INGANNO CONTINUO

 

1. In politica si deve spesso ingannare, comunque distorcere più o meno i reali intendimenti perseguiti. Tuttavia, il problema centrale è costituito proprio dalle finalità che s’intende realizzare. In Italia, da ormai non so quanti anni a questa parte, non esiste altro scopo di un personale im-politico se non quello di nascondere il proprio asservimento ad interessi stranieri. Possono esserci stati sprazzi di intenzioni diverse, di difesa di prerogative sovrane, ma solo quando coincidevano con gli interessi di alcuni gruppi sulla difensiva e senza strategia di ampio respiro – ad es. alcuni “brandelli” del management dell’industria “pubblica”, svenduta senza ritegno dopo l’ignobile operazione detta (con involontario umorismo) “mani pulite”, su cui già abbiamo detto molto in passato – o addirittura con quelli di una industria privata nelle mani di chi si trovò ad ereditare, per errori marchiani altrui, l’elettorato di Dc e Psi annientati dalla suddetta operazione giudiziaria.

Dopo quest’ultima, non è più esistita in Italia la politica. Abbiamo avuto la commedia della contrapposizione tra sinistra e destra, dove la prima – portata in auge dagli americani e dalla loro quinta colonna confindustriale in Italia (guidata allora da Agnelli) – era semplicemente un’accozzaglia di mediocri “professionisti” (del vivere alle spalle di chi lavora), il cui nucleo consistente era costituito dai rinnegati dell’originario schieramento (comunista e pro-sovietico). Il rinnegamento apparve alla luce improvvisamente al crollo del socialismo (falso) e dell’Urss (detta sovietica quando i Soviet non avevano più nulla a che vedere con le intenzioni del 1917), ma era in gestazione da quando Berlinguer divenne segretario (anzi ancor prima, ma fu l’elezione di costui alla guida del partito che impresse la svolta decisiva). Proseguì poi con gli accordi Agnelli-Lama (scala mobile, inizio della “concertazione” nel 1975), con il governo di “unità nazionale” l’anno successivo (a guida Andreotti e con il Pci non ancora entratovi direttamente, perfezionamento comunque del cosiddetto “compromesso storico”, causa diretta dello sconquasso successivo dei “conti pubblici”, che adesso si fa finta di voler sistemare), con il viaggio di Napolitano negli Usa nel 1978 (malamente mascherato da finalità culturali, mentre si trattava della sanzione, sia pure ancora clandestina, del cambio di campo del partito).

Infine si verificò la “cercata” sconfitta dello sciopero alla Fiat, con la “marcia dei quarantamila” (quadri), simbolico punto di svolta del mutamento di “natura sociale” del Pci; un partito che a lungo fu nel dopoguerra a base operaia e contadina (lavoratori dei ceti bassi) e che cadde in mano al “ceto medio semicolto”, conformato agli schemi di modernizzazione (degenerativa) del ’68 ad opera di intellettuali fra i più verminosi di tutti i tempi; un ceto via via sovra-alimentato dalla spesa pubblica susseguente appunto al compromesso storico. E tuttavia il Partito, che cambiò continuamente denominazione, non perse a sufficienza la presa, solo in quanto elettorato, sui lavoratori dipendenti a più basso reddito, in gran parte ormai pensionati e resi particolarmente ottusi da una lunga pratica di ossequiosa obbedienza agli ordini dei “capi”, senza mai chiedersi se si trattasse o meno di gente ancora coerente con gli assunti coltivati nella precedente epoca.

Dopo la cacciata del Pci dal Governo di unità nazionale immediatamente successivo alla fine della guerra e la vittoria Dc il 18 aprile del 1948, l’Italia fu supinamente prona davanti agli Usa; il paese fu guidato dall’antifascismo del tradimento (dell’8 settembre), quello dei voltagabbana dell’ultimo momento. Tuttavia, per condizioni storiche particolari, soprattutto a partire dal boom economico (con mutamento di struttura del paese), vi furono sprazzi di autonomia in dati campi. Mai una effettiva ostpolitik (l’anticomunismo viscerale fu sempre il cemento di tutte le alleanze, prima quadripartite, poi pentapartite con il Psi), ma qualche circospetto passo verso il mondo arabo, il Sud America, insomma verso alcuni paesi detti sottosviluppati. Con “mani pulite” e l’aperto tradimento e rinnegamento di ogni minima dignità (non parlo nemmeno di linea politica) da parte del Pci, si formò nel paese una falsa sinistra, non a caso appoggiata dai peggiori industriali (Agnelli) e finanzieri italiani, ma soprattutto dagli americani. A questa rispose, ma per obblighi di difesa e vera sopravvivenza, una destra raccogliticcia intorno ad un uomo di scarse virtù politiche (che recitò la farsa del sottrarsi al “teatrino della politica”), coadiuvato, come detto, da scampoli di management pubblico sopravvissuti alla “bufera”.

Nell’insieme, il paese divenne totalmente dipendente dai più piccoli sbalzi d’umore degli Usa. Con la “lotta al terrorismo” (dall’11 settembre 2001) – che, malgrado l’aggressione all’Irak, implicava un baricentro spostato più verso l’Asia – si ebbero momenti di illusoria e certo minima libertà d’azione dell’Italia. Dopo, la morsa si chiuse di nuovo ed in questo 2011 si è stretta in modo da non lasciare più alcuna libertà di manovra, mentre il baricentro della strategia aggressiva statunitense (mirante ad allontanare di un po’ l’instaurarsi del multipolarismo) si è spostato più a ovest e riguarda in particolare il tentato soffocamento della Russia, con metodi assai subdoli che andranno ben valutati perché sono estremamente ingannatori. L’Italia è pedina importante nel Mediterraneo, ma proprio per questo deve essere ridotta ad espressione geografica, a territorio di basi ed operazioni; dove queste non riguardano solo le basi Nato e le operazioni belliche (come quelle del 1999 in Jugoslavia e di quest’anno in Libia), ma anche punti di partenza per manovre più occulte, utilizzanti vari strumenti politici, economici, ecc.; e l’indispensabile uso dei Servizi, i finanziamenti di manovre anche diversive, magari perfino pagando “pseudo-ultrarivoluzionari”, poiché la prosopopea di questi ultimi si volta in realtà nel contrario di quanto affermato con espressioni altisonanti da simili cialtroni venduti, di cui conosciamo mille esempi (ma i giovani inesperti ci cascano spesso).

2. Con la formazione del governicchio dei “tecnici” (di mediocrità a prova di bomba, meri esecutori) da parte di “certi” Stati Uniti tramite il loro “plenipotenziario” in Italia, è stata al momento sospesa la recita della “sinistra” (di tradimento) contro la “destra” (maldestra ma connivente). Berlusconi, e non penso solo per salvare le aziende (ma pure la pellaccia), ha tenuto bordone per un buon anno e adesso si è tirato in disparte, ma non completamente perché, come abbiamo sostenuto più volte, gli è stato assegnato il compito di non disperdere tout d’un coup  il suo elettorato, come accadde circa vent’anni fa a Dc e Psi con “mani pulite”. Una parte verrà magari intercettata dalla Lega, ma si cerca di fare in modo che una quota non indifferente possa essere gradualmente traghettata verso l’alleanza “al centro”, altro imbroglio per nascondere l’assenza di qualsiasi politica e il continuo maneggio da parte di gentaglia solo dedita al servaggio italiano.

Non sto nemmeno a parlare delle porcate di questo s-governo, solo dedito a tartassare ceto medio e medio-basso nonché una buona parte del lavoro dipendente. Si è pienamente accettato il terrorismo del Debito, dello spread, ecc. La “destra” ne approfitta per giustificare il suo “momentaneo” appoggio, la “sinistra” (e i sindacati, ormai associazioni di una inutilità completa e solo dedite al “magna-magna” del loro apparato di parassiti) tentano di balbettare qualche “blando rimprovero” mentre il loro vero “capo”, il plenipotenziario di cui sopra, prosegue indisturbato nella sua opera di direzione del governicchio distruggi-Italia. Nella loro strategia “difensiva” (ma aggressiva nel difendere la “centralità imperiale” con il già rilevato spostamento di baricentro ad ovest), gli Stati Uniti hanno bisogno di ristrutturare la configurazione dei rapporti tra le varie aree mondiali. A noi interessa particolarmente l’area di nostra appartenenza, quella europea, dove i vari sicari filo-Usa tentano di farsi reciprocamente le scarpe.

L’Italia, per consistenza sia territoriale (quindi per area e posizione utile a insediarvi basi militari e “Servizi” altri, più “nascosti” e subdoli) sia economica (produttiva e finanziaria), è assai più importante della Grecia (e anche di Irlanda e perfino Spagna); tuttavia deve essere ridotta, tramite il terrore del mitico “default”, nelle stesse condizioni di sudditanza della Grecia. Ecco perché il “ricattatore” Monti (per conto d’altri ovviamente) non si è peritato a minacciarci circa il possibile non pagamento di pensioni e stipendi pubblici se non chiniamo bene la schiena onde favorire l’introduzione di quel che sappiamo nel nostro deretano (ed è un “coso” a stelle e strisce). E’ evidente che, per ridurci ad una così lamentevole condizione di servitù, non basta restare a chiacchierare sulla “destra” e la “sinistra” (e ancora con largo uso dello spauracchio rappresentato dal possibile ritorno del Mostro Berlusconi). Questo serve per il popolo, nella sostanza bisogna distruggere ogni settore (economico e politico) di possibile autonomia e far emergere i conniventi con la potenza ancora centrale.

Si è cominciato sfilandoci apparentemente la Fiat (la parte industriale mentre la finanziaria, con gli eredi Agnelli, resta saldamente in Italia). Le si sono concessi ampi fondi (mia “illazione” che ritengo ben più che probabile) per acquisire la “fallita” Chrysler; in realtà la si è legata al carro americano obamiano. Tuttavia, non si pensi che tale azienda abbandoni completamente l’Italia. La farsa è ben recitata, e i sindacati vi partecipano confondendo le acque, fingendo di alzare la voce, ma coprendo la porcata in atto. La Fiat si è allontanata – ma non romperà più che tanto – dalla Confindustria perché deve assolvere un compito. Resta la più rilevante industria “matura” del paese (essa appartiene alla passata stagione dell’industrializzazione; ed è perciò parte costitutiva della cosca dei “cotonieri” italiani); importante per succhiare ricchezza (diciamolo pure: plusvalore) a importanti gruppi di lavoratori direttamente dipendenti e alla miriade delle piccole e medie imprese della sua “cintura”. Vedrete che non se ne andrà dall’Italia; la commedia non lo prevede, anche se deve contemplare il continuo ricatto e minaccia, il terrore (e certamente una riduzione del lavoro in tale azienda), al fine di rendere tutti più mansueti.

Tuttavia, la Fiat non basta evidentemente. Occorre tutto il resto dei “cotonieri”, del complesso apparato industrial-finanziario italiano che vive della complementarietà con il sistema centrale statunitense, anche attraverso i sistemi (formazioni particolari) che fanno parte, subordinata, della sua filiera di comando (tipo Inghilterra, Francia e Germania, in primo luogo). Gli Usa, l’ho detto mille volte e altre mille lo ripeterò, divennero una vera grande nazione annegando nel sangue i loro cotonieri. In Italia invece continuano ad imperversare i “confederati”. Troppo deboli le industrie d’avanguardia e strategiche, ormai avviate alla più completa débacle. Sarebbe necessario fossero forti e alimentassero uno schieramento nazionale capace di un eguale “bagno di sangue” qui da noi; nonché di spedire “a quel paese” (magari gli Usa) il plenipotenziario più volte citato. Nulla di tutto questo esiste oggi né esisterà per un buon periodo di tempo futuro (ammesso che prima o poi ci possa essere un qualche risveglio). La situazione è esattamente inversa a quella esistente negli Usa nel sesto decennio del XIX secolo. Ed è naturale, perché siamo in una nazione decisamente dipendente e senza un minimo di sovranità, quella cui erano disposti a rinunciare gli Stati della Confederazione negli Usa, pur di restare commercialmente legati all’Inghilterra.

Da qui deriva l’incertezza circa la durata di un governo dei tecnici, e le legnate che esso ancora ci assesterà per rendere il sistema Italia dipendente da quello statunitense (in quanto suo complementare); e non solo per trasferimento di ricchezza (plusvalore) da noi a loro, ma soprattutto per precisi motivi geostrategici di carattere mondiale, che si vanno addensando pure in Europa con la nuova strategia statunitense. Vi è solo una certezza: la nostra totale dipendenza, in un modo o nell’altro. Non crediamo a strani “inghippi” per salvarci. Mancano le due condizioni essenziali: a) una organizzazione con robusta caratterizzazione nazionale, e senza più sfizi “democraticistici” (vero ostacolo all’indipendenza); b) una industria dei “nuovi settori d’avanguardia” dotata di forza propulsiva e capace di controllare lo strumento finanziario (uno dei mezzi della politica e non viceversa, come pensano alcuni o superficiali o subdoli servi degli Usa) invece di farsene condizionare, ma nel senso che tale strumento è in mano agli Usa, ai loro sicari europei e ai “cotonieri” italiani.

Nella congiuntura attuale, si dovranno sondare altre possibilità, a volte non del tutto piacevoli; e tuttavia sempre alla luce del Sole, senza mai uscire dalla legalità (non per amore d’essa! Come si dice: di necessità, virtù). Gli sciocchi immaturi, che nulla capiscono di politica, che predicano da “anime belle” anche se poi sono pronti alle basse manovre pur di soddisfare esclusivamente il loro narcisismo, criticheranno, si fingeranno scandalizzati e offesi nella “purezza” dei loro intendimenti. Non deve interessarci, agiamo invece da persone che hanno imparato a vivere in un mondo di sporcizia. E stiamo ben attenti ai finti “rivoluzionari”, agli “antimperialisti delle primavere arabe”; e soprattutto prendiamo a calci in culo i pacifisti e quelli che piangono per i “diseredati”. Gentaglia, infami manutengoli degli Usa e dei “cotonieri” italiani.