RIFLESSIONI SUL RISULTATO DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE (di R. Di Giuseppe)

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Pubblichiamo questo articolo di Roberto Di Giuseppe, membro del nostro gruppo, che ha votato sì al Referendum del 4 dicembre. Personalmente non condivido la scelta. Io mi sono astenuto e come me Mauro Tozzato. Gianfranco La Grassa ha votato no. Non ho voluto partecipare alla guerra dei balordi e degli ignoranti che se le davano di santa ragione per motivi di infimo grado, come le loro cadreghe. Da una parte i riformatori del piffero, dall’altra i conservatori delle rovine. Renzi non ricercava nessun accentramento del potere ma una legittimazione elettorale per servire meglio i suoi padroni esteri e consegnare definitivamente il Paese ai pescecani. Voleva le mani libere per svolgere al meglio i suoi compiti di subordinazione. Se il Premier avesse proposto l’abolizione di entrambe le Camere, dichiarando la loro inutilità, essendo queste un bivacco di coglioni decerebrati, lo avrei volentieri appoggiato. Chiunque metterà fine a questa pantomima democratica sarà il benvenuto. Ma il Presidente del Consiglio aveva in mente tutt’altro. Qui è tutto marcio e bisogna fare autentica pulizia con i mezzi più sbrigativi ed atroci. Girare intorno alle questioni, anche solo con le mezze misure, è un tradimento. Occorre ripristinare la sovranità nazionale. Tutto il resto è fuffa di giocolieri che vogliono incantare il popolo e svendere lo Stato.

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Non vedo il risultato il referendum come uno specifico plebiscito contro Renzi ed il suo operato governativo. Nella fase attuale di decomposizione del quadro politico – sociale italiano, qualsiasi governo e qualsiasi governante, avrebbero molto probabilmente catalizzato le stesse, massicce, dosi di dissenso.

Credo semmai che Renzi sia stato punito per la sua scelta di radicalizzare gli esiti della vittoria del si o del no. La promessa, in effetti mantenuta, di dimettersi in caso di sconfitta, lasciava chiaramente intravedere un regolamento di conti ed una stretta autoritaria se avesse vinto.

È su questa radicalizzazione che si sono coalizzati in senso oppositivo, gli interessi di forze eterogenee e distanti tra loro. Ed è sulla paura di un effettivo cambiamento che si è determinato il posizionamento della maggioranza del corpo elettorale italiano. Non bisogna dimenticare che questo è il paese in cui tutti vogliono cambiare purché il cambiamento cominci da qualcun altro.

In questo caso, ciò che la riforma costituzionale suggeriva, era un cambiamento in cui non erano ben chiare le conseguenze per ciascuno.

Ciò che si sapeva, proprio per l’impegno dimissionario del premier, era solo che la vittoria del si avrebbe dato inizio ad un processo di radicalizzazione delle scelte politiche governative. Da qui l’affermazione massiva dei no.

Ritengo che il merito di questi referendari aveva inciso pochissimo sul risultato finale. La vera posta in gioco era la possibile affermazione di un governo legittimato a compiere scelte autoritarie. Questo era il timore e questo timore alla fine ha prevalso.

Sia chiaro che la prospettiva non era certo, purtroppo, quella di un Erdogan al potere. Ma anche solo la possibilità del piccolo Matteo Renzi è bastata mobilitare paure incontrollate.

Per quanto mi riguarda ho scelto convintamente di votare sì proprio perché auspicavo ed auspico un forte e netto (ri)accentramento del potere politico in Italia, che passi anche per la sanzione di quello che, a mio modo di vedere, fu un brillante ed abile compromesso politico dell’immediato dopoguerra italiano e che va sotto il nome di Carta Costituzionale, Ma che è ormai da tempo divenuto strumento vetusto ed anchilosato, ricettacolo peraltro di alcune tra le più laide e perniciose infezioni corporative, a cominciare da quella accademia della crusca legislativa che è la Corte Costituzionale, popolata di brontosauri super – garantiti.

Vedo nel prossimo futuro un rapido avanzamento del mondo multipolare e l’accentuarsi della competizione tra Stati. L’Italia nel permanere delle sue condizioni corporative e multi- regionalistiche è destinata ineluttabilmente alla sorte del vaso di coccio tra vasi di ferro.

Non ho mai visto in Matteo Renzi il campione di un’effettiva affermazione della sovranità nazionale, tutt’altro. Tuttavia l’ho inquadrato come portatore, sia pure involontario, di un processo di accentramento che allo stato delle cose mi pare, per quanto pericoloso, comunque necessario.

La vittoria dei no a maggior ragione se così schiacciante, mi appare come la riottosità del corpo sociale italiano ad affrontare qualunque tipo di cambiamento sostanziale, preferendo come da storia, indole e tradizione, un lento declino, o peggio ancora, il finto cambiamento delle dita puntate contro “gli Altri” al grido di “onestà onestà”.

Cosa accadrà nel prossimo periodo? Molto semplicemente si aprirà l’ennesima partita, tutta tattica, sul voto; sul quando e sul come, che lascerà ovviamente sullo sfondo il tema dell’indipendenza della sovranità nazionale e sui percorsi necessari a conseguirla e rafforzarla.

Non è improbabile che a Renzi segua il Grillo Parlante, quello che voleva che il Papa pagasse al Comune di Roma gli arretrati dell’affitto dei Musei Vaticani. Potrebbe uscirne qualcosa di veramente comico. Magari stavolta potrebbe chiedere gli arretrati per l’occupazione di Suolo Pubblico di Piazza San Pietro. Hai visto mai che Bergoglio ci