L’impero americano è una barca che fa acqua da tutte le parti – intervista a Francesco Mazzuoli

cartina elezioni Usa

Di Francesco De Maria

Ticinolive

Francesco Mazzuoli, laureato in psicologia, grande comunicatore, sceneggiatore, regista, scrittore. Lo abbiamo intervistato per voi su temi geopolitici fondamentali. Vi accorgerete presto che Mazzuoli – su America e UE – ha idee molto, molto chiare!

Un’intervista di Francesco De Maria.

Francesco De Maria Fantapolitica. Se avesse vinto Hillary, quanto diversa sarebbe stata la politica degli USA nel 2017 ?

Francesco Mazzuoli Per comprendere il quadro generale della politica americana, il punto essenziale è il declino inarrestabile e sempre più accelerato degli Stati Uniti, o, meglio, dell’impero americano.

Dopo aver vinto la cosiddetta “guerra fredda”, gli USA non sono stati in grado di assestare alla Russia il colpo definitivo: la conquista dell’Eurasia, lo heartland o cuore del mondo secondo lo schema geopolitico di Mackinder, è fallita e il “Grande gioco” per il controllo del globo è ripreso.

C’è, infatti, un filo rosso nel pensiero geostrategico anglosassone: è sulla scacchiera eurasiatica che si gioca l’avvenire del mondo e gli Stati Uniti devono controllarla al fine di mantenere la loro supremazia globale. Come ha scritto Zbigniev Brzezinski ne La grande scacchiera: “È imperativo che nessuna potenza eurasiatica concorrente capace di dominare l’Eurasia possa emergere e così sfidare l’America”.

Le azioni di Washington ispirate da questa concezione geopolitica, e, in risposta, le reazioni dei rivali russi – e più recentemente cinesi – spiegano in buona parte gli avvenimenti mondiali degli ultimi venti anni.

L’unipolarismo americano, glorificato dai media, accompagnato dall’ideologia della globalizzazione, che avrebbe condotto ad un mondo prospero per tutti ed alla “fine della storia” sono stati una grande illusione e una immensa bugia.

Il periodo che attraversiamo ha delle analogie con gli ultimi decenni dell’800, quando un altro impero dalla vocazione universale, quello britannico, volgeva al tramonto e assisteva alla contemporanea ascesa di contendenti: Stati Uniti, Germania, Giappone. Stiamo vivendo, quindi, le turbolenze legate allo sfaldarsi dell’ordine americano e all’emergere di potenze antagoniste: su tutte Russia e Cina.

Il flusso storico pare irreversibile e in questo senso – e per rispondere alla Sua domanda – chiunque si trovi a capo dell’impero americano non può fare molto, se non tentare di ritardare questo inesorabile declino: possono cambiare forse i modi, ma non il fine.

A questo riguardo, è palese come all’interno degli Usa ci siano forze che non riescono ad accettare questa realtà, con reazioni che sfociano addirittura nello psicodramma – del resto per gli Usa la prospettiva del declino è assolutamente inedita, per cui probabilmente non ci sono né risorse culturali, né psicologiche per affrontarla, in un Paese eternamente adolescente, che si percepisce popolo eletto e portatore di una missione universale. Sono tali forze che premono per un affrontamento militare con la Russia, per il famoso first strike, il primo gigantesco colpo atomico che metterebbe al tappeto l’avversario.

Tuttavia, vista ormai la quantità e qualità della dotazione militare dei contendenti ( e la recente uscita di Putin sulle armi in possesso della Russia, impossibili da intercettare, non è certamente casuale), l’opzione di questo attacco appare soltanto una fantasia puerile, una compensazione psicologica in effige di una frustrazione reale.

Concludendo, la politica americana, chiunque sia in sella, non può mutare e, infatti, vediamo una sostanziale continuità con le amministrazioni precedenti: la russofobia è per caso diminuita, come aveva promesso Trump in campagna elettorale? È diminuita la presa sull’Europa e la politica che tende ad ogni costo ad allontanarla e isolarla dalla Russia?

Come ho già detto, tutto ciò è inutile; si consideri questo breve elenco: nascita della “nuova via della seta” cinese, rafforzamento ed espansione della Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, avvicinamento e sinergie russo-cinesi, de-dollarizzazione, scacco in Siria, avvisaglie di una possibile unificazione delle due Coree, aumento della fornitura di gas russo all’Europa e in particolare alla Germania con la partenza dei lavori per il gasdotto North Stream 2.

L’impero americano è una barca che fa acqua da tutte le parti; direi di più: è incagliata sugli scogli e non può che affondare.

L’elezione di Trump ha dimostrato, a mio avviso, che i media NON sono onnipotenti. Lei è d’accordo con me?

Indubbiamente, la propaganda ha subito due sconfitte, prima con la Brexit e poi con l’elezione di Donald Trump. Le ragioni si trovano in una divaricazione ormai troppo accentuata tra la rappresentazione che il sistema dei media costruisce della realtà e la realtà che è sperimentata dalla gente.

La “realtà” è sempre una costruzione sociale ed è in larga misura convenzionale, ma evidentemente c’è un limite, un nocciolo di oggettività, che non è ulteriormente manipolabile. La divaricazione realtà-rappresentazione apre delle falle nel sistema di propaganda e, soprattutto, mina la credibilità e l’autorevolezza degli stessi media.

Al contempo, cresce l’influenza di internet, dove lentamente, ma con un effetto cumulativo implacabile, ha agito e agisce quello che in psicologia sociale è chiamato sleeper effect, effetto per il quale informazioni, idee, punti di vista si diffondono nel tempo, proprio in virtù della bassa credibilità della fonte.

La crociata contro le cosiddette fake news – che, in verità, sono proprio quelle ammannite dai media dominanti- è soltanto un pretesto per arginare tale fenomeno e arrivare ad istituire un orwelliano “Ministero della Verità”, che, in nome di una presunta autorevolezza – ma legalmente riconosciuta – istituirebbe formalmente una nuova censura nel mondo della “libera informazione”.

Ahimè, queste falle nel sistema di propaganda non rendono la situazione meno spaventosa, anzi.

Si rafforza la funzione di controllo dell’apparato mediatico, che è enormemente asimmetrico, proprio perché questa è la sua funzione principale.

L’agenda è ancora dettata dai media di propaganda – il noto effetto di agenda setting – ed internet – come ho scritto altrove – è un sistema di controllo nato in ambito militare e diffuso a partire dagli anni novanta per accompagnare la globalizzazione a trazione americana.

Internet costituisce, infatti, il modello mentale della società globalizzata: una indistinta e virtuale rete mondiale (World Wide Web), abitata da un essere umano de-territorializzato, che esiste appunto in questo non luogo geografico e in un eterno presente, creato mediante la simultaneità degli scambi (tempo e spazio sono dimensioni collegate ed internet annulla l’una e l’altra).

Geniale come strumento di controllo totale: capace addirittura di dare al suo utente controllato l’illusione della libertà e di ottenere, spontaneamente, informazioni sensibili che una volta i servizi segreti dovevano sudare sette camice per carpire, nonché in grado di far esplicitare – sotto la spinta a manifestarsi, ad esistere attraverso la rete in un mondo che si vuole sempre più mediatizzato- quello che una volta poteva rimanere nascosto: il pensiero e le emozioni. Oggi le agenzie politiche e di controllo sanno davvero tutto di noi e possono catalogare e quantificare il dissenso, in modo da poterlo arginare e manipolare.

La digitalizzazione crescente è, in larga misura, un pretesto per rendere il controllo più efficace (nelle intenzioni addirittura totale) e il cyberspazio è ormai terreno di guerra e guerriglia di propaganda, in cui giocano un ruolo cospicuo i servizi segreti, spesso mascherati da agitatori o informatori “antisistema”.

Non si dimentichi che la guerra è un fenomeno ubiquitario e quotidiano e una delle battaglie principali è quella per la conquista delle menti.

Con quali argomenti specifici (e non genericamente) si può affermare che l’Europa è subordinata agli Stati Uniti?

Con la seconda Guerra mondiale, l’Europa occidentale è stata occupata e trasformata in un protettorato americano, come recentemente dichiarato anche da Steve Bannon.

Alla fine della “guerra fredda”, si sono aggiunti anche Paesi dell’est Europa, una volta appartenenti all’orbita di Mosca. Attualmente – nonostante la “guerra fredda” sia formalmente finita da un pezzo e la NATO fosse una struttura difensiva che avrebbe dovuto sciogliersi una volta finito il “pericolo rosso” – In Europa insistono centinaia di basi americane: ufficialmente 179 soltanto in Germania e 59 in Italia, Paese che ha visto triplicarsi la presenza militare americana negli ultimi venti anni – guarda caso in coincidenza con la Seconda Repubblica, nata con l’operazione Tangentopoli, attraverso la quale fu spazzata via una classe politica non accondiscendente alla marginalizzazione del Paese e al suo completo asservimento all’Unione Europea. A tal proposito, da ascoltare un illuminante passaggio di un’intervista a Bettino Craxi.

Oggi l’Italia, come può leggere sul sito della Treccani – non proprio un covo di rivoltosi – è una rampa di lancio per le missioni di guerra americane.

Il progetto dell’unificazione europea è stato costruito dagli strateghi americani per ruotare intorno al ruolo predominante (precisamente di sub-dominio rispetto agli USA) della Germania, conferendo ad essa un esorbitante vantaggio al fine di tenerla saldamente legata al carro atlantico e di distoglierla da tentazioni di liaisons con la Russia, esiziali per gli interessi geopolitici a stelle e strisce.

Per inciso, l’euro nasce appositamente per conferire alla Germania uno straordinario vantaggio economico ed è per questa ragione che non può essere smantellato.

In occasione del dibattito riguardo al referendum sulla Brexit, alcuni giornali fecero filtrare alcune rivelazioni e, di seguito, cito un articolo uscito il 23 Gennaio 2016 sul sito di ItaliaOggi:

“Nel 2000 un ricercatore della Georgetown university, Joshua Paul, ha trovato negli US national archives prove documentali molto chiare che il progetto per l’Unione europea nasce in non poca parte come una sofisticata iniziativa dell’intelligence americana.

“Tra gli altri documenti, un memorandum del 1950 dà istruzioni dettagliate sulla conduzione di una campagna per favorire la creazione di un parlamento europeo. È firmato dal generale William Donovan, il direttore nel corso della seconda guerra mondiale dell’Oss-Office of strategic services, diventato la Cia alla fine del conflitto. Il principale veicolo per il coordinamento e il finanziamento è stato l’American committee for a united Europe, l’Acue, fondato nel 1948. Donovan, nominalmente tornato a vita privata, ne era il presidente. Il vicepresidente era Allen Dulles, il fratello del segretario di stato John Foster Dulles e lui stesso il direttore della Cia negli anni Cinquanta. Il board era composto da numerose altre figure di primo piano nell’intelligence, sia di provenienza Cia che già attive nell’Oss.

“I documenti reperiti indicano che l’Acue è stato di gran lunga il principale finanziatore del Movimento europeo, la più importante organizzazione federalista europea del dopoguerra. Dimostrano, per esempio, che nel 1958 gli americani hanno fornito il 53,5% dei fondi del movimento, che contava tra i suoi «presidenti onorari» personaggi del calibro di Winston Churchill, Konrad Adenauer, Léon Blum e Alcide de Gasperi. Alcuni dei suoi rami operativi, come la European youth campaign, erano totalmente finanziati e diretti da Washington. Dalla documentazione emerge che i leader del Movimento europeo, Joseph Retinger, Robert Schuman e l’ex primo ministro belga Paul-Henri Spaak, venivano a volte trattati alla stregua di «bassa manovalanza» dai loro sponsor americani, una fonte di comprensibile infelicità.

“Da parte americana, come in ogni operazione segreta come si deve, i fondi necessari giungevano a destinazione attraverso strade complesse. L’Acue era «pubblicamente» finanziato dalle Fondazioni Rockefeller e Ford, come anche da gruppi d’affari in rapporti stretti con il governo Usa. Con l’inizio degli anni 60 e l’entrata nella fase più calda della «guerra fredda», è scemato l’entusiasmo Usa per l’approccio «soft» e i fondi sono stati spostati verso altre priorità. L’attenzione però era lenta a passare. L’archivio scoperto da Paul contiene anche un memorandum datato 11 giugno 1965 in cui la sezione «affari europei» del dipartimento di stato Usa consiglia al vice-presidente dell’allora comunità economica europea, l’economista francese Robert Marjolin, di perseguire l’obiettivo dell’unificazione monetaria europea agendo sottotraccia: gli raccomanda di sopprimere il dibattito al riguardo fino al momento in cui «l’adozione di tali proposte diventerà virtualmente inevitabile».”

Il “fenomeno” Macron. Quali forze lo hanno “creato” e portato rapidissimamente al potere?

In Francia, ci sono state storicamente delle resistenze alla costruzione europea voluta dagli americani: pensiamo a de Gaulle. È interessante leggere le rivelatrici parole che François Mitterand affidò a Georges-Marc Benamou, nel suo libro testamento Le dernier Mitterrand:

“…La Francia non lo sa, ma noi siamo in guerra con l’America. Una guerra permanente, una guerra vitale, una guerra economica, una guerra in cui apparentemente non ci sono morti. Sì, gli americani sono molto duri, sono voraci, vogliono un potere assoluto sul mondo. È una guerra sconosciuta, una guerra permanente, apparentemente senza morte e, pertanto, una guerra alla morte”.

“…Io sono l’ultimo dei grandi presidenti… voglio dire l’ultimo nella linea di de Gaulle. Dopo di me, non ce ne saranno altri in Francia… a causa dell’Europa, a causa della mondializzazione…”

Il “fenomeno” Macron è stato costruito in fretta e furia, in pochi mesi, di fronte all’avanzata, che pareva inarrestabile, di Marine Le Pen e di un euroscetticismo che poteva far presa in un certo retroterra culturale francese.

Dietro il “fenomeno”, ovviamente, ci sono forze filoamericane che perseguono il progetto mondialistico. Non a caso la posizione di Macron è quella di un europeismo di ferro. Macron garantisce la prosecuzione dell’agenda del mondialismo, dal punto di vista sia politico, verso l’instaurazione degli Stati Uniti d’Europa; sia economico, con politiche neoliberistiche; sia dell’ingegneria sociale, proseguendo il processo di liquefazione della società per instaurare il nuovo ordine secondo il motto ordo ab chao.

Per raggiungere questo obiettivo di ingegneria sociale, è necessario passare attraverso lo “scongelamento” (leggi distruzione) delle strutture antropologico-culturali pre-esistenti (identità, per semplificare), per poi attuare il cambiamento desiderato e procedere, quindi, al suo “congelamento”, cioè alla calcificazione (istituzionalizzazione) della nuova struttura antropologica.

Il processo risponde, in scala ampliata, al modello di cambiamento psicosociale ideato per i gruppi dallo psicologo Kurt Lewin.

Mi consenta una digressione e un salto in avanti – ma non troppo.

Il sogno del potere, che è in essenza controllo, è appunto il controllo totale: delle risorse materiali, ideologiche (cioè delle credenze) e, in ultimo, dello stresso sostrato biologico. Ciò presuppone l’eliminazione della variabilità (e della connaturata imprevedibilità), in primis umana, e la creazione di un modello antropologico di uomo standardizzato transumano, interamente progettato in funzione dei bisogni dell’élite e del mantenimento del suo sistema di potere.

Il punto cruciale, per attuare questo progetto, è la diminuzione della popolazione, vera ossessione della superclasse.

Nel nuovo, meraviglioso mondo che ci aspetta – e che in parte è già qui – secondo il programma portato avanti da questi filantropi, ci saranno: robots per sostituire la forza lavoro; disoccupazione permanente e precarizzazione del lavoro e della stessa esistenza; stipendi da fame; eliminazione di qualunque tipo di welfare gratuito; reddito di cittadinanza che non consentirà neppure di riprodursi; diffusione dell’omosessualità e della sessualità parafiliaca e non riproduttiva; eutanasia, in particolare per eliminare un bel po’ di anziani indigenti; conflitto di classe sostituito dal conflitto identitario per scatenare una guerra tra poveri perpetua; controllo dell’uomo esteso fino al sostrato biologico – con il pretesto della salute o della sicurezza, perché l’instaurazione di una dittatura di tal fatta abbisogna di uno stato di emergenza permanente.

La Russia di Putin è accusata di avere interferito pesantemente nelle elezioni presidenziali USA, ovviamente in favore di Trump. Sono accuse fondate o pretestuose?

Dopo mesi e mesi non è stata ancora trovato uno straccio di prova e un’inchiesta del Congresso americano, appena conclusa, ha stabilito che non c’è stata alcuna ingerenza russa nelle elezioni del 2016.

Le accuse pretestuose sono un classico della propaganda: vediamo un altro caso eclatante con la storia dell’ avvelenamento in Gran Bretagna da gas nervino della spia Sergei Skripal, di cui sono accusati i russi.

Già il semplice porsi la banale domanda: a chi giova? sbugiarda la notizia: perché mai Putin dovrebbe ordire un attentato del genere in prossimità delle elezioni in Russia e a qualche mese dai campionati mondiali di calcio, ospitati proprio nel suo Paese?

Si nota anche un’inversione di un principio cardine della giurisprudenza: la presunzione di innocenza. Si è innocenti fino a prova contraria, ma la propaganda, in un tipico esempio di ribaltamento, stabilisce il principio opposto: si è presunti colpevoli e si deve dimostrare la propria innocenza.

Tra l’altro, le accuse muovono sempre in assenza di prove. È un ritorno indietro di secoli: siamo alla caccia alle streghe, ma se ci pensiamo, in America fu così anche durante il maccartismo, un’altra caccia alle streghe contro il malefico influsso russo…

La propaganda, quando la tensione geopolitica sale, accentua i suoi caratteri di ipersemplificazione, di polarizzazione e di irrazionalismo: sono i buoni contro i cattivi, come in un film americano (nel caso succitato – ha fatto notare Paul Craig Roberts – l’intera sceneggiatura, compreso l’uso del gas nervino, è copiata dalla serie televisiva angloamericana Strike back…).

E, nei film americani, coi cattivi non ci si accorda: ai cattivi si spara. Non si fece così anche con gli indiani d’America? Ho paura che non sia così facile fare la stessa cosa con i russi…

Appunto in relazione al Russiagate si moltiplicano le azioni legali e le pressioni su varie personalità dell’entourage presidenziale. C’è una probabilità che queste azioni mettano il presidente in seria difficoltà?

Negli Stati Uniti è in corso uno scontro tra gruppi di potere. Tuttavia, per scrivere qualcosa di davvero sensato, bisognerebbe avere notizie di prima mano, o addirittura essere dentro alle “segrete cose”.

Quello che, dall’esterno, si può capire è che il cosiddetto deep state e la vecchia amministrazione non si aspettavano l’elezione di Trump ed erano convinti della continuità del potere attraverso Hillary Clinton.

Si è anche notato come i vassalli dei protettorati europei siano tutti rimasti fedeli alla vecchia amministrazione, pensando ad una rapida defenestrazione di Trump.

Nella convinzione della continuità del potere e della conseguente impunità, la vecchia amministrazione si è comportata con una certa leggerezza, non preoccupandosi troppo di coprire alcune – uso un termine improprio – “mancanze”, offrendo, così, a Trump e a chi lo sostiene, l’appiglio per difendere la propria posizione e dare il via ad una schermaglia di ricatti incrociati.

Queste schermaglie utilizzano anche operazioni di manipolazione dell’opinione pubblica, attraverso il circuito mediatico principale (nelle mani del deep state), e i social media, in cui si è distinto Trump, sia dando vita ad un inedito colloquio diretto con la base (via Twitter), sia dando vita a gruppi di opinione e pressione su internet (come QAnon, o Release the memo), che, costantemente, minacciano presunte rivelazioni in grado di annientare la vecchia nomenklatura e i gruppi di potere sottostanti.

Al momento, però, sembrerebbe che la politica del presidente si stia piegando alle pressioni dei neocons.

Vedremo se le prossime evoluzioni chiariranno la situazione e se la guerra interna tra élites proseguirà.

I media occidentali ci parlano spesso di movimenti di opposizione a Putin e alla sua politica. Qual è la loro consistenza e quale possibilità hanno di assumere un ruolo di rilievo nelle prossime elezioni?

Nei media occidentali, sempre per ragioni di propaganda e di wishful thinking c’è una sovrastima della consistenza e dell’influenza di tali movimenti di opposizione. Attualmente, non paiono in grado di insinuare né il potere, né la popolarità di Putin, e la russofobia dilagante in occidente e l’aggressività verso la Russia non fanno che rafforzare la posizione del presidente e compattare il Paese attorno a lui, che -ricordiamo- ha risollevato la Russia dal baratro degli anni novanta e le sta restituendo, giorno dopo giorno, il ruolo di superpotenza. Questo i russi lo sanno e lo hanno confermato i risultati delle urne, un vero e proprio plebiscito per Vladimir Putin.

L’ultima domanda è obbligata. Come valuta l’elezione del 4 marzo in Italia e (richiesta di una previsione) a quale governo porterà?

In un Paese occupato, con 59 basi militari ufficiali, dalla superpotenza (gli Stati Uniti) che ha creato l’Unione Europea a suo uso e consumo, non sono possibili libere elezioni, per cui proseguirà l’agenda mondialistica che ultimerà la distruzione dell’Italia. Non mi pare che – al di là delle parole – esistano reali forze di opposizione a questo progetto.

Il Movimento 5 stelle è nato per intercettare il malcontento e sterilizzarlo. In realtà, il suo programma coincide con l’agenda mondialistica.

La Lega, portatrice, in teoria, di alcune istanze sovranistiche, al momento di proporsi come forza di governo, ha eliminato dal programma l’uscita dall’euro, che pure aveva strombazzato ai quattro venti, e Salvini ha dichiarato che la NATO non si mette in discussione.

I punti focali del programma leghista – sicurezza, frontiere, abbassamento delle tasse – sono gli stessi portati avanti da Donald Trump. Anche lo slogan: “Prima gli italiani” suona come uno scimmiottamento di “America first”. Questo per mostrare il livello di sudditanza anche culturale – non soltanto politica – cui si è giunti.

E’ necessario chiarire che L’Unione europea non è un progetto emendabile: il suo obiettivo è distruggere gli Stati nazionali e annullare ogni forma di potere democratico; un’agenda che, a partire dalla pubblicazione del documento della Commissione Trilaterale , Crisi della democrazia, datato 1975, è stata perseguita inesorabilmente.

Di conseguenza, chiunque non proponga un’uscita dall’Unione Europea, senza se e senza ma, è complice di questo progetto.

Nello specifico, il nuovo sistema elettorale è concepito per portare ad alleanze, che di fatto e come al solito, tradiscono le promesse elettorali e il mandato degli elettori.

Si sta lavorando per i soliti inciuci, tipici della politica italiana.

Il progetto iniziale della “regia” era quello di un’alleanza Renzi-Berlusconi, reso impossibile dal calo di consensi dell’uno e dell’altro.

Sicuramente, si farà di tutto per non votare di nuovo e – seppure già annacquato- per limitare ulteriormente Salvini e le istanze sovranistiche di cui è portatore.

Qualora non si arrivi ad un governo che soddisfi i poteri forti e i politici- camerieri al loro servizio (che un guiderdone devono pure averlo, dal momento che ci mettono la faccia), è sempre pronta l’eventualità di un governo “tecnico” (altro termine della neolingua). I pretesti non mancano: si può invocare il debito pubblico e agitare ad arte lo spauracchio dello spread, oppure la crisi delle banche italiane, che si vuole consegnare completamente in mani straniere.

E allora? Non resta che pregare tutti insieme? No, qui in Italia ognuno per proprio conto: nel nome del Padre, del Figlio, del cognato e dello zio…

Fonte: Ticinolive

Link: http://www.ticinolive.ch/2018/03/19/limpero-americano-barca-acqua-tutte-le-parti-intervista-francesco-mazzuoli/