Chiariamo alcune “questioncelle” di GLG

gianfranco

CHIARIAMO ALCUNE QUESTIONCELLE, di GLG

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Non sono in verimolto interessato alle considerazioni in tema di banche, operazioni di borsa o comunque speculative. L’articolo che riporto mi sembra informato e ben argomentato, ma ammetto di averlo letto senza una spasmodica attenzione. Mi hanno colpito alcune cose. Si insiste nel dire (non tutti per la verità l’hanno detto, ma si era sostenuto questo all’epoca) che la crisi iniziata da ormai un decennio ricorda quella del 1929. Sinceramente non mi sembra si sia verificato nulla di così disastroso; almeno a leggere i racconti (tanti in verità) di quell’evento che ha determinato anche profonde revisioni della teoria economica (oggi bellamente ignorate) e certamente della politica economica (anche queste ormai lettera morta). Mi sorprende che nessuno sembra più ricordare la “grande depressione” del 1873-95/96, da me invece citata ormai decine e decine di volte. Una lunga crisi con alterni momenti di alleviamento e di appesantimento che si sono susseguiti per un quarto di secolo e che, una volta superata non proprio in modo travolgente e senza vari strascichi, fu infine seguita da una crisi di Borsa non tanto inferiore a quella del ’29 e che partì sempre da Wall Street. Era il 1907 e quella “scossa” fu seguita da un periodo non esaltante che si concluse con il ben più drammatico “sommovimento” rappresentato dalla prima guerra mondiale. Dopo vi furono altri problemi (gravi soprattutto nella sconfitta Germania; ma anche in Italia ce ne furono, se non erro). Negli Usa ci fu ad un certo punto un vero nuovo boom che precipitò improvvisamente nel ’29. E anche la nuova crisi, un po’ risollevata dal forte intervento statale (quanto meno negli Usa e in Germania, ma anche l’Italia dell’autarchia e dell’IRI mi sembra in quella linea), si trascinò in fondo fino all’altro violento scossone della seconda guerra mondiale.

In definitiva, potremmo ben concludere che dagli anni ’70 del XIX secolo e per tutta la prima metà del XX ci furono profondi sconvolgimenti; e non tutti economici come appena considerato (anzi!). Ho insistito più volte nel dire che il periodo considerato è precisamente quello del declino dell’Inghilterra (la cui supremazia durò per buona parte dell’800, in particolare dopo il “Congresso di Vienna del 1815) e della crescita via via irresistibile del multipolarismo con poi l’accentuazione del vero policentrismo acuto risoltosi in violenti scontri bellici. Non parliamo allora delle difficoltà manifestatesi a partire dal 2007-8 come di una crisi tipo ’29 (non mi sembra proprio ci sia statofinora nulla del genere). Nello stesso tempo, miopi sono stati quelli che fino a poco tempo fa (alcuni ancora) parlavano di crisi ormai superata. In realtà, l’articolo messo all’inizio mostra, saggiamente a mio avviso, che siamo sempre in “mare mosso”. Tuttavia, questo non dipende da “mostruosi” andamenti finanziari, certo esistenti ma in fondo inevitabili in una situazione di crescente incertezza provocata dalla rottura di ogni equilibrio (quello preteso dagli economisti liberisti esaltati dalla globalizzazione del mercato) in seguito al manifestarsi del multipolarismo nei primi anni del nuovo secolo, dopo circa un decennio di forte predominanza statunitense seguita al crollo del sistema bipolare.

Tale processo è andato via via accentuandosi e ne sono nati non solo i problemi finanziari, ed economici in genere, ma anche la contrapposizione abbastanza acuta apertasi nell’“occidente” (più sviluppato) all’interno di determinati settori politici preminenti per moltissimi decenni e che sono stati pervasi dalla credenza nelle superlative virtù della “democrazia all’americana”, credenza dura a morire e strenuamente difesa da ceti politici e intellettuali (gli ormai sfatti “semicolti”) non ancora smascherati dai sedicenti “populisti”. Tale falsa democrazia è sempre stata caratterizzata daun’alternanza di partiti e movimenti poco differenti tra loro, cui si adeguarono anche i comunisti(specie italiani e francesi, gli unici dotati di una qualche forza nell’Europa occidentale) dopo un periodo di maggiore contrapposizione all’establishment dominante (favorita pure dalla presenza del sistema detto “socialista”, attraversato da contrasti e infine autoliquidatosi).

Oggi, invece, proprio il multipolarismo crescente – fase del tutto differente da quella bipolareaffermatasi dopo il 1945, quando si concluse la precedente epoca multipolare e policentrica durata parecchi decenni e punteggiata da due scontri bellici di grande portata sta determinando sia negli Stati Uniti che in Europa una contrapposizione più acuta tra schieramenti che pensano, in modo piuttosto incerto e confuso, a nuove strategie per affrontare l’attuale disordine mondiale. In definitiva dunque, l’attuale crisi perdurerà, strisciante e tormentosa, anche nei prossimi anni;dobbiamo seguirla attentamente ed essere pronti al possibile ripetersi degli eventi precipitati con la crisi del 1907 e i drammatici decenni successivi. Eventi sempre possibili anche nei tempi odierni, ma non ancora vicini. La lotta per una nuova supremazia tra più potenze è già iniziata; i tempi della storia non sono però quelli dell’elettronica o dei robot.

Un’ultima considerazione sulla “simpatica” analogia con cui finisce l’articolo sopra riportato fra questa possibile più grave crisi finanziaria e la bomba atomica (il suo materiale fissile), che una politica troppo miope potrebbe rivelarsi incapace di disinnescare. Proprio se si fa un simile paragone, se ne deve trarre la logica conclusione che quello finanziario non è l’aspetto decisivodelle crisi più acute. La bomba atomica – sganciata su due città giapponesi quando non ve n’era affatto bisogno per concludere la guerra ormai pienamente vinta – non poteva essere disinnescatadalla politica poiché si stava già aprendo il confronto tra i due principali vincenti nella guerra; quel confronto che fu poi definito “guerra fredda”. La bomba serviva precisamente ad avvertire l’Urss, ancora priva dellatomica (l’ebbe solo nel 1949), che non si sognasse di prendersi tutta la Germania com’era in grado di fare se non avesse preferito appunto non accentuare il suo ormai evidente contrasto con l’“occidente capitalistico”. La politica di quest’ultimo (cioè degli Usa che ne erano i controllori) innescò e fece esplodere la bomba proprio per ottenere un successo in tema di sfere d’influenza da mantenere in opposizione ai sovietici. Quindi, la politica comanda le armi così come comanda la finanza; e ogni altro aspetto della società umana fin dai suoi primordi. Anche la religione, che è il più rilevante fattore culturale e ideologico di lunghissima durata, si adatta spesso, malgrado diverse apparenze, ai conflitti tra i vari gruppi dominanti per l’affermazione di una supremazia (anche di quella predicata con “tanto amore e umanità”).

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Mi dispiace per Trump, ma l’Isis è stata sconfitta in Siria soprattutto per merito della Russia. Indubbiamente si può ammettere che quelli da me definiti Usa n. 2 non siano i responsabili della politica attuata invece dalla coppia Obama-Hillary Clinton, che liquidò l’ormai sfruttata Al Qaeda (assassinando il suo capo figurativo, Bin Laden) e alimentò il “Califfato” tramite Arabia Saudita e Qatar. Al Qaeda oggi esiste abbastanza marginalmente e l’Isis si rafforza forse verso ovest, ma in Siria e tutto sommato anche in Irak è ormai battuta nettamente. Mi sembra che Putin, nella sua “lunga chiacchierata”, abbia fatto qualche concessione tattica a Trump, ma abbia anche ricordato che gli Usa dovevano ritirarsi pure dall’Afghanistan e per il momento sono sempre lì, anche se ormai con chiaro insuccesso. In ogni caso, l’eventuale abbandono totale della Siria avverrebbe per l’ammissione (ovviamente nient’affatto esplicita) non certo della vittoria sull’Isis, bensì del sostanziale fallimento dell’ “operazione” tesa al rovesciamento di Assad e al controllo statunitense di quell’area.

Adesso la partita sembra spostarsi in Libia (e aree limitrofe), dove molti sono i paesi “occidentali” in gioco; e pure i russi stanno cercando spazi di manovra, ad es. con Aftar. Tuttavia, tenendo conto del continuo zigzagare di Trump, non diamo ancora per conclusa sicuramente la vicenda siriana. Oltre a tutto, c’è ancora il problema dei curdi e delle zone da essi occupate e che sono guardate con ingordigia soprattutto dalla Turchia. In ogni caso, ribadiamo che l’Isis non è stata sconfitta dagli Stati Uniti; semmai essi se ne sono ampiamente serviti per una serie di compiti sporchi da portare a termine. Poi però lo si è combattuto come “il Male; proprio perché quelli che si pongono come rappresentanti del Bene devono avere il Male da perseguire e quindi lo creano a bella posta per ingannare i popoli creduloni.

E questo apre il discorso a che cos’è la politica e perché è essa a sempre guidare tutte le fondamentali mosse dei diversi contendenti. Questo sarà sempre il contenzioso aperto con tutti i sostenitori della prevalenza dell’economia (e della finanza in specie); mentre altri si gettano sulla rilevanza preminente di fattori ideologico-culturali. Si tratta di uno scontro che non cesserà mai;perché i gruppi dominanti in ogni data epoca storica si sforzano di impedire alle forze contrapposte,in nascita per scalzarli, di afferrare dove sta l’“essenza” del problema. Tutto questo però solo ritarda la fine di questi dominanti ormai putridi, che non hanno più futuro; anche perché, utilizzando ceti intellettuali privi di intelletto per diffondere “la Menzogna”, alla fine ingannano loro stessi e non sanno più come ben agire.