelli – assiduamente frequentati dai militari stranieri ivi operanti – si contano in diverse centinaia. Le bande criminali censite sono 2.417. Le armi, corte o lunghe, a disposizione delle stesse sono stimate in 400.000 circa.
Per contro, ferma qualsiasi precedente attività mineraria estrattiva, la produzione artigianale ed industriale è pressoché nulla, con una compressione rispetto al volume sviluppato nel 1999 pari al 92% in meno. Con conseguenza, fra le altre, che il tasso di disoccupazione permanente nella fascia d’età tra i 18 ed i 45 anni sfiora l’82%.
A fronte delle 32 tonnellate di uranio impoverito seminate dai proiettili dell’USAF, nella popolazione residente si è registrato, in sei anni, un incremento del 25% degli aborti spontanei, del 15% delle malformazioni nei feti, del 17% di leucemie e tumori ad ossa, cervello, reni, fegato e vie urinarie. Tra i soldati italiani della KFOR avvicendatisi nella regione, i decessi per cancro registrati al gennaio 2007 sono 52, mentre più di 300 sono quelli in cura nelle strutture sanitarie nazionali.”
“SONO ORMAI NUMEROSE LE TESTIMONIANZE rese alla stampa sul ruolo svolto da Stati Uniti e Gran Bretagna nel corso della missione in Kosovo dell’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa (Osce), che tra fine novembre e fine marzo era incaricata di verificare il rispetto degli accordi Holbrooke-Milošević e favorire la pacificazione della provincia. Un ruolo manipolativo, come sostiene Ulisse nel quaderno speciale della nostra rivista 1, per arrivare all’attacco alla Jugoslavia. L’Osce è stata messa fuori gioco, suo malgrado. La diplomazia pure. Alcuni verificatori Osce già il 28 marzo a Skopje avevano dichiarato all’Agence France Presse di essere «amareggiati» per lo sviluppo della situazione. «Non eravamo assolutamente minacciati», hanno dichiarato, a sostegno della tesi che la permanenza della missione avrebbe evitato il peggio. Qualcuno ha anche denunciato la «confusione tra l’Osce e il Dipartimento di Stato americano». «Le cose sono andate male perché lo si è voluto», accusavano. Sempre secondo le testimonianze rese all’Afp, l’Uçk sarebbe stato «incitato» a tagliare le vie di comunicazione tra il Kosovo e Belgrado, operazione inaccettabile per le autorità jugoslave. Anche in questo caso, come già avvenuto in altre sedi, si punta il dito sulla componente principalmente militare della missione. Un altro verificatore rivela, sempre all’Afp: «Alla fine, il capomissione Walker prevedeva una catastrofe umanitaria; noi siamo andati in cerca di ipotetici profughi, ma non siamo riusciti a trovarne per giustificare la sua posizione».
Esattamente per gli stessi motivi, ovvero per l’ansia di giustificare con ragioni «umanitarie» i bombardamenti Nato, queste rivelazioni non trovano molta risonanza nell’opinione pubblica. Con la testimonianza resa a questa rivista da Ulisse, si scoperchia improvvisamente il vaso di Pandora. Il 22 aprile il quotidiano svizzero in lingua italiana Il Giornale del Popolo pubblica la testimonianza di alcuni verificatori elvetici, tra questi Pascal Neuffer, che accusano in modo circostanziato il vertice anglo-americano della missione di aver smaccatamente favorito l’Uçk e soprattutto di aver omesso il passaggio di informazioni che avrebbe evitato l’uccisione di 36 guerriglieri indipendentisti, intercettati dalla polizia serbamentre introducevano illegalmente armi dall’Albania. Dallo stesso articolo, a firma Sarah D’Adda, emergono il ruolo ambiguo del dipartimento chiamato «Fusion» e la discriminazione ai danni di verificatori schedati come filoserbi sulla base di rapporti troppo critici verso l’Uçk. Della testimonianza di Neuffer si occupa anche Michele Santoro nella puntata di Moby Dick del 6 maggio, ma i tempi televisivi non permettono l’approfondimento di alcuni spunti.”

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E’ chiaro dove stanno i delinquenti? Che si permettono di accusare di fascismo, nazismo, o quanto meno di populismo e razzismo, ecc. chiunque denunci la loro criminalità. Si sciacquano sempre la bocca con il processo di Norimberga. Per loro ce ne vorrebbe uno con decine e decine, magari centinaia, di migliaia di condanne alle pene più dure e definitive. Rendiamocene almeno conto.